Al ritorno di un viaggio imprevisto in Giappone, non sto a dirne le ragioni: imprevisto e basta. L’illuminazione speciale di Tokyo midtown, mangiando in un meraviglioso ristorante di pesce, accolto da giapponesi urlanti alla napoletana; una festa dionisiaca che sulle prime ti disorienta, poi ti seduce e ti accoglie, lasciandoti pienamente appagato
di ANGELO ARMANO
Niente a che vedere, apparentemente, con Sengakuji, con la statua di Kodo Sawaki, il maestro di Deshimaru, e con quei 47 belli, e dannati -dalla cosiddetta legge, dal potere, non dal sentimento e dalla storia- lì sepolti, vicino al loro signore. Così ti ci rechi in giorno lavorativo, e vedi qualche impiegato in giacca e cravatta visitare le tombe, con atteggiamento compunto e i bastoncini di incenso accesi in mano. Non un’urna che ne sia priva, in un andirivieni calmo ma continuo: il fuoco arde e il fumo si leva, non lontano da quella fontana dove venne lavata dal sangue la testa mozza dell’infame, prima di presentarla sulla tomba di Asano Takumi.
Che dire di questo pellegrinaggio di residenti e stranieri?
“A egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti… e bella e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta.”
Poco più in là, in singolare coincidenza, dalla metropolitana vederne il cartellone che pubblicizza il film con Keanu Reeves, che uscirà in America il giorno di Natale, a ribadire il concetto. E’ proprio vero sono archetipi, universali fantastici della Scienza Nuova, indipendenti da latitudine, ethos, cultura. Non c’è qualcosa di assolutamente obbiettivo da accertare, ma un filo di ispirazione da riconoscere, per scoprire che può accomunarci, addirittura fino a farci identificare con l’Universo.

E’ la sfera del sentimento a venire toccata, e sulla sua scia, prima della partenza ricordare con un evento sul tatami a Roma, il 26 novembre u.s., un amico che ci ha preceduti nella dimensione spirituale. La sola capace di dare spessore a quello che chiamiamo “normale commercio delle cose umane”, e alla quale pur diciamo di lavorare. Perché caldo era il sentimento che contraddistingueva Francesco Verona, e caldo rimane il nostro per lui.
Poi torni dall’oriente e magari vai a curiosare sul blog dell’amico Simone, finendo per posare lo sguardo su qualcosa cui non avevi fatto caso.
Che ci fa Bottoni con la sua dotta dissertazione -personale- in tema di Ente morale ed Aikikai d’Italia, sul sito di qualcuno che da quell’ente se ne è andato, non mancando di esprimere rammarichi e delusione?
Da estraneo ai social networks di sicuro mi sarò perso qualcosa, qualche antefatto, facendo come mio solito la figura di “Alice nel paese delle meraviglie”.
Indulgo così, come il buon selvaggio di Russeau, in qualche notazione divertita, dove, se il divertito viene a mancare, anche la notazione in fondo non serve a granché.
E’ vero che mi sono fatto vecchio, forse a furia di sentire certe solfe… ma quando studiavo diritto all’università (dal ’71 a salire), mi sono ancora imbattuto nel linguaggio che parlava di “erezione in ente morale”, e non vorrei risalire all’ottocento per parlare di erezioni perdute nel tempo, manifestazioni che, per la cronaca, a me invece non disturbano affatto.
Se vado a guardare il maestro Hiroshi Tada, non posso non dirmi ammirato del suo shisei. Quella schiena eretta, a 84 anni, sembra essere proprio una metafora di valori altri, impalpabili, che ad ognuno di noi seguendo il suo personale filo di associazioni, interiori e non, tocca ricercare. L’esempio è bello, serve appunto ad ispirare, ma poi la consistenza del proprio shisei e le eventuali erezioni, in certi casi rese incompatibili, vanno perseguite per proprio conto.
Io non mi esalto nelle dissertazioni di mero positivismo giuridico, pur essendone indiscutibilmente un “addetto ai lavori” (professionista abilitato dal 1979), ma rispetto all’assunto di Bottoni, trovo che altre categorie giuridiche possano tornarci utili per tentare una decifrazione dell’ente in questione.
Che significa ente immateriale, contrapposto a materiale? Tutte le associazioni sono immateriali soggetti di diritto, rispetto alle singole persone fisiche che le compongono.

Forse che la parola commercio non è altrettanto astratta di cultura, se guardiamo ai fini perseguiti? E i mezzi per realizzarli non sono altrettanto concreti (tatami, materiale umano, strumenti, scartoffie… e soprattutto carta moneta, quella che ha il miracoloso potere, dicono a Napoli, di far tornare la vista ai cecati).
Forse può risultare più utile (e oggi più attuale, vista debbo dire l’idiosincrasia per morale ed erezioni, ad onta di quel decreto del ’78) distinguere tra associazioni per fini di lucro, e associazioni senza quei fini, cosiddette culturali e/o sportive, e questo giusto per non essere troppo leziosi, terminologicamente.
A queste ultime, che nella evoluzione del diritto positivo non hanno più bisogno nemmeno del notaio, dovrebbe somigliare l’ente morale in questione, a suo tempo eretto.
Ma se passiamo dalle questioni in punto di puro diritto, ai fatti, quelli sui quali si dichiara informato il saggista in questione, sempre in tema di facezie (che altro se no, visto che il saggista gradisce la metafora giuridica), ricordo a me stesso che esiste il reato di false informazioni al pubblico ministero.
Il mos italicus ovvero il diritto nostrano, equipara il mendacio vero e proprio alla reticenza, e l’art. 371 bis del codice penale prevede una pena fino a 4 anni di reclusione, anche per chi si limiti a non dire quello che sa. Senza aderire ad una visione etica dello stato, ecco qualcosa che allude al discrimine tra morale e non.
In ogni modo, non ci sono pubblici ministeri all’orizzonte, che avrebbero ben altro a cui pensare, ma solo persone rese più sagge dal tempo (spero) e divertite, che giocano a farsi “la morale”.
Infatti, per quel che ricordo, non mi è sembrato saggio da parte delle dirigenze di detta associazione, ventilare nel tempo questioni sull’interesse leso dell’ente, su ispezioni da fare nei dojo per verificare l’appartenenza dei praticanti, e tante, tante altre perle in tema.
Mi sembra tutt’ora strano che un ente senza fine di lucro, possa aver adottato o tentato di adottare contromisure in tema di concorrenza, o possa essere affascinato da comportamenti monopolistici. Chi lavora alla cultura non è sfiorato dall’idea di fallimento, istituto giuridicamente estraneo alle società non commerciali; al contrario si compiace che altri facciano altrettanto, se ne sente affratellato, entusiasta di camminare insieme e confrontarsi per quel fine che vuol vedere realizzato e diffuso (nella realtà Aikido, più che cultura giapponese).

O no?
Diversamente, per il proprio status avrebbe dovuto adottare altre categorie giuridiche, rinunciando magari a certi vantaggi fiscali, o quantomeno, dare conto nei fatti di quel morale.
Meglio ipotizzare che qualcuno sia o sia stato in confusione, sul tema: parce sepulta.
I fatti sono normalmente più eloquenti delle etichette e con i tempi che corrono, tra Agenzia delle Entrate ed Equitalia, a qualcuno potrebbe venire in testa l’ipotesi di elusioni.
E come ama dire Bottoni, fermiamoci qua.
Copyright Angelo Armano© 2013
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