
Quando negli anni Settanta Hiroo Mochizuki sensei fondò lo Yōseikan Budō, la convinzione generale era che non si potesse arrivare avere una conoscenza degli aspetti di diverse arti marziali. L’obiezione che non basta una vita per approfondire una singola disciplina significa non riuscire ad afferrare la vera identità della matrice che esse studiano, né come ciascuna arte sia omogenea ed armonica a tutte le altre matrici marziali, una volta superate le apparenze e posato lo sguardo sull’essenza unica che le attraversa tutte
di ADRIANO AMARI
“… lo Yōseikan Budō mette l’accento sulla relazione diretta, la corrispondenza che esiste tra tutte le tecniche…”
“…lo Yōseikan Budō utilizza i movimenti naturali e logici che inglobano tutti i modi di inviare l’energia attraverso delle onde d’impatto prodotte dalle anche…”
Hiroo Mochizuki sensei, Le Yoseikan Budo – ed. Sedirep, 1979
D.: “Qual è il suo rapporto con lo Yōseikan Budō, disciplina voluta e plasmata da suo figlio Hiroo?”
“Sono molto contento dell’evoluzione compiuta da mio figlio in questo campo: penso sia normale che il figlio modifichi alcune cose del padre, altrimenti non ci sarebbe progresso. Un figlio che ripetesse le cose tali e quali sarebbe un individuo pressocché inutile. Così è la Via, positiva per l’avvenire”.
Minoru Mochizuki sensei – intervista del 1984 uscita su Samurai–
Profilo Storico
Quando, in Europa, alla fine degli anni ’70, apparve sulla scena lo Yōseikan Budō, destò molto interesse la possibilità di poter approfondire in modo organico dei settori diversi e accedere al maneggio delle armi in modo vario e completo.
In reazione, a molti che già gravitavano nel mondo delle Arti Marziali sembrò impossibile che una singola disciplina potesse racchiudere in sé tutte le altre, tutte le varie specialità fino ad allora apparse sullo scenario occidentale, ed altre ancora che lo stesso pubblico non conosceva.
In realtà questa impressione scettica era una idea sbagliata, un preconcetto allora dovuto alla scarsa informazione e all’ancor più scarsa e stereotipata cultura degli occidentali sulle Arti Marziali. Le Arti Marziali giapponesi originarie, quelle del periodo feudale, erano e sono discipline omnicomprensive [1], che coprono tutte le specialità necessarie al combattimento, dalle armi da lancio a quelle da scontro, lunghe e corte, le mani nude e, inoltre, ad altre capacità pratiche come costruire fortificazioni, comunicare a distanza, comprendere i terreni e le variazioni atmosferiche, saper cavalcare, calmare o eccitare l’animo, curare.

Il cambiamento in discipline più tematiche avvenne con l’arrivo dell’era moderna e della occidentalizzazione. In questo scenario delle grandi personalità, tra cui va evidenziato il maggiore esponente, Jigorō Kanō sensei, la nuova idea era principalmente quella di “tramandare lo spirito” del Guerriero, la pratica fisica per la salute del corpo, forgiare il carattere e promuovere la crescita dell’individuo a vantaggio e difesa della società.
In questa visione i vari maestri fondatori, Kanō sensei in testa, disposero che un aspetto della disciplina globale antica fosse portato avanti fra tutti. Così il Jūdō magnificò la lotta a mani nude, il Kendō la scherma con la Spada, il Karate i pugni e i calci, l’Aikidō un sistema di leve e proiezioni.
Ma nessuno di questi era solo “quello”. In ognuna di queste discipline si trovava molto delle altre. Solo per limitarci a citare come esempio sempre il maestro Kanō, questi prevedeva per i suoi jūdōka lo studio della Spada, del Bastone, degli Atemi (i colpi) ed altro ancora. Ma la generazione di istruttori che lo seguirono, e poi quelli che portarono in Occidente le discipline, per un verso o nell’altro – tranne poche eccezioni come Mochizuki ed Abbe sensei – le semplificarono, le impoverirono, per poterle meglio gestire di fronte a un pubblico di allievi condizionato dall’idea della specializzazione sportiva.
