Torna la rubrica Fai-da-te con un formidabile esercizio-passatempo-meditazione per il vostro prossimo fine settimana: la produzione di un Kamidana per il vostro dojo
di CARLO CAPRINO
Il primo passo è stato quello di procurarsi il materiale: un rapido giro da un paio di ambulanti mi ha consentito di recuperare diverse cassette, che ho poi “smontato” rimuovendo graffe e legature in fil di ferro, ottenendo una sufficiente quantità di fasce di legno.
Basandomi sulle dimensioni del supporto su cui il kamidana verrà ospitato, ho ipotizzato una base di circa 35 cm per 14, con una altezza massima finale di 35 cm, da verificare sulla base delle proporzioni del manufatto. Viste le dimensioni disponibili, ho deciso di realizzare un tempio a tre tetti, con quello centrale più alto rispetto ai due laterali. Per uniformità ho lasciato le tre sezioni della stessa larghezza – circa 10 cm ciascuna – ed ho realizzato il telaio portante con dei listelli di abete a sezione quadrata di 2 cm di lato.
Sulla parte superiore del telaio così costruito ho piazzato i giunti angolari a sezione triangolare, che andranno a costituire i supporti delle coperture inclinate, in maniera da avere delle angolazioni precise e costanti.
Ho poi realizzato le pareti laterali, tagliando a misura le varie fasce di legno disponibili, passando poi a realizzare anche le coperture inclinate. Queste ultime sono asimmetriche per rendere l’effetto “tegola” con la copertura più alta che si sovrappone a quella più bassa coprendo e proteggendo dalle infiltrazioni piovose la linea di giunzione dei tetti.
Per la realizzazione delle porte ho utilizzato sempre le stesse fasce di legno, fissate con cerniere in ottone e viti, apribili tramite dei piccoli pomoli ottenuti annodando dello spago, passato in un foro realizzato sulla porta stessa.
Infine, ho realizzato una base di appoggio per sollevare il tempietto utilizzando sempre i giunti triangolari ed i listelli tagliati a misura, munendola di una scalinata realizzata con dei pezzi di listello da 2×1 cm, incollati sulla loro mezzeria longitudinale. Particolare estetico, sui lati frontali degli scalini ho impresso dei rombi a rilievo pressando i listelli stessi tra le ganasce di una morsa da banco.
Sui lati esterni della costruzione ho posto dei pilastrini alti circa 5 cm, sempre realizzati con il listello da 2x1cm su cui ho piazzato delle viti ad occhiello di ottone. Per simulare una sorta di parapetto tra i pilastrini ho inserito a mezza altezza un tondo di legno, mentre tra gli occhielli ho annodato uno spago ruvido. Stessa cosa ho fatto sui lati della scalinata di accesso, usando però solo uno spago annodato ad anello.
Passando alle decorazioni del tempietto, per realizzare un kamon (insegna) ho utilizzato un saldatore a stagno come fosse un pirografo, incidendo “a caldo” su una piastra di legno i kanji di “Sei” e “Shin” che rappresentano il nome del nostro dojo. Il kamon è stato poi fissato con un po’ di colla sul fronte del tempietto.
Per ciascuno dei tre ambienti in cui è idealmente diviso il kamidana ho poi voluto preparare dei Kakejiku, i tradizionali rotoli che si appendono alle pareti delle stanze giapponesi. Come riportato sul sito www.hamakurashop.com, i kakejiku sono vere e proprie opere d’arte che riproducono disegni, paesaggi o calligrafie. I luoghi dove si utilizzano maggiormente i kakejiku sono le stanze più importanti delle abitazioni, o come ad esempio le stanze dove si celebra la cerimonia del tè o quelle dei Dojo di arti marziali. Da secoli, come in occidente i grandi quadri d’autore, i Kakejiku rappresentano la forma di esposizione di calligrafie e pitture per eccellenza, diventando spesso l’elemento più importante di un ambiente.
In questo caso, ho realizzato tre supporti per i kekejiku, piegando un chiodo da 15 cm, realizzando con una lima sottile una tacca sulla estremità superiore e fissando infine il chiodo su un supporto di legno triangolare ricavato sempre dai giunti angolari delle cassette di frutta.
I kakejiku sono stati realizzati stampando tre motti su dei fogli di carta, tagliati poi a strisce. Le estremità di ciascuna striscia sono state arrotolate e incollate a delle spine di legno da 6mm di diametro. La spina inferiore funge da perso per stirare il kakejiku, mentre a quella superiore è stato annodato un pezzo di spago, poi passato nella tacca ricavata nella testa del chiodo.
I motti scelti – ispirati dai tenugui (fazzoletti tradizionali da annodare sulla fronte per fermare il sudore durante la pratica del kendo) sono: “Isshin furan” (“completamente concentrato”, letteralmente “una mente senza confusione”), “Fumetsu” (“immortale”) e “HeIjoushin” (“mantenere il cuore calmo”), che rappresentano altrettanti principi da perseguire o stati da raggiungere attraverso la pratica.
Il prodotto finito non è – come evidente – neppure lontanamente paragonabile per qualità complessiva, precisione delle rifiniture, proporzione delle parti e resa estetica a quelli in vendita, ma è stato molto utile per fare esperienza e sperimentare alcune soluzioni costruttive da utilizzare nella realizzazione di un prototipo più rifinito. Particolare interessante, il costo totale dei materiali impiegati è inferiore ai dieci euro, costituito da 4,5 euro per i vari listelli i legno, 3 euro per le cerniere delle porte e 0,65 euro per una confezione di colla vinilica da 100 gr.
In attesa di completare il tutto con altri accessori, ho piazzato il kamidana nel luogo a lui destinato, pronto ad essere inaugurato nel Dojo in occasione del prossimo “matsuri keiko” di fine dicembre.
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