
Se si comprende la progressione SHU-HA-RI, ciascuno ha il proprio posto nella progressione e nella conservazione di un’Arte. Oggi, invece, non esiste un ente amministrativo che supporti la formazione sulla base di questo principio. Attualmente, dietro la copertura dell’apertura mentale, le entità amministrative non si rendono conto dei limiti che divulgano e della relativa perdita nel campo tecnico, storico e filosofico dell’Aikido
di MATTHIEU JEANDEL

Introduzione
Molto spesso, quando scrivo un articolo o un post riguardante l’aspetto tecnico dell’Aikido su Internet, spesso gli interlocutori mi ribattono che sono carente di apertura mentale… All’inizio attribuivo quanto sopra a un malinteso tra quello che cercavo di dire e le concezioni della persona che mi rispondeva. Quando scriviamo, dobbiamo tenere a mente che:
- Esiste quello che voglio scrivere;
- C’è poi quello che scrivo davvero;
- C’è ciò che i lettori capiranno da ciò che ho scritto.
Tutto ciò lascia abbastanza spazio per incomprensioni. Questo è il motivo per cui cerco sempre di seguire i miei articoli e postare risposte a ciascuna delle persone che si prende il tempo di commentare, per essere sicuro e certo che ognuno capisca ciò che l’altro desidera esprimere.
Spesse volte le discussioni permettono di chiarire molti argomenti di incomprensione in una direzione o nell’altra, ma a volte non ne viene fuori nulla più di questa frase, affilata come la lama di una katana, che cala a tagliare e porre fine a ogni discussione:
“Le tue parole dimostrano la tua chiusura mentale”.

Allora mi sono interrogato e ho iniziato a ricercare. Mi piace capire la tecnica, ma mi piace anche capire le persone e perché nascono certi modi di agire e di reagire. Cominciamo dallo spiegare cosa è implicito quando vengo accusato di essere “di mentalità chiusa” e quindi, per estensione, vediamo cosa sia l’apertura mentale.
- Essere chiusi mentalmente significa spiegare che una tecnica viene eseguita attraverso punti tecnici, che questi punti tecnici sono applicabili solo in un determinato contesto applicativo, che questo contesto applicativo sarà flessibile a seconda del rapporto tra Uke e Tori e che è importante preservare la conoscenza tecnica per la conservazione dell’Aikido.
- Essere chiusi mentalmente significa anche difendere la conoscenza basata sull’apprendimento e la trasmissione da un insegnante a uno studente; è l’interrogarsi sulla concezione di progressione e progressività degli strumenti…
- Essere chiusi è chiedere a un insegnante da dove trae la sua pratica e come la usa per aiutare i suoi studenti a progredire…
Potrei fornire diversi altri esempi di ciò che è considerato avere una mentalità chiusa, ma i pochi precedenti esempi aiutano a tracciare le linee di ciò che costituisce essere “di mentalità aperta”. Al contrario, l’essere di mentalità aperta, la strada maestra per ottenere l’approvazione di tutti passa attraverso i seguenti punti:
- Dire che va tutto bene e che ognuno può fare a modo suo.
- Non mettere in dubbio le intenzioni nel dimostrare o eseguire un movimento, un kata…
- Aprire la propria pratica ad altre discipline; e più queste sono lontane dall’Aikido, maggiore sarà l’apertura.
- …
Smettiamola qui con le liste dei pro o contro e torniamo a quanto mi sta a cuore, ossia la ricerca, e cerchiamo di capire. Per capire meglio tutto ciò, sono tornato indietro nel tempo, e se il mio primo articolo sollevava domande sul futuro dell’Aikido, in questo caso vorrei fare il punto sul passato e sul presente.

Il Metodo tradizionale – il Metodo della scuola
Prima di avere gruppi internazionali per lo sviluppo di ogni disciplina, la trasmissione delle arti marziali avveniva in scuole che funzionavano più o meno tutte allo stesso modo.
