
E fu così che inizió a praticare un arte marziale… Questo, indipendentemente dalla strada o dalla persona, é l’incipit di ogni storia legata al budo, sia essa destinata alla grandezza o alla mediocrità, al successo o al fallimento
di MASSIMILIANO GANDOSSI
Ciò che accompagna il praticante fin dai primi passi , in un’arte del budo, é la consapevolezza che c’è dell’altro oltre a quegli esercizi, dolci o duri, leggeri o faticosi che siano, tutti “sappiamo” che sono solo una parte, una delle due parti della via, se la via vogliamo percorrere.
Ma allora se é vero che di tanto in tanto possono mancare elementi didattici o metodi per l’apprendimento delle forme esteriori, cosa si può dire allora di quel lungo, affascinante viaggio, così pieno di insidie e ostacoli qual’é il percorso spirituale?
E’ un viaggio a nuoto in mare aperto? É un salto a ostacoli lineare? É un’esplorazione al buio di una terra mai battuta?
La mia opinione é che la via sia uno sguardo, lento attento e sempre più profondo e definito, oltre lo specchio, aldilà delle paure che solo lo specchio é realmente capace di evocare. Mentre scrivo sono seduto sull’aereo e vedo le nuvole fuori dal finestrino, sotto di me e penso che un tempo é nato il detto “avere la testa tra le nuvole” attribuito a chi si ferma spesso in uno stato di contemplazione interiore e che risulta distratto dall’importanza dei fatti concreti della vita reale, cioè quella materiale!
Se la parte più alta di noi , il nostro sè superiore, il nostro daimon, alberga nel morbido mare delle nuvole, cosa ci accade oggi che con un banale volo low cost lo guardiamo dall’alto? Cosa accade alla nostra immaginazione, alla nostra capacitá di stupirci se pensiamo che l’energia interna, il ki vitale, siano aria fritta mentre digitiamo parole su uno schermo retro illuminato sul quale spostiamo “oggetti” come solo i maghi che popolavano la nostra fantasia da piccoli erano in grado di fare? Significa forse che il nostro percorso interiore sarà possibile solo con un nuovo device che Steve jobs ha progettato prima di morire? Avremo bisogno di un I-Evolve per scoprire le meraviglie della nostra natura?
Negli yoga sutra di Patanjali (scritti dal quarto secolo avanti cristo al quinto dopo Cristo , pertanto presumibilmente non solo di Patanjali a meno che con questo nome non si designi un ruolo tramandato) sono delineati dieci principi, gli Yama e i Niyama che vengono trattati come dieci comandamenti dell’ashtanga yoga , mentre sarebbe molto più corretto considerarli come dichiarazioni eloquenti di ciò che siamo quando siamo connessi alla nostra vera natura.

Un passo dei sutra recita:
” fin quando c’è separatezza, la persona
Vede un altro come separato da sé,
Sente un altro come separato da sé,
Odora un altro come separato da sé,
Parla a un altro come separato da sé,
Pensa l’altro come separato da sé
Conosce un altro come separato da sé
Ma quando il Sé è compreso come l’indivisibile unità della vita ,
Chi può essere visto da chi?”
Quando non sperimentiamo questa unità come verità del nostro essere, tutti i nostri pensieri e le nota azioni sono come guidate da una sorta di ignoranza fondamentale, un substrato di pantano che non permette di vedere chiaro e di muoversi con leggerezza. Non possiamo farci niente! Tutte le emozioni volatili e distruttive , rabbia, gelosia, invidia avidità , odio, nascono da questo pantano nel quale percepiamo un “alto” e dunque siamo spinti da un bisogno di riprodurre e proteggere il nostro sé.
Scontri, guerre, efferatezze e violenze ad ogni livello, per quanto diciamo di non riuscire a capirle quando vengono riportate nei fatti di cronaca, sono perfettamente comprensibili se le consideriamo alla luce della nostra incapacità di consiliari intimamente connessi gli uni agli altri, in modo non dissimile dal famoso detto “mors tua vita mea“.
Ma nel praticare aikido noi sperimentiamo una forte sensazione di unità e pace con l’altro, e sperimentiamo inconfutabilmente come questa intima connessione sia forte ed efficace sul nostro modo di vedere e quindi vivere la realtà, sentiamo e scopriamo che tutto quello, che succede all’altro ha effetto su di noi e viceversa. Qui sta la chiave per aprire il portone di ingresso , il cancello che rivela dietro di sè il cammino di luce, la via spirituale.
E allora i cosiddetti precetti, Yama tipo non rubare, non nuocere, sii onesto e rispettabile, contieni l’energia sessuale e abbandona le maschere , tutto ad un tratto si rivelano per quello che sono, ne più ne meno siamo noi, nella nostra purezza, come il Brunello di Montalcino è Sangiovese in purezza cresciuto e imbottigliato in condizioni particolari. Siamo noi , la nostra natura che è buona! Smettiamola di pensare di essere cattivi, cosa mai dovremmo rubare e chi mai vorremmo ferire quando viviamo nella condizione in cui siamo nella relazione-unione tori uke?
Che bisogno avremmo di portarci dietro quell’autentico battaglione di fanteria di ruoli, vestiti, maschere, titoli, averi, quando la comprensione della nostra vera e profonda natura é finalmente chiara e risplende in tutta la sua bellezza?
Vivere in uno stato di purezza (shaucha) non significa fare i santarellini, ma vivere la vita fin nei dettagli più piccoli con chiarezza e felicità, e bada ben, indipendentemente dalle circostanze esterne.
Noi possiamo usare la pratica dell’aikido come chiave per aprire il cancello e iniziare il cammino, per questo non esistono veri e propri spunti didattici sul poi, perché il poi é null’altro che scoprire e amare la nostra natura, pratichiamo aikido per scoprire cosa siamo realmente, non per punirci o correggerci per ciò che non siamo! Chiaramente ogni ostacolo avrà bisogno di tempo, pazienza, e di qualche strumento per essere superato, purificare il proprio corpo e la propria mente dalle sostanze inquinanti, tossine fisiche e mentali non é solo un atto di volontà, ma parte da questo e dalla presa di coscienza che indipendentemente dalle circostanze esterne, gli occhi con cui guardarle dipendono da una nostra decisione.
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Aggiungo che l’Aikido, come qualsiasi altra via, non “porta” a questo.
Può portare a questo, così come può portare dalla parte diametralmente opposta, proprio come qualsiasi via [strada] nel mondo fisico, non c’è una direzione preferenziale tra le due a disposizione, chi sta sopra decide.
Ed inoltre, proprio perché stiamo parlando di “natura originale”, per arrivarci bisogna camminare all’indietro, piuttosto che pensare di andare avanti, abbandonare, lasciar cadere, piuttosto che raccogliere, accumulare.
Quanto più saremo e ci sentiremo principianti, tanto più ci staremo muovendo nella giusta direzione.
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