
Sul Morihiro Saito “Maestro” si sono scritti interi volumi. Nel capitolo “L’Uomo Saito” qui presentato, un estratto da “L’Ermetista – Intervista a Paolo Corallini”, libro-intervista pubblicato da Aikido Italia Network Publishing, si coglie la calda umanità di Morihiro Saito fuori dal dojo. Godetevi alcuni gustosi aneddoti narrati da Paolo Corallini come antipasto al suo libro, acquistabile su Amazon
di SIMONE CHIERCHINI

“Rimaniamo ancora per un attimo su Saitō sensei. Ti dispiacerebbe raccontarci un ricordo, un aneddoto, possibilmente inedito, che lo caratterizzi, che ce lo presenti non come il grande Maestro di Aikidō di cui leggiamo di solito, ma come l’uomo Saitō?”
“Avrei tante cose da raccontare perché con sensei ogni giorno era una nuova avventura, però racconterò due o tre esperienze di vita private che mi sembrano particolarmente suggestive. Ci tengo a dire, e l’ho già detto in molte altre conferenze, che veramente io ringrazio il Cielo, il Fato, gli Dei, del fatto che oltre a ricevere da lui insegnamenti – anche molto particolari e privati – ho avuto la fortuna di vivere molti momenti di vita privata con un’intimità che a volte oggi, se non vedessi le foto, direi: ‘Ma è vero? È successo davvero o no?’.

“Ad esempio, Saitō sensei a volte mi diceva: ‘Paolo, andiamo all’Onsen, nel bagno termale in mezzo alla foresta’. Io e lui, con la sua Suzuki Vitara, andavamo in un Onsen naturale, dove c’erano queste acque caldissime che emergevano dalla foresta. Stavamo due giorni in questo ryokan tradizionale, facevamo il bagno in queste acque termali anche in pieno inverno – acqua bollente dentro, fuori il gelo – e io non sentivo niente, perché ero preso dalla sua presenza. Poi la sera a mangiare e bere in camera insieme, tempura e sake… ma con un’intimità, come due amici, e lui raccontava e raccontava episodi della sua vita all’ombra del Fondatore.
“Chiaramente, da parte mia c’era nei suoi confronti un senso di venerazione. Lui mi parlava con grande semplicità proprio come parlasse a un amico. Ripeteva sempre che mi era grato e non finiva mai di dire che avevo fatto tante cose per lui, della cura che avevo avuto della sua salute, di come lo trattavo, etc. Si sentiva lui in debito con me, ma in realtà ero io che non sapevo come esprimere il senso di ammirazione, di adorazione per quest’uomo.
“Una volta, a Torino, al ristorante, durante la cena con una ventina di allievi di varie nazioni attorno al tavolo, lui non finiva mai di ringraziarmi, e io mi vergognavo un po’, perché tra l’altro sapevo che più lui parlava, più altri potevano essere gelosi, e provare invidia, e sentivo a volte veramente negatività attorno a me. Allora, un po’ anche per smorzare l’atmosfera, dissi: ‘No, no, sensei, io sono soltanto il suo cane’. Glielo dissi in giapponese, perché nel frattempo avevo imparato a parlargli nella sua lingua. A quel punto lui mi guardò con un fare quasi risentito e disse: ‘Cosa dici? Essere umili va bene, ma a esserlo troppo a volte si rischia di fare la figura…’. Voleva dire figura quasi da stupido. Io allora ebbi il coraggio, ripresomi dallo shock, di dire: ‘No, no, sensei. Io volevo dire che mi sento il suo cane, un po’ come Hachiko, perché l’uomo può tradire, ma il cane non tradirebbe mai il suo padrone.’
“Seguirono alcuni secondi che però sembravano un’eternità, durante i quali lui non disse niente. Non mi staccava gli occhi da dosso. Subito dopo mi disse, con un grande sorriso: ‘Kokoro kara Arigato – Grazie dal profondo del cuore’.
“Un’altra esperienza davvero unica che voglio raccontare è questa. Un giorno mi disse: ‘Paolo, prendi il keikogi e un cambio per un paio di notti, perché andiamo nell’Aiki-no-ie. Io ero là con un carissimo amico, ora scomparso, uno dei miei più fedeli allievi, un amico che per me fu importantissimo, Gianfranco Leone. Presi il keikogi, un cambio e, sempre con la sua Suzuki Vitara blu, ci portò nella piccola casa dell’Aiki (Aiki-no-ie), che dista circa cinque chilometri dal Dōjō di Iwama, ai piedi del monte Atago, dove c’è il Jinja. Questa era una vecchia proprietà del Fondatore, vicinissima – non più di 40-50 metri – alla famosissima cascata naturale sotto la quale avrete visto tutti le foto sia di O-sensei, di Kisshomaru sensei, di Saitō sensei e altri maestri fare misogi.