Esiste un Soke o capo della scuola, che è responsabile per il nome della scuola e la trasmissione del contenuto – spesso per filiazione del nome, a volte per filiazione della trasmissione. Se i familiari del Soke non erano i più adatti per la trasmissione tecnica degli insegnamenti, allora veniva riconosciuto dal Soke un capo istruttore che poi portava avanti personalmente il nome della scuola. Questo è il caso, ad esempio, della scuola Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu, ove il Soke porta il nome del Fondatore della scuola, ma non è colui che assicura la trasmissione della tecnica.
L’ingresso nell’insegnamento era più o meno selettivo a seconda della scuola, ma una costante rimane vera: il numero di praticanti che si univano ai ranghi era basso.
In effetti, concedere la delega all’insegnamento a una persona riduce notevolmente il numero di alunni in grado di ricevere istruzione. Alcuni studenti avanzati potevano ricevere certificati di insegnamento Menkyo/Kyoju Dairi, ma questo rimaneva sotto l’autorità del capo istruttore. Solo quando l’allievo riceveva il Menkyo Kaiden poteva insegnare liberamente e aggiungere la propria “sensibilità” alle lezioni, pur essendo ufficialmente riconosciuto come una filiazione della scuola madre.
Prima di ricevere una di queste autorizzazioni all’insegnamento, lo studente non era autorizzato a mostrare ciò che stava imparando e molto spesso non poteva cercar di imparare altre cose in altri dojo.
Ci sono due ragioni principali per quanto sopra:
- l’allievo non istruito rischiava di far vedere cose che non erano ciò che la scuola voleva trasmettere, perché il suo attuale livello non gli permetteva di capire;
- l’allievo doveva concentrare il suo apprendimento sull’imparare le tecniche e le arti della scuola e non sull’apprendimento di cose che avrebbero potuto rallentare o addirittura contraddire l’insegnamento ricevuto.
Questo è un fatto su cui tornerò più avanti, ma si tenga presente che la trasmissione era notevolmente ridotta o soggetta a determinate condizioni (supervisione o diploma).

Il Metodo della federazione
Il Metodo della scuola si contrappone a quello della federazione. Non stiamo attribuendo a questo termine un carattere legale, ma semplicemente la nozione di raggruppamento, unione fattuale, in questo caso di dojo o di gruppi di dojo.
Il metodo della federazione ha una capacità di trasmissione molto più ampia e interessa un numero assai maggiore di studenti. Essendo il numero degli allievi maggiore, è stato necessario riorganizzarsi con il raggrupparsi e il creare una “logistica” che consenta di raggiungere più allievi.
Questo sviluppo dà visibilità all’Arte, alla disciplina, ma per essere realizzato deve sacrificare alcuni aspetti del Cammino tradizionale. Con l’espansione e lo sviluppo, i certificati di grado tradizionali si sono trasformati nel sistema Kyu e Dan, ampiamente diffuso da Jigoro Kano e dal Judo. Torneremo su questo più avanti, ma intanto notiamo che per quanto riguarda i gradi Dan, la maggior parte delle scuole o gruppi propone un esame tecnico fino al 4° Dan. I certificati di insegnamento sono stati completamente eliminati dall’Arte e sostituiti dalle istituzioni federali per consentire a ciascun insegnante di dojo di avere un sostegno didattico.

Una delle rotture più importanti è la seguente: nel metodo tradizionale, l’allievo prima riceveva l’autorizzazione e poi andava ad insegnare con o senza la supervisione del Soke. Nel metodo federale lo studente insegna, ossia trova un dojo o insegna e diventa un insegnante, e molto spesso rompe con il suo insegnante perché:
- Lo studente inizia ad insegnare per rispondere alla mancanza di insegnante;
- Lo studente inizia ad insegnare per poter rompere con alcuni aspetti dell’insegnamento ricevuto;
- Lo studente inizia ad insegnare perché la sua collocazione geografica è cambiata e non è più in contatto con il suo insegnante.
