Una Risposta a “Gioie e Dolori dell’Asobi nell’Aikido”


Il post di Simone Chierchini Gioie e Dolori dell’Asobi nell’Aikido ha stimolato questa interessante risposta da parte del Maestro Massimiliano Gandossi, che vi proponiamo integralmente

di MASSIMILIANO GANDOSSI

Ciao Simone,
ho letto attentamente il tuo post e vorrei fare un commento.

Insegno yoga, aikido e iaido e ci tengo ad avere un approccio rilassato alle persone, mi piace che il clima sia disteso ed amichevole e devo dire che quello che osservo, proprio perchè tendenzialmente lo iaido e lo yoga si praticano individualmente mentre l’aikido almeno in due (la maggior parte del tempo in due) il clima di quest’ultimo è più ludico o permeato di divertimento e di interazione. Intendiamoci, credo che si divertano molto anche nelle altre due discipline (io moltissimo) ma c’è certamente un altro grado di interazione.

Purtroppo è un dato di fatto che quando la personalità esce un po’ troppo dai margini inizia a mostrare le proprie spigolature, pertanto è da notare come le persone che si incontrano da estranee al dojo e poi da amici vanno a bere la birra, quando invece di concentrarsi durante la pratica si distraggono o si lasciano andare a commenti o ironia chiaramente riducono l’effetto armonizzante e realmente distensivo della pratica aikidoistica.

Ciononostante ritengo che l’approccio austero sia inadatto alla nostra cultura perché sostanzialmente male interpretato sia da insegnanti (che troppo spesso lo usano come amplificatore dell’ego) che da allievi (in una parola esaltati) che diventano spesso degli isterici della perfezione o dei maniaci di un clima che non riesce a tradursi in una reale distensione del loro animo e in una gentilezza nei modi che invece è la prerogativa immancabile di un BUON rappresentante della Cultura Nipponica.

Questo ho sentito sulla mia pelle la prima volta che ho messo piede in Giappone, che per anni ho scimmiottato qualcosa che non capivo, e che non potevo capire perchè i miei modelli di riferimento avevano adottato dei comportamenti vuoti, usati come involucri efficaci di esemplificazione di una cultura pseudomilitarista che doveva servire ad insegnare disciplina e autocontrollo.

Ritengo che dalla comprensione dei limiti della propria libertà nasca un rispetto e una autodisciplina che non ha necessità di modalità dure, credo nella gentilezza come risultato finale dell’aikido (rendere persone migliori) e credo che tutti i praticanti di arti marziali si avvicinino ad esse perchè hanno qualcosa di irrisolto con la violenza e questo deve essere una priorità di chi insegna, permettere loro di fare la pace con se stessi con gli altri, la pace con la vita e la morte, la pace con i limiti imposti dalla natura e dalle circostanze.

I praticanti di budo europei sono troppo spesso persone che si svalutano in continuazione perchè non hanno capito il vero significato di umiltà perchè leccano il culo allo shihan di turno finchè ne hanno un tornaconto ma non sanno “amare il Maestro” perchè putrtoppo non è nella nostra cultura questo modello di riferimento, noi pensiamo di crescere quando mandiamo a quel paese il papà e diciamo “adesso decido io per la mia vita”, poi sappiamo di essere cresciuti quando ritorniamo a volgere uno sguardo di amore verso nostro padre e gli diciamo “grazie”.

Leggi “Gioie e Dolori dell’Asobi nell’Aikido

Copyright Massimiliano Gandossi © 2011
Ogni riproduzione non espressamente autorizzata dall’autore e’ proibita
Il website di Massimiliano Gandossi e’ www.bushidokai.it

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