“C’è un piccolo tempietto Shintō ai lati della cascata e questa casa, molto molto vecchia. Sensei disse: ‘Adesso trascorreremo 2-3 giorni qui insieme e vi farò vivere come vivevamo con il Fondatore, anche nei periodi molto difficili nell’immediato dopoguerra’. Allora sistemammo le cose, scaricammo la macchina, le provviste, il cibo, etc. Poi lui mi disse: ‘Paolo-san, io preparo per la cena’ e ci tengo a sottolineare che cucinava lui per noi. Non si è mai comportato come il Maestro, il Guru e noi i suoi servitori. Era lui che serviva noi allievi: al di là dell’immensità che ci dava tecnicamente, questa era la sua dimensione umana.
“Prima di mettersi a cucinare mi diede un’ascia e mi disse: ‘Paolo-san, vai a tagliare due rami lunghi così…’ e mi fece segno, mostrandomi la lunghezza di un bokken. ‘Taglia due rami uguali più o meno e poi quando hai fatto torna qui’. Io con il mio amico Gianfranco andammo lì nel bosco vicino e cercai due rami uguali e tolsi i rametti e le foglie. Cercai di levigarli come meglio potei, come lui mi aveva richiesto. Dopo un po’ tornai dentro la casa, glieli mostrai e lui disse: ‘Hai, daijōbu desu! Si! Va bene!’ e mi chiese di indossare il keikogi. Io obbedii; quando poi lui uscì dalla casa – io ero già lì fuori – con il keikogi, senza hakama, mi disse: ‘Vedi, ti ho fatto tagliare i rami come il Fondatore mi chiese di fare una volta nel periodo del dopoguerra. C’era molta povertà, perché il Fondatore aiutava molte famiglie povere e a volte dovevamo farci addirittura le armi noi. Oggi l’ho fatto fare a te.’ Cominciammo prima un po’ con i kumitachi, poi disse: ‘Adesso faremo ki musubi no tachi!’.
“Con quei due rami praticammo ki musubi no tachi tra la cascata e la casa Aiki-no-ie. Fu un momento lirico! Che altro dire… Già avere il privilegio di praticare con lui, ma poi di vivere questi momenti privati: una meraviglia!

“Adesso finisco con una cosa amena. Finita questa pratica, lui disse: ‘Preparatevi, tra poco è ora di cena’. Noi ci cambiammo e di lì a poco lui ci chiamò; dentro questa antica casa c’era un irori, un focolare, un quadrato di legno, la brace e un pentolone appeso al centro della casa, al suo interno. Lui era dal lato opposto rispetto a noi, sull’altro lato del quadrato, e con un mestolo di legno mescolava una zuppa fumante. Io e Gianfranco eravamo dall’altro lato dell’irori. Gianfranco mi guardò e disse: ‘Sento un certo odore…’.
“Per chi non mi conosce, io sono 47 anni che non tocco carne di nessun tipo. Non la mangerei nemmeno se uno mi pagasse. Ebbene, Gianfranco mi disse: ‘Mah, non so cosa succederà stasera, se ti piacerà…’. Si sentiva un odore strano. Io cercavo di non prestarci attenzione, di entrare in uno stato di ascesi per non pensarci. E lui, Saitō sensei, guardandomi comincia a dire: ‘Stasera ho preparato una ricetta speciale per voi. Dovete sapere che tanto tempo fa, nel medioevo, quando venivano invitati a palazzo dei samurai, dei vassalli, dei personaggi di livello che dovevano parlare con il daimyo, a volte veniva preparato questo tipo di ricetta. Si fa con un gallo da combattimento, un campione che viene sacrificato in onore di persone di riguardo. Io ho fatto oggi questa ricetta per voi’.
“Per un attimo, non avevo tenuto conto dell’ospitalità dei giapponesi. Vedendo che avevo finito la zuppa, Saitō sensei disse: ‘Hai! Mo ikkai! Mo ikkai! Ancora! Ancora!’. Quindi dovetti alla fine mangiarne due ciotole, innaffiate da non so quanta birra, per amor suo. Questa è una cosa che forse fa un po’ ridere, però dà la dimensione di quello che era il senso di ospitalità, di rispetto, da parte sua. Io ho fatto questo piccolo sacrificio, ma per lui avrei fatto molto altro.
“Potrei raccontare tante altre cose, però mi fermo qui perché forse vorrai sapere qualcos’altro.”
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Foto principale dell’articolo Bruce Klickstein ©1978
L’Ermetista
Intervista a Paolo N. Corallini
I Dialoghi Aiki #1
di Simone Chierchini, Paolo N. Corallini
Paolo Nicola Corallini, Iwama Ryu 7° Dan, Aikikai 7° Dan, è il Direttore Tecnico della Takemusu Aikido Association Italy.
Da Iwama e l’incontro con Morihiro Saito sensei, al complesso intreccio fra le diverse pedagogie presenti nell’Aikido, dai ricordi dell’uomo Morihiro Saito al futuro dell’Aikido, nel corso di questa conversazione Paolo Corallini offre il suo approccio dotto e ricercato al senso di ciò che esiste sotto al livello visibile dell’Aikido.
Contenuti
L’Inizio del Cammino. L’Arrivo a Iwama. L’Uomo Saitō. Che Cosa È il Takemusu Aikidō. Un Nuovo Fondatore? Morihiro Saitō e la Spiritualità. Aiki-Dancers e Aiki-Bricks. La Libertà Espressiva nell’Aikidō. Aikidō, Armonia e le sue Versioni Edulcorate. Il Futuro dell’Aikidō. Un Consiglio ai Principianti. Supplemento: Il Dōjō Tradizionale di Paolo Corallini