L’allievo che diventa insegnante riceve poi, se lo desidera, un sostegno dalla federazione per “imparare a insegnare”. Lo metto tra virgolette, perché in questo caso la pedagogia dell’insegnamento è legata principalmente alla legislazione di ciascun paese. In Francia, ad esempio, ciò significherà il poter convalidare un diploma riconosciuto dall’organismo professionale per ottenere una tessera professionale. Per quanto riguarda l’aver frequentato come educatore a numerose materie in quanto parte di diplomi come Brevet Pro, DEUG o Licenza: una parte di conoscenza teorica generale è molto importante e molto spesso lo studente viene qualificato come insegnante, ma quanto sopra non necessariamente insegna a insegnare l’Aikido con e grazie agli strumenti dell’Aikido.
Con questa moltiplicazione degli insegnanti e con questo raggruppamento federale, si viene a creare un’autorità tecnica basata non più su una sola persona ma su un comitato. Questo comitato inizialmente proviene più o meno dalla stessa fonte di apprendimento, ma poi, nel tempo, diventa il punto di incontro di insegnanti che hanno ricevuto il loro insegnamento da fonti diverse. In questo modo, l’insegnamento del comitato tecnico è passato gradualmente da una garanzia di omogeneità e trasmissione del sapere a una garanzia che ogni individualità verrà rispettata e che tutte le interpretazioni possono essere rappresentate.
A partire da questo, si è preso a raccomandare vivamente di aprirsi a diverse ispirazioni legate alla pratica in modo da avere una visione più ampia, e l’apertura è diventata poi una giustificazione per il concetto di “Comitato Tecnico”.
Rispettare e accogliere queste “differenze” è la prova e il seme che ha portato all’apertura mentale, perché non dimentichiamo che nel metodo tradizionale la medesima nozione di apertura mentale sarebbe stata considerata come una perdita e una diluizione della conoscenza della scuola.
Il Metodo intermedio
Abbiamo appena visto che a seconda del Metodo seguito, lo stesso comportamento potrebbe simboleggiare una mente aperta o una perdita di conoscenza.
Come diceva Aristotele: “La virtù è il giusto mezzo tra due vizi”. Come Aristotele, penso che il Metodo intermedio sia spesso quello giusto. Ma qual è? E se già avessimo le risposte, se riguardando nuovamente indietro avessimo già degli elementi?
Per proporre quello che mi sembra il Metodo intermedio, vorrei introdurre qui il concetto noto nelle arti marziali come Shu-Ha-Ri.

Si tratta di un concetto che definisce la progressione del praticante da un punto di vista non solo tecnico ma globale.
Il primo passo che ogni praticante attraverserà è la fase Shu. Shu assume il significato di preservare, mantenere, proteggere. Possiamo interpretarlo in molti modi. Da un punto di vista tecnico, ovviamente, questa è la fase della trasmissione metodica e dell’apprendimento delle forme che costituiscono il catalogo tecnico della scuola, dell’arte. La protezione qui passa attraverso il rispetto di tutti gli elementi tecnici, ma anche attraverso l’apprendimento esclusivo. In questo senso l’insegnante protegge anche l’allievo.
Nella sezione “Il Metodo tradizionale” abbiamo menzionato il divieto di andare a insegnare o imparare al di fuori della scuola fino a quando l’autorizzazione non fosse stata concessa dal Soke. Questo è ciò che caratterizza questa fase: l’insegnante protegge lo studente, perché conosce gli elementi necessari per il progresso dello studente. In questa fase non viene concessa libertà all’interpretazione personale, all’apertura ad aspirazioni diverse da quella del Capo Istrutore/Soke.
Questa fase richiede un sacrificio da parte dello studente, di avere fiducia e credere che ciò che viene trasmesso gli permetterà di progredire. Un tempo questa “obbedienza” veniva messa alla prova e la motivazione dell’appartenenza testata ancor prima che una persona potesse diventare o essere considerata uno studente. Poi, una volta che ciò fosse accaduto, poteva concretizzarsi in diversi modi tra cui quello del giuramento di sangue: il Keppan. Il Keppan era un giuramento (di sangue o poi di inchiostro) che dava delle regole da rispettare senza le quali la collera della divinità legata alla scuola (o semplicemente del Soke) sarebbe ricaduta sullo studente.
