Il giorno 15 aprile, una domenica mattina di primavera insolitamente fredda e piovosa, è stata “riscaldata” da un avvenimento speciale, la visita del Maestro di Yoga Gino Sansone e dei suoi allievi. Persona placida e ponderata, è venuta a farci visita nel nostro Dojo di Sorrento su invito del mio Maestro Angelo Armano dove si è tenuto un’interessante seminario pratico dal titolo “Yoga e Aikido: Alchimia della coscienza”
di GIOVANNI BARBATO
Descrivere nei dettagli l’avvenimento per me è compito arduo, perché a differenza del mio Maestro “non mastico” Yoga , preferendo soffermarmi sulle mie impressioni particolari. Per quanto fossi a conoscenza degli indubbi legami storici tra le due discipline, non avevo ancora “realizzato” praticamente cosa ciò volesse realmente significare. E’ stata una scoperta , la quale mi ha permesso di vedere sotto una luce diversa molte mie concezioni.
Ho provato un caleidoscopio di sensazioni. Inizialmente mi sono sentito sorpreso,“scosso”, se non addirittura a disagio; ebbene sì. Il confronto può essere un “trauma” nel senso positivo del termine , poiché costringe a prendere atto di molteplici realtà che non si vedono, o che non si vogliono vedere per quieto vivere. Le piccole contratture, la mente “scimmia” che non vuole saperne di star ferma, (facendo perdere la concentrazione e il ritmo respiratorio!), la lentezza nella visualizzazione mi hanno messo in seria difficoltà. E’ un atteggiamento che spesso (e a quanto pare volentieri) mi porto anche nella pratica dell’Aikido; posso dire a mia parziale discolpa che ciò è anche frutto di una “solida” formazione positivista e razionalista , portata alla speculazione (molta “testa”, poco “cuore”).
Ma il problema resta, ed ecco che dopo i discorsi dei due Maestri si approfondiscono sul tema della lacerazione della persona e del suo bisogno di unità (“Yoga” significa proprio “Unione”), i miei demoni si fanno vivi e bussano alla porta insistenti, facendosi venire le vesciche alle nocche.
A questo punto più che mai urge ricominciare lo“studio del profondo” forse mai seriamente intrapreso ; il termine giapponese Shugyo o “studio del profondo”, non a caso è stato adottato come nome del nostro Dojo. Lo studio della propria interiorità è una traversata nel deserto, e chi pratica seriamente un certo tipo di discipline lo sa molto bene “per esperienza”.

Mano a mano che la lezione procedeva ed entrava nel vivo, galvanizzato dalla vastissima cultura dei Maestri, e con la complicità della giusta “sintonizzazione” mentale (finalmente!) ho ritrovato il corretto ritmo respiratorio, sperimentando una condizione di rilassamento “psicosomatico” molto particolare. Non avendo mai praticato Yoga, sono rimasto molto sorpreso dalle sensazioni provate, specialmente quando gli esercizi di visualizzazione delle energie sottili hanno cominciato a sortire effetti fisici, come un tenue tepore che si irradiava dai vari distretti corporei visualizzati.
Si è così palesata la grande similitudine tra le due discipline, cioè l’importanza fondamentale della visualizzazione. Personalmente, non mi ero mai molto soffermato su ciò, pur riconoscendone almeno teoricamente l’importanza. Applicare questi input al mio Aikido rappresenterà per me un’altra traversata nel deserto.
Ho percepito sorpresa anche nei praticanti di Yoga, stupiti dalle similitudini interdisciplinari sapientemente evidenziate dal nostro Maestro, verbalmente e soprattutto praticamente. L’Aikido è un’arte marziale, rispettosa dell’incolumità dell’avversario dove l’altro non è visto come il “nemico assoluto” da umiliare o annichilire. Quest’approccio ha senz’altro fatto breccia nel cuore dei nostri ospiti, dando luogo ad una felice “contaminazione” reciproca.
In un incontro tra personalità così profonde, come quelle dei rispettivi Maestri Armano e Sansone, il discorso non poteva non cadere su un piano squisitamente spirituale. Nell’Induismo la recita dei Mantra ne costituisce l’anima, una pratica che è stata ereditata dalla fedi figlie come il Buddhismo, in particolare dal Buddhismo Shingon, o esoterico, di cui (guarda caso…) O’Sensei era un fedele seguace. Lo Yoga vero e autentico, essendo una disciplina profondamente impregnata di spiritualità induista ha fatto propria la recita dei Mantra, come il Astakshari Mantra (Om namo narayanaya mi inchino a Te, Narayana ) che abbiamo recitato verso il termine del seminario. Ascoltare (e recitare !) preghiere e invocazioni nelle varie lingue liturgiche è affascinante, suggestivo ma… il Sanscrito riesce a far vibrare contemporaneamente uomini, coscienze e ambienti, rendendo “vive” le preghiere stesse; una risonanza fisica, chimica, spirituale… Alchimia, semplicemente.
In definitiva il nostro è stato un incontro “religioso”, nel senso squisitamente etimologico del termine .“Religio”, dal latino, significa unire, proprio in un contesto spirituale.
Al termine di questo bellissimo evento, all’atto di congedarmi dai Maestri Sansone e Armano ho esclamato “oggi abbiamo piantato un seme!”, augurandomi che questo incontro sia solo l’inizio di una lunga serie, il principio di un percorso in cui due grandi discipline che perseguono lo stesso fine ultimo si tengano mano nella mano…
Copyright Giovanni Barbato ©2012
Tutti i diritti riservati. Ogni riproduzione non autorizzata è strettamente proibita
Grazie per avermi fatto trovare la foto e complimenti per l’articolo! vanna di vuolo