Da rimarcare che, al contrario, anche le arti da combattimento storico europeo, Medioevo e Rinascimento, curavano la stessa completezza.
Proprio Minoru Mochizuki sensei raccoglieva, nel costituire il suo Dōjō a Shizuoka [2], l’eredità del Kobudō Kenkyukai di Kanō sensei, l’istituto interdisciplinare che insegnava agli jūdōka il Bujutsu antico e i migliori Gendai Budō dell’epoca [3]. Chi frequentava lo Yōseikan Dōjō veniva incoraggiato a studiare il Jūdō completo ed educativo del fondatore, l’Aikidō di Ueshiba sensei, il Kendō, lo Iaidō, il Bujutsu antico del Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū e dello Shindō Musō Ryū, più diverse tecniche di Jū Jutsu tradizionale. Ogni disciplina aveva il suo orario di corso, poi c’erano degli spazi comuni dedicati al Randori, dove in varie maniere si applicava tutto quello che si aveva appreso.
Nel primo dopoguerra Minoru Mochizuki sensei partì per l’Europa all’interno di una missione culturale giapponese e portò agli europei discipline a loro ignote. Essendo un uomo profondamente inserito nella visione della globalità delle Arti Marziali, plasmò una prima generazione di allievi occidentali con questa mentalità [4].
Il figlio Hiroo si stabilì in Europa nei primi anni ‘60, e lì ideò il passaggio successivo, la ricostruzione nei tempi contemporanei di una scuola completa come quelle dei Samurai dei tempi feudali. Così fu concepito lo Yōseikan Budō, che “venne alla luce” a metà degli anni ’70 [5].
Yōseikan Budō – Generalità
Lo Yōseikan Budō è l’erede legittimo del Kobudō Kenkyukai di Jigorō Kanō sensei, l’elaborazione finale dell’incarico dato a Minoru Mochizuki, un laboratorio di studio dove si compie, da un lato, lo stesso processo di analisi, selezione e strutturazione delle tecniche dalle scuole classiche che fecero lo stesso Kanō e Morihei Ueshiba sensei, dall’altra è un centro di ricerca dove si esaminano e si studiano le Arti Marziali antiche e moderne di tutto il mondo, con particolare riferimento a quelle giapponesi, per comprenderne i principi tecnici e la collocazione storica. Lo Yōseikan Budō attualizza in modo reale o simbolico le stesse tecniche e principi nello scenario moderno. Questo esame ha una connotazione scientifica, in cui si eliminano dalle tecniche eventuali impurità dannose per lo studente e si comprende bene l’ambiente che le ha create e formate, e gli scopi originari.
La diversità di multipli approcci secondo Minoru Mochizuki sensei crea uno spirito d’adattamento veloce e competente, in grado di educare l’adepto a fronteggiare le mutevoli evenienze della vita, avvicinarsi in modo empatico allo spirito universale della Natura identificandone i flussi e fluendo con essi. Il Maestro ritiene che questo sia un importante e unico dono che le Arti Marziali possono donare all’uomo, alla società, all’ambiente in cui vive.
Lo studente Yōseikan studia più Arti Marziali anche perché deve divenire abile a distinguere le singolarità di ogni disciplina e gli elementi che tutte hanno in comune. All’inizio deve stare bene attento a non mischiare gli aspetti unici, ma usarli secondo il campo d’azione e, allo stesso tempo, deve far affluire in un unico continuum, il Randori, tutto quello che è condivisibile. In un secondo tempo, con lo studio, sarà in grado di comprendere come anche quelle “singolarità” siano in realtà anch’esse un’unica cosa e ricavarne un’ulteriore comprensione dei meccanismi. È quanto desideravano tutti i Maestri Fondatori, da Iizasa sensei giù a Hayashizaki Jinsuke, Ittō Ittōsai, Musō Gonnosuke, Jigorō Kanō, Hakudō Nakayama, Morihei Ueshiba, Hironori Ōtsuka e ai grandi seguaci come Toku Sanbō, Kyūzō Mifune, Shimizu Takaji, Sanjuro Ōshima, Ichiro Shiina, Shinji Michihara.