In uno dei suoi rami, la scuola Tenshin Shoden Katori Shinto Ryu ancora utilizza il Keppan come un giuramento di appartenenza e dice (dal libro di Ritsuke Otake Sensei):
“(…) Senza permesso, non racconterò o mostrerò a nessuno quello che mi è stato insegnato, nemmeno ai miei genitori, figli, fratelli o compagni di classe. (…) Se dovessi infrangere la mia parola, mi opporrò apertamente alla Grande Divinità di Katori e mi esporrò consapevolmente alla sua punizione (…)”.
Vediamo fino a quale punto il rapporto tra conoscenza e tecnica e trasmissione/dimostrazione viene “regolamentato”. Questa fase di tipo Shu è oggi stimata corrispondere nel sistema tradizionale Kyu/Dan al 4° Dan.
A questo punto, vorrei fare una digressione, perché posso già sentire i commenti sul fatto di non dover deviare da un insegnamento fino al 4° dan. Si ricordi che ho spiegato in “Il Metodo della federazione” che tutti i gruppi presentano un programma tecnico e concessioni di grado attraverso esami fino al 4° Dan: anche senza necessariamente ammetterlo o nemmeno saperlo questo è un modo di rivelare implicitamente questa fase Shu.
“Sì, ma fino al 4° Dan… Rimanere all’interno dell’insegnamento ricevuto…”
Questo è il secondo punto della mia digressione, pensiamo e riflettiamo sugli elementi della nostra vita quotidiana, ma rifacciamoci anche a un po’ di storia.
- Noboyushi Tamura: 8° Dan in 22 anni di pratica
- Kazuo Chiba: 4° dan in 4 anni di pratica
- Tadashi Abe: 6° Dan in 10 anni di pratica
- Koichi Tohei: 8° Dan in 13 anni di pratica
- Aritoshi Murashige: 7° Dan in 8 anni di pratica
- Kanshu Sunadomari: 6° Dan in 12 anni di pratica
- …
Gli esempi potrebbero moltiplicarsi ulteriormente e, come altra prova, se studiamo il tempo minimo richiesto per raggiungere il 4° Dan, secondo le modalità di presentazione delle domande d’esame in Aikikai, è possibile (teoricamente) diventare 4° Dan in 5 anni.

Questo ci permette di capire che quello che ai tempi del “Metodo della scuola” applicato all’Aikido era un grado “facile” da raggiungere, attualmente è considerato un grado avanzato perché oggi è diventato normale superare il 4° Dan dopo 10-12 o anche 15 anni di pratica o più.
Se il modo di vivere, le abitudini, i tempi e molti altri fattori permettono di comprendere questa evoluzione, è anche necessario rendersi conto che questo semplice cambiamento temporale ha una conseguenza notevole sulla comprensione della fase Shu, sul corrente rispetto del tempo di apprendimento e sulla progressione dei praticanti. Quello che nascava come insegnamento per apprendere e proteggere le basi tecniche per 4-5 anni, diventa un insegnamento vincolante dai 10 ai 15 anni o più.
Questo è il primo punto che ha portato al cambiamento, ossia che i praticanti, già incoraggiati all’apertura mentale del Metodo della Federazione, per la maggior parte non concepiscono di rimanere fedeli a un insegnamento e un insegnante per una durata dai 10 ai 15 anni. E questo, questo nuovo comportamento all’interno della fase Shu, la fase iniziale di apprendimento, causa un effetto domino e fa perdere l’essenza della fase successiva, la seconda fase di progressione, la fase Ha.
L’ideogramma Ha significa rompere, frantumare, strappare.
Troppo spesso questa idea di rottura è vista o spiegata come un’idea di ribellione, un passo in cui il praticante rompe con l’insegnamento che ha ricevuto. Se effettivamente rompe con l’insegnamento ricevuto, questo non è in modo negativo, non va compreso, come è possibile leggere, che lo studente va contro l’insegnamento ricevuto per sviluppare la propria pratica. Questa fase di progressione va intesa come segue, ossia che lo studente ha tutte le basi tecniche della sua scuola, della sua linea, e quindi può rompere, strappare allo scopo di:
- Comprendere i principi alla base dell’insegnamento ricevuto, c’è la scoperta della didattica Ura del catalogo tecnico considerato fino ad allora dal punto di vista Omote.
