“Doshu Kisshomaru Ha Cambiato l’Aikido del Fondatore”


In questo articolo, tratto dal giornale ufficiale dell’Aikikai Hombu Dojo, Doshu Moriteru afferma a chiare lettere e senza farne una questione su cui discutere o scandalizzarsi che Kisshomaru Ueshiba, suo padre e Secondo Doshu, adattò l’Aikido di O-Sensei per far sì che fosse fruibile nell’era contemporanea

La traduzione che segue è un estratto da un articolo di AIKIDO Shimbun, la newsletter ufficiale dell’Aikikai Hombu Dojo. L’articolo intitolato “In onore dello spirito dell’ultimo Doshu” è stato scritto da Moriteru Ueshiba, Dojo-cho, per l’uscita del 20 gennaio 1999 di Aikido Shimbun. In esso si fa un chiaro riferimento alle modifiche popolarizzatrici apportate da Kisshomaru Ueshiba al prodotto Aikido coniugato dal Fondatore.

Le tecniche e il modo di fare Aikido che il fondatore O-Sensei ci ha lasciato, non erano sempre di facile comprensione per tutti. Doshu, mio ​​padre, li ha cambiati in modo che essi fossero facilmente comprensibili, e ha dato tutta la sua vita per diffonderli. Per questo motivo ha lasciato molti libri da lui scritti. Sono cresciuto guardando Doshu ritornare dal keiko per studiare e scrivere per lunghe ore e anche con gli occhi di un figlio ho potuto vedere l’importanza di questo lavoro“.

Questo indica chiaramente che il secondo Doshu ha apportato modifiche all’Aikido di O-Sensei. Testimonia inoltre dell’indefesso e pluriennale lavoro del figlio per valorizzare e diffondere il pensiero del suo geniale padre.

Fonte: http://www.iwama-ryu-tr.org/eng/article.html

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7 pensieri riguardo ““Doshu Kisshomaru Ha Cambiato l’Aikido del Fondatore””

  1. Ho cercato a lungo sul web, ma tutto quello che si trova è solo questo estratto. Aikido Shinbun non è online, che io sappia, ma se qualcuno ha altre notizie ce lo faccia sapere

  2. L’Aikido, come qualsiasi Arte, non viene espresso in modo sempre uguale come la matematica dove, una volta che si è capito ed imparato bene un teorema od una dimostrazione che una certa persona ha inventati per prima, chiunque può, dopo di questa, ripeterla per proprio conto esattamente e nella stessa identica forma ed efficacia.
    In verità può chiamarsi appropriatamente “Aikido” solamente l’arte praticata personalmente dal professor Ueshiba Morihei, il suo ideatore e fondatore. Infatti nessuno dei suoi allievi che hanno appreso da lui il suo Aikido, all’atto pratico lo praticarono nel suo stesso identico modo, come solo lui poteva e sapeva fare.
    Constatiamo oggi come ogni allievo diretto del prof. Ueshiba, pur avendo appreso personalmente da lui la sua tecnica e ricevuto direttamente da lui la trasmissione del sua tensione spirituale, interpretò l’Aikido del fondatore inevitabilmente secondo il proprio modo di sentire, sforzandosi di copiare ed imitare in tutto e per tutto il fondatore stesso, con la massima applicazione personale ma, nello stesso modo in cui è impossibile che un violinista possa ripetere esattamente un pezzo di Paganini come solo Paganini stesso poteva e sapeva fare, così nessun allievo diretto di Ueshiba ha mai potuto tramandare l’Aikido del fondatore esprimendolo nella sua esatta ed identica maniera, ma solamente interpretandolo come ciascuno ha potuto e saputo fare (compreso il suo stesso figlio Kisshomaru, oggi deceduto, che ricoprì il ruolo di direttore tecnico e spirituale dell’Aikikai di Tokyo, la società creata appositamente per conservare il più possibile intatto l’Aikido originario del fondatore, sia nella forma sia nella sua valenza spirituale).
    Oggi constatiamo facilmente che anche fra gli stessi allievi diretti del prof. Ueshiba ed anche mentre era ancora in vita il fondatore stesso, furono molto forti e non solo formali le differenze nell’espressione pratica dell’Aikido del fondatore.
    Il caso clamoroso dello scisma del M°. Tohei Koichi, allievo diretto del prof. Ueshiba designato dallo stesso quale direttore tecnico dell’Aikikai di Tokyo, costituisce un caso lampante.
    Paganini diceva di se stesso “Paganini non ripete”, quando le platee esultanti di fronte alla sua maestria gli chiedevano il bis di un pezzo!
    Infatti non solo l’applicazione pratica di una tecnica varia a seconda di chi la interpreta, ma nell’ambito di uno stesso metodo e da parte dello stesso interprete “ogni volta è sempre come fosse la prima volta”, nel senso che ogni interpretazione è unica, irrepetibile ed è sempre diversa dal quella precedente.
    Questa è una caratteristica propria dell’espressione artistica in generale e comunque d’ogni occasione in cui l’Uomo agisce esprimendo in modo profondo e totale tutto se stesso.
    “Un colpo, una vita” dicevano gli antichi samurai: ed ancora oggi in ciascun colpo, in ciascuna tecnica d’Aikido occorrerebbe sempre esprimere la totalità e la pienezza di se stessi, come se l’intera propria vita fosse racchiusa in ciascuna delle tecniche eseguite e fosse concentrata in quella precisa azione compiuta.

  3. Nel provare a dia-logare con quanto ha scritto Claudio Pipitone, vorrei porre una prescrizione a me stesso: di farlo con aiki. Vale a dire autenticamente, pure con passione retorica, ma non dimenticando che il suo punto di vista, se anche eventualmente opposto, mi è nondimeno necessario del mio. In ogni caso non potrà non essere un arricchimento.
    Prima però di entrare, con le mie opinioni, nel merito di quelle di Pipitone, ritengo sia preliminarmente necessaria una o più domande.
    Cos’è l’Aikido e se sia esaustivo annoverarlo nell’ambito dell’arte tout court? Come si pone l’Aikido rispetto alla tradizione marziale dal cui humus pure viene ad esistenza? Che dire dei contenuti religiosi, filosofici e psicologici che tanto lo permeano e di cui parla continuamente il Fondatore? Addirittura se esista l’Aikido al di là della persona del Fondatore.
    La risposta a queste ed anche altre domande, la cui portata risulterebbe esorbitante dall’ambito di questa specifica rubrica, mi appare comunque essenziale al fine di porre al meglio possibile la questione. Voglio dire che chiunque abbia opinioni in merito e gentilmente ce le faccia conoscere, dovrebbe chiarirsi i suoi punti di vista rispetto a quelle domande.
    Nel momento applicativo di quello che è o dovrebbe essere l’Aikido, sono naturali oltre che inevitabili, anzi auspicabili, le differenze individuali.
    Ma nell’esempio che fa Pipitone, abbiamo comunque un luogo comune chiamato musica, uno strumento condiviso (il violino) ed una piacevole diversità di esecutori, non tutti ugualmente entusiasmanti, anche tenendo conto dei gusti.
    Al contrario per l’Aikido, senza quelle risposte sarebbero in discussione non solo lo strumento (il violino), ma pure la musica…Che dire se Paganini avesse non solo suonato il violino, ma l’avesse addirittura perfezionato o persino inventato?
    Se per me l’Aikido è una via esoterica, per un altro un’espressione di religiosità, per un altro ancora un ennesimo ryu marziale, o persino una ginnastica, una terapia, uno Yoga in movimento, una filosofia fatta col corpo…e non abbiamo finito senza averlo ancora inteso come arte, significa che è vitale capire in questo caso cos’è la musica e quale lo strumento.
    Se riteniamo che l’Aikido esista di per sé, attese le differenze di approccio così marchiane, approfondire il contesto, la personalità del Fondatore, come si è evoluto l’Aikido, di quali forme si sia servito Ueshiba è filo-logicamente ineludibile per chiunque sia veramente curioso di darsi quelle risposte e non sia proiettato già in un’utilizzazione a fini propri, di quello (l’Aikido) da cui sia stato anche solo superficialmente intrigato.
    Se è opinabile l’identità vera e propria dell’Aikido e i suoi conseguenti scopi, allora non ha senso neanche chiederci se sia stato modificato.
    Personalmente trovo un pretesto riferirsi all’oscurità e complicazione di Osensei come alibi per modificare la pratica l’Aikido e renderlo così più facilmente attingibile.
    Allora stiamo appena provando a porre la questione…
    Angelo Armano

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