Va anche tenuta in considerazione l’apertura da sempre manifestata dai maestri Mochizuki verso le discipline da combattimento occidentali. Nel suo viaggio in Occidente nel 1950, Minoru Mochizuki sensei ebbe modo di apprezzare la lotta, il pugilato e il pugilato francese, così spronò suo figlio Hiroo a studiare questi sistemi, oltre il Karate di Okinawa e quello “giapponese” [6]. Ed è quello che lui fece con un apprendistato in patria col campione giapponese dei pesi Piuma Noboru Kushida [7] ed uno in Francia con maître Roger Laffond, esperto e ideatore di un metodo di Boxe Francese e Canne de Combat [8].

È interessante notare come la maggior parte di tutti questi grandi interpreti delle discipline da combattimento siano uomini e guerrieri con un ampio curriculum, che comprende diverse zone dell’arte e, nella loro opera di insegnamento incoraggiano l’apprendimento ampio, multiplo. Conoscere più cose, coltivare la cultura, studiare ad ampio raggio. Ben diversa dalla chiusura a riccio che molti esponenti europei scelsero in seguito e, spesso, tuttora perseguono.
Alla fine di quegli anni ’70 in cui Hiroo Mochizuki sensei formò lo Yōseikan Budō c’era un condizionamento generalizzato. Non si pensava che si potesse arrivare avere una conoscenza così completa, che ci voleva troppo tempo, troppo sforzo. L’obiezione che non basta una vita per approfondire una disciplina significa non riuscire ad afferrare la vera identità della matrice che studiano, né come essa sia omogenea ed armonica a tutte le altre matrici marziali, verità che appare evidente appena superate le apparenze e posato lo sguardo sull’essenza unica che le attraversa tutte.
E questo è vero non solo per le Arti Marziali.
Per molti anni noi che praticavamo lo Yōseikan Budō siamo stati a lungo una voce solitaria nel silenzio, o nel contrasto [9]. Poi sono arrivate altre Arti Marziali complete come le scuole cinesi, indiane, del sud-Est asiatico. Poi si è approfondite la ricerca storica sulle scuole antiche. Infine arrivò pure l’MMA. E ci si rese conto che invece era possibile, più che possibile…
Principi, Tecnica, Scopi
L’insegnamento dello Yōseikan Budō, secondo il maestro Hiroo Mochizuki, deve avvenire attraverso un metodo che io definisco “socratico” [10]: l’istruttore, passando tecniche e principi all’allievo, lo fa in modo tale che lo stesso si renda conto da sé di quello che può e vuole fare, e la tecnica si adatta alle caratteristiche psicofisiche dell’individuo.
Ovviamente le tecniche di base devono essere conosciute, l’adattamento dell’allievo non è immediato, ma viene guidato attraverso il corretto apprendimento. Si mostra come le tecniche siano in definitiva semplici, perché non è pratico portar avanti qualsiasi sistema che richieda capacità eccezionali per essere eseguito. I punti dello Yōseikan Budō sono:
- Deve essere efficace e semplice da imparare. Progredendo si raffinano le tecniche e si diventa capaci di eseguirle in modo superiore. Comunque, appena correttamente apprese, le tecniche sono già applicabili con scioltezza: l’insegnamento di base fornisce i “sistemi di sicurezza” perché si possano evitare i danni. Le tecniche sono “operative”, basate su un allenamento che fa “toccare con mano” le abilità man mano acquisite;
- A questo scopo esiste un ampio uso di protezioni e colpitori per saggiare i colpi a mani nude-Atemi e quelli con le armi, mentre la pratica delle tecniche di proiezione, leva e lotta a terra viene saggiata con i classici sistemi di presa. Esistono numerosissime modalità di Randori, di cui la scuola Yōseikan possiede un ampio patrimonio, dalle modalità più vincolate a quelle assolutamente libere [11];
- Le scuole storiche dovevano dare una buona e operativa conoscenza del sistema di combattimento a tutti, un allievo poco capace sarebbe stato un pericoloso vuoto sul campo di battaglia o in un perimetro di sicurezza, per questo l’allievo dotato doveva essere disciplinato e inquadrato in modo da evitare iniziative che potessero mettere in pericolo il gruppo. Di conseguenza una scuola moderna non deve privilegiare il “campione” a scapito degli altri, la crescita è collettiva e l’allievo più anziano di pratica deve impegnarsi a far crescere il compagno più giovane. L’anziano da questa cura ricaverà, a sua volta, non solo la soddisfazione del risultato, ma moltissimi dati sulla propria tecnica, e il suo modo di adoperarla, così migliorandosi;