- Aprire la propria comprensione ad elementi non contenuti nell’insegnamento fino ad allora ricevuto.
Illustrerò ciascuno di questi punti in relazione all’insegnamento che ho ricevuto dal mio insegnante. Il mio apprendistato si è svolto secondo l’insegnamento di Morihiro Saito Sensei, del Kotai, di una formazione tecnica precisa e rigorosa e comprendente un gran numero di tecniche a mani nude, jo e ken. Per il mio esame di 4° dan, nel corso della prova ho dovuto presentare l’intero catalogo tecnico di “Iwama”.
Con la fine dell’apprendimento formale e il fatto di ricevere il mio 4° Dan ho così potuto entrare nella seconda fase della mia formazione.

Potrei quindi rompere le forme che ho ricevuto per scoprire i principi sottostanti, salire di un livello per concentrarmi non solo sulla forma tecnica, ma sul movimento, sul movimento continuo a due o tre, o ancor più forme tecniche collegate. Potrei quindi iniziare a dimenticare la tecnica fortemente ancorata nel mio corpo per far parlare il mio corpo attraverso il principio motore sottostante… Questa prima rottura avviene sulla base dell’insegnamento ricevuto.
La seconda rottura si realizza parallelamente sulla base dell’insegnamento non ricevuto: vale a dire, cercare, integrare con ciò che manca. Con questo intendo dire che nessun insegnante può avere una conoscenza totale, ma ognuno è il custode di una parte importante di essa. Nessuno può semplicemente accontentarsi di ciò che ha appreso o di ciò che gli è stato trasmesso, se desidera avvicinarsi alla totalità dell’Arte. Questa rottura è quindi da intendersi non come un segno di ribellione ma come un segno di complementarità.
Riempire quello che manca, non è anche questo uno dei principi dell’Aikido?
Tutti gli Aikidoka sanno che:
1 + 9 = 10
2 + 8 = 10
3 + 7 = 10
4 + 6 = 10
5 + 5 = 10
Anche se questo principio va compreso sulla scala della manifestazione tecnica, deve anche essere compreso sulla scala della sua pratica generale.

Ma – e questo non è un “ma” di poco conto – a questo livello di pratica, per poter colmare ciò che manca, esiste una condizione assolutamente essenziale, ed è qui che spesso le cose si complicano:
Per sapere cosa manca alla propria pratica, c’è bisogno di sapere cosa si sa ed essere consapevoli e certi di quello che si è imparato da questa.
Ed è qui che diventa importante per ogni insegnante essere in grado di spiegare chiaramente cosa sta offrendo a quegli studenti che si trovano nella fase Shu. Ogni insegnante deve essere consapevole e capace di verbalizzare, spiegare e dimostrare la progressione proposta per consentire una sincera visibilità di essa sulla pratica dell’allievo, su ciò che può imparare e su ciò che non imparerà. Non dimentichiamo poi quanto affermato in precedenza: molti insegnanti si sono dati il diritto di insegnare da soli… e spesso senza nemmeno aver completato il proprio apprendistato.
Per tornare alla mia pratica personale, l’insegnamento trasmesso da Morihiro Saito Sensei è sicuramente uno dei più precisi e acuti dal punto di vista tecnico, ma con questa precisione porta ai difetti relativi. Può non diventare più una struttura di studio, ma trasformarsi in una camicia di forza e bloccare il praticante in un’illusione di forza e potenza, fisicamente e mentalmente, e impedire di vedere una pratica possibile oltre questa fase.
Diventa quindi importante integrare questa pratica con ciò che potrebbe mancare. Morihiro Saito Sensei, ad esempio, mandò suo figlio a studiare Aikido con Koichi Tohei per avere accesso a una pratica più basata sul Ki, sull’energia si potrebbe dire, un fatto interessante da tenere a mente.
Potrei anche evocare le ricerche sull’aspetto spirituale dell’Aikido, potrei parlare di tutti quegli aspetti che potrebbero mancare in questo insegnamento. Tutti questi sarebbero elementi che a questo punto della vita del praticante completeranno la fase Shu.
Per illustrare ancora meglio queste due fasi, potrei utilizzare l’esempio di un apprendista che apprende il suo lavoro dal suo Maestro/scuola, scolpisce il legno, lavora il ferro… Questo apprendistato con il suo Maestro è la fase Shu, poi arriva il momento per l’apprendista di fare il suo Tour de France e incontrare altri Maestri per perfezionare il suo lavoro e scoprire altri metodi che completeranno la sua conoscenza. Il Tour de France des Compagnons corrisponde alla fase Ha.
Guardando più da vicino, possiamo vedere che questa fase, questo Tour de France dura in media dai 4 ai 6 anni. Gli anziani dicevano che la Fase Shu e la Fase Ri avevano all’incirca la stessa durata. Interessante, no?
Quando guardiamo a cosa porta la realizzazione di un Tour de France, una seconda cosa interessante è considerare quali risultati porta allo studente:
- Approfondisce la propria professione fino a padroneggiarla nei minimi dettagli;
- Integra gesti, tecniche avanzate e conoscenze ancestrali;
- Amplia le proprie conoscenze teoriche;
- Mette in pratica lo spirito di solidarietà;
- Insegna a trasmettere le proprie conoscenze.
Per completare il proprio viaggio, Tour de France, fase Ha, l’allievo dovrà produrre il suo Capolavoro, un’opera frutto delle lezioni ricevute, che riflette le sue qualità tecniche e morali. Può quindi essere ricevuto come Compagno, può quindi entrare nell’ultima fase, la fase Ri.
Ri ha il significato di partire, andarsene. Vuol dire lasciare il mondo dell’apprendimento per entrare in quello dell’applicazione, passare dall’imparare al fare, al fare e sua volta a trasmettere.
L’ultima fase è quella che arriva oltre il Menkyo Kaiden. La conoscenza è stata ricevuta, ha plasmato il corpo e la mente del praticante e ora spetta a lui utilizzare tutto questo per continuare il proprio percorso e poi accompagnare a loro volta gli studenti nel percorso di apprendimento. Diventerà pertanto una delle parti del percorso di apprendimento:
- Un insegnante di primo livello che darà le basi che ritiene necessarie prima di far fare al proprio allievo il “suo Tour de France”
oppure
- Un insegnante di secondo livello che permetterà allo studente di studiare aspetti mancanti nel suo apprendimento iniziale e che riceverà durante il suo “Tour de France”.
Una cosa è certa, se si comprende la progressione Shu-Ha-Ri, ciascuno ha il proprio posto nella progressione e nella conservazione di un’Arte.
Oggi, tuttavia, non esiste un’entità amministrativa o supporto di formazione che si basa su questo principio. Attualmente, dietro la copertura dell’apertura mentale, le entità amministrative non si rendono conto dei limiti che divulgano e della relativa perdita nel campo tecnico, storico e filosofico dell’Aikido. Pertanto, cerchiamo di essere consapevoli (stavo per dire, di essere onesti con noi stessi): l’apertura mentale sostenuta e proposta nel Metodo della federazione, il più delle volte si ferma lì dove si ferma il clientelismo (e non l’apprendistato).
Ogni gruppo attualmente ha evidenziato una delle fasi di questa progressione. La politica “Iwama” per garantire il regolare svolgimento della fase Shu ma poca apertura alla fase successiva.
L’organizzazione Aikikai propone una fase Ha fin dall’inizio, tante possibilità diverse, ma per i praticanti di base spesso si poggia su poca struttura tecnica e una fase Shu inesistente o troppo superficiale.

Ciascuno porta in sé i vantaggi e i limiti della propria pratica. L’apertura mentale non significa accettare tutto, ma accettare le cose in un modo che consenta a tutti di avere il loro posto nella conservazione e nella progressione lungo la Via dell’Aikido. Questo perché le scuole, le federazioni sono solo sistemi che devono servire l’unica Via che ogni Aikidoka deve prendere, la Via dell’Aïki.
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