Le Tecniche di Base: Tra il Cielo e la Terra


L’oceano di tecniche che Ueshiba ha lasciato è fondamentalmente costituito da infinite varianti di un numero abbastanza limitato di movimenti di base, a cui sono stati dati simbolicamente dei nomi. Per chi non conosce il Giapponese i nomi delle tecniche in Giapponese non hanno significato, mentre una conoscenza più approfondita della lingua nipponica rivelerebbe che le definizioni delle tecniche sono ricche di sfumature dal significato molto profondo

di RENATO VISENTINI

I termini scelti a suo tempo per designare le tecniche non sono ovviamente casuali e, contrariamente ad ogni mentalità razionale, non hanno niente a che vedere con i movimenti legati all’esecuzione della tecnica, ma ne esprimono una rappresentazione filosofica.

Movimenti, forme e distanze appartengono al Creato e hanno come limiti fisici il Cielo e la Terra. L’uomo è libero di muoversi entro questi confini di cui possiede gli estremi, avendo i piedi ben ancorati al suolo, simbolo della materia, e la testa protesa verso l’etere, simbolo della mente.

Le tecniche di base rispecchiano questa libertà di movimento, in quanto l’avversario può essere immobilizzato a Terra o nella proiezione, idealmente lanciato verso il Cielo. Le tecniche che immobilizzano l’avversario a Terra si indicano con il nome generale di katame waza o tecniche di immobilizzazione.

L’immobilizzazione a Terra dell’avversario è una forma di conclusione statica della tecnica, un suo completamento che sta a significare che la sfera dinamica dell’avversario, che prima era in movimento, è stata totalmente annullata e assorbita nel suo appiattimento sulla materassina.

L’avversario disteso non può più dominare l’asse Cielo Terra, quando la tecnica è finita, l’assoluta immobilità dell’avversario disteso a Terra sta a designare il definitivo tramonto di ogni possibilità di azione della sua sfera dinamica sull’orizzonte del tatami.
Al contrario, il Praticante in posizione eretta che esegue l’immobilizzazione dispone di tutta la sua potenza dinamica che, unita alla respirazione, è in grado di esercitare la pressione necessaria a mantenere il controllo dell’avversario disteso a terra.

Questa condizione di controllo è identica alla posizione di seiza, quando si esegue il saluto, che in Aikido è una tecnica vera e propria. Proiettare l’avversario verso il Cielo, invece, lascia inalterata la sfera dinamica di quest’ultimo, con lo scopo di allontanarlo dal proprio centro vitale.

La tecnica che si conclude con la proiezione è simile al sasso che viene lanciato nell’acqua e dal cui centro si espandono verso l’esterno decine di onde concentriche. Guardando le tecniche di base, mi piace pensare che esse siano generate da due movimenti a spirale, il primo rivolto verso il centro della Terra, nelle tecniche di immobilizzazione, mentre il secondo, nella proiezione, è perfettamente speculare al primo e rivolto verso il Cielo.

In ogni caso la tecnica, per essere efficace, deve avere sprigionato tutta la sua potenza prima dell’immobilizzazione o della proiezione. In altri termini, qualunque sia la conclusione, la tecnica deve essere già materialmente finita prima che l’avversario sia lanciato verso la Terra o verso il Cielo.

La conclusione è una tecnica a sé e indipendentemente dal portare a Terra l’avversario dentro la propria sfera dinamica o proiettare verso il Cielo per espandere il proprio centro vitale, la fine è il ritorno nello spirito del Praticante ad una condizione di equilibrio, di armonia fra il Cielo e la Terra.


Copyright Renato Visentini ©2011
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