- Nella pratica a due, nelle forme di combattimento o para-combattimento, il fatto che l’avversario trovi varchi e porti a successo tecniche, rivelando in allenamento i punti deboli, è importante: per questo nel Kendō, chi viene colpito ringrazia l’avversario, che, scoprendo la sua debolezza, gli permette di eliminarla e fortificarsi. La pratica eminentemente sportiva, al contrario, si concentra sui risultati egoistici, il punto a favore, impedendo la crescita oltre “quello che si sa fare di natura”;
- La scuola cerca l’applicazione armonica dei principi Jū e Gō (spingono – tira, tirano – spingi), Aiki e Kiai (spingono – ruota, tirano – entra). Per questo scopo fa un grosso lavoro sulle tecniche dure/positive e realizza una armonia di movimento tra le molte discipline d’Oriente e Occidente;

- Si torna all’idea originale della scuola antica: il guerriero, il praticante, l’atleta, a qualsiasi distanza si trovi dall’avversario, ha sempre un ventaglio di principi e competenze tecniche da usare per continuare lo scontro a suo vantaggio.
Parlando di Principi e Tecnica:
- La Natura è sempre la guida, e l’ente di riferimento. La natura è combattimento, è lotta senza malizia ma accanita. Chi ha “forza” [12] non ha bisogno di combattere strenuamente per vivere, chi è forte non ha bisogno di “sembrare forte” e, in questa finzione, prevaricare e opprimere gli altri. Date le caratteristiche di ognuno, si vuole cercare di incrementarle al massimo. Il proprio corpo è la base della propria vita, occorre potenziarlo con saggezza, evitando di danneggiarlo, preservarlo nel miglior modo per tutto il tempo della propria esistenza. Lo studio dello Yōseikan Budō promuove la bilateralità fisica e mentale, il pensiero trasversale, la scioltezza del fisico, l’intuito e la sapienza strategica.
- Tutti i movimenti del corpo umano sono compresi e avvengono secondo un limitato numero di catene cinematiche diverse. Una volta distinte e apprese, è possibile ordinare tutte le tecniche nella catena corrispondente o, nel caso di un’azione multipla, nella successione di catene tecniche corrispondenti. Questa individuazione dei movimenti comuni tra azioni diverse e la loro classificazione biomeccanica, viene interpretata attraverso il concetto di “Onda-Shock”: il movimento in successione dei muscoli, la detta catena, che si estende dal basso all’alto e dall’alto in basso, o da un lato all’altro, in linea, cerchio e diagonale, viene modulato in un particolare modo adatto a ottenere una conclusione esplosiva. Per ottenere l’effetto-shock occorre il ritorno coordinato di una sezione corporea al momento della espressione finale di forza della catena, in questo modo l’energia viene liberata completamente nel corpo dell’avversario, direttamente attraverso il contatto corporeo o attraverso un’arma. Si ottengono così delle sommatorie di potenza assoluta maggiori della somma dei singoli muscoli.

- Questa conoscenza, e lo studio che vi è legato, permette di ottimizzare il tempo di apprendimento. Inoltre aiuta a creare la coordinazione migliore, più efficace, in ogni azione combinata aprendo e chiudendo le distanze. Le stesse combinazioni scorrono rapide senza perdite di tempo o stop dell’energia, che rimane e viene incrementata da movimento in movimento;
- Viene data attenzione al concetto “distanza”. La maggior parte delle Arti Marziali da combattimento e gli sport tendono a considerare solo la distanza principale in uso nel sistema di gare a loro collegate, prevedendo anche sanzioni per chi cerchi di alterare questo sistema. Anche se consideriamo l’attuale situazione delle MMA, da un punto di vista squisitamente marziale, l’impostazione sportiva esclude una parte della “realtà”, quale l’uso organizzato o improvvisato di oggetti o situazioni di gruppo. Nel sistema Yōseikan Budō la disciplina cerca di poter trovare una risposta e un modo di allenarsi anche in tutti i sistemi e combinazioni possibili, sia sfruttare dei vantaggi di misura o ritmo, sia come cercare di superare un presumibile vantaggio dell’avversario.
