La Pratica dell’Aikido e la sua Relazione con il “Pericolo”


Cognard sostiene che il pericolo nell’Aikido non risieda nelle tecniche, ma nella mancanza di consapevolezza ed energia. Eliminare movimenti “rischiosi” come il koshinage indebolisce l’arte, poiché qualsiasi tecnica può diventare pericolosa se eseguita male. L’eccesso di protezione svuota la pratica della sua vitalità; ciò che conta davvero è l’attacco sincero, l’insegnamento competente e una guida adeguata, che permettono a tutti di allenarsi intensamente senza danni. Questa prospettiva è tratta da Il Filosofo – Intervista ad André Cognard, pubblicata da The Ran Network.

by ANDRÉ  COGNARD

“Maestro, approfitto della sua esperienza per chiederle una panoramica su come è il tipo di pratica in questi anni, specialmente nei confronti dei più giovani, dei ragazzi, degli adolescenti. Soprattutto, visto che lei è un po’ un pioniere, come giudica il fatto che molte tecniche potenzialmente pericolose sono state eliminate da alcuni programmi tecnici di alcune scuole? Parlo per esempio del koshinage: alcune scuole lo hanno eliminato perché potenzialmente pericoloso. Ecco, lei lo trova corretto, giusto, adeguarsi a questi tempi un po’ iperprotettivi, oppure l’Aikidō deve rimanere comunque legato a questa piccola quota di rischio che ci deve essere in un’arte marziale?” (Carlo Caprino)

“Non so perché alcune scuole abbiano tolto koshinage, forse hanno una buona ragione per farlo. Però da noi non è successo: koshinage è sempre là e anche altre tecniche difficili, che possono essere considerate pericolose, sono al loro posto. Io penso che il pericolo non dipenda dalla tecnica ma dal livello di energia. Nella nostra scuola koshinage è fondamentale. Facciamo koshinage con tutte le tecniche: ikkyo-koshinage, nikyo-koshinage, kotegaeshi-koshinage, ecc. Non è affatto pericoloso, anzi la caduta di koshinage, quando è insegnata in modo corretto, è senza ombra di dubbio molto più facile delle altre cadute che facciamo in Aikidō. È senza rischio: basta afferrare il dogi dell’altro con la mano giusta e basta, è finita, non c’è nessun pericolo. Detto questo, ci sono tante persone che mi dicono: ‘Ma voi siete pazzi, perché con la spada passate a un millimetro dagli occhi, entrate sulla gola…’. Sì, è vero, lavoriamo ad una distanza con la quale ci si può toccare, e quando faccio yoko hichi monji la spada, se non piego il braccio nel momento giusto, passa attraverso la testa dell’altro.

“Il pericolo è sempre una mancanza di energia. Mancanza di energia vuol dire mancanza di coscienza, quindi una percezione dell’interazione e del suo svolgersi nello spazio-tempo che è debole. Questo è il pericolo. Il pericolo c’è sempre. Tutto quello che è utile è pericoloso. Se ho un fucile a casa per difendere i miei e mio figlio piccolo lo prende e uccide suo fratello, possiamo pure mettere una legge per controllare questa situazione, ma poi un altro la userà all’inverso… Tutto quello che usiamo è pericoloso. È la persona che ne fa uso a far la differenza. Se il livello di energia è basso, il rischio è enorme con tutte le tecniche. Sapete che con udekimenage le persone si rompono le spalle…

“Possiamo indebolire sempre di più la tecnica, attaccare debolmente, eliminare una tecnica se è un po’ pericolosa, e così via. E poi ci chiediamo: perché la gente non viene più a praticare Aikidō? Perché non sono più interessati? Leggo un po’ dappertutto, su vari siti internet questa domanda: perché c’è mancanza di allievi? Perché i giovani non vengono più?
“Devo dire che sono molto felice, innanzitutto perché abbiamo il 50% di donne e questo non è irrilevante. Come mai? Perché non le distruggiamo. Anche se il nostro Aikidō è fisico, anche se si va forte… rimangono delle donne, dall’inizio alla fine. Non hanno bisogno di lottare con gli uomini, non hanno bisogno di essere fisicamente più forti…

“Poi abbiamo dei giovani, davvero molti, che sono interessatissimi. Nell’ottobre 2019 sono andato in Giappone con un gruppo di sedici ragazzi tra i dodici e i sedici anni. Di media avevano un’esperienza di più di dieci anni di Aikidō. Ho organizzato per loro una dimostrazione presso il Butokuden di Kyoto. Ho invitato alla dimostrazione il sindaco di Kyoto, il governatore della zona, i responsabili della cultura e dello sport, il console francese. Le autorità si sono accomodate dietro ad un tavolo e i nostri giovani hanno eseguito per loro trenta minuti di dimostrazione, e devo dire che sono stati proprio una forza, ci hanno messo un impegno incredibile. Hanno entusiasmo.

“Abbiamo creato delle scuole specifiche. Abbiamo una scuola per la formazione insegnanti che funziona dal 1981: ci sono praticanti che sono membri da allora e non hanno mai smesso. Abbiamo un primo livello di preparazione di due anni, seguito da sette anni di formazione, e poi da ulteriori sette anni di formazione superiore. Abbiamo un gruppo di giovani dai dodici ai diciassette anni, e un gruppo di bambini che hanno tra sette e dodici anni che sono già in formazione per l’insegnamento. Tutte queste scuole funzionano bene.

“Penso che, andando verso la fine della nostra vita, abbiamo tutti forse un po’ la tendenza a non voler correre i rischi della giovinezza. Il giovane che arriva è in grado di apportare e fare cose che possono essere per noi un po’ difficili, e poi, quando li vediamo così, nel fiore della giovinezza, ci ricordiamo di quando noi stessi eravamo come loro, e forse ciò non ci fa piacere. Capita allora che ci siano molti insegnanti che hanno paura dei loro allievi e fanno in modo di tenerli giù, di bloccarli. Ancora può succedere che alcuni insegnanti, che hanno ricevuto gradi alti che non meritavano, facciano in modo che gli allievi non possano progredire. Forse ci si comporta allo stesso modo con l’età: diventiamo un po’ vecchi, e allora…

“C’è un sistema per rimediare questa situazione, una medicina per curare questo male che somministro su di me quotidianamente. Quando tengo lezione la prima consegna che do ai miei allievi è quella di attaccarmi forte e veloce. Se qualcuno mi colpisce non posso che ringraziarlo. Ancora adesso chiamo quattro persone, mi metto al centro e arrivo a toccarli prima che loro tocchino me. Finché posso farlo continuerò a insegnare. Se un giorno non ne sarò più capace, vedrò.”

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Il Filosofo
Intervista ad André Cognard

I Dialoghi Aiki N. 3
di Simone Chierchini, André Cognard

André Cognard è una delle voci contemporanee più autorevoli nell’ambito del Budo internazionale.
Nato nel 1954 in Francia, si accosta giovanissimo al mondo delle arti marziali, dedicandosi alla pratica intensiva di diverse discipline tradizionali giapponesi. Al 1973 risale l’incontro con Hirokazu Kobayashi sensei, allievo diretto di O-sensei Morihei Ueshiba, evento determinante da cui scaturisce la decisione di consacrarsi esclusivamente alla pratica e all’insegnamento dell’Aikido. Riceve il grado di 8°dan e alla morte del suo maestro eredita la guida dell’accademia internazionale Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ryu – KAKKHR.
Insegnante “itinerante”, profondo conoscitore del Giappone e delle sue tradizioni, André Cognard porta nei diversi continenti una tecnica: l’Aikido del suo Maestro; un messaggio umano: l’Aikido al servizio di tutti; un messaggio spirituale: l’Aikido che, come l’uomo, si ricongiunge a se stesso quando diventa semplicemente Arte.