- La “forma del corpo” deve essere agile, coordinata, universale – fatte salve le caratteristiche proprie di ogni individuo – in modo sia di esaltare questa individualità, sia di correggere i disequilibri, trovare come colmare i punti deboli. Il Budōka della scuola Yōseikan non deve mai rinchiudersi in una forma o in un pensiero fisso, deve trovare, attraverso la ricerca, la variazione, in accordo con le “filosofie naturali del Taoismo o dell’Alchimia occidentale [13]. Occorre evitare la stasi, non credere mai di essere arrivati, ricercare senza posa e sempre imparare, riciclandosi come “allievo”.
- Un ruolo molto importante viene dato ai Kata, che grazie le conoscenze ereditate dai loro mentori, Minoru e Hiroo Mochizuki sensei, possono essere studiati con le vere chiavi, consentendo la corretta lettura di tutti i loro strati e variazioni.

- Nella didattica, i Kata sono divisi in due gruppi.
Al primo gruppo i Kata di fondamentali, dove in ogni Kata si studia la successione dei movimenti base di un settore (Atemi, Armi, Ne Waza, Nage Waza, Kansetsu Waza) interpretati attraverso le catene cinematiche, in modo da apprenderli in profondità. Nel secondo gruppo i Kata applicativi, i “Kata di Combattimento”, a singolo (che forniscono le “frasi” tecniche, i principi elementari, le tattiche ideali e il modo di formare il “corpo” psicofisico – “Ittai Furi” – della disciplina) e a coppie (chiavi di lettura applicativa dei Kata a singolo, del Kihon e apprendimento di Sen, Ma, Hyōshi, Yomi, e dei principi complessi) [14]; - La Spada è l’arma – totem della scuola, una risorsa preziosa e fondamentale. Benché non sia legata al momento presente, è l’elemento che riunisce tutte le generazioni di praticanti dall’origine delle Arti Marziali a oggi. La Spada costituisce, in tutti i sistemi del mondo, il punto più alto e raffinato delle discipline da combattimento, quello che ne rappresenta con maggior ricchezza gli aspetti filosofici, morali ed etici, la maggiore finezza tecnica e profondità di tutti. La Spada ha un retaggio tecnico che va molto, molto più lontano di quello raggiunto dalle mani nude, è la maniera più sottile di apprendere, quella che va più oltre, in modo più duraturo. Per questo nella scuola Yōseikan e nello Yōseikan Budō il retaggio e l’eredità di scuole come il Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū, l’Ittō Ryū e lo Shindō Musō Ryū, è importante e deve essere attentamente rispettato e studiato. La scuola inoltre studia anche le forme più moderne suggerite dal Kendō e dal Gekiken. Secondo Hiroo Mochizuki sensei, chi maneggia o millanta di saper maneggiare una spada in pubblico, disonora le Arti Marziali e si qualifica come pagliaccio;
- Il Randori è lo strumento finale di verifica dello studio individuale e collettivo. Le tecniche devono essere testate nell’esercizio competitivo in modo che possano essere corretti gli errori che ne inficerebbero l’efficacia. L’esercizio serve anche per verificare le ricerche e stabilirne validità e armonia con quanto già acquisito.

Lo scopo dello Yōseikan Budō è fornire sé stesso come metodo di studio, di lavoro, per la crescita individuale e collettiva. L’analisi dei testi, o delle tecniche, è inteso come conoscenza della sua biomeccanica elementare e di come può essere identificata con altre che hanno la stessa matrice e con quali altre può essere combinata. La tecnica nasce per soddisfare un preciso bisogno tattico e vincere uno scontro, a questo scopo impiega un “principio” e l’abilità fisica e ne viene effettuata la trasposizione su scenari attuali. Questo vuole essere una educazione all’analisi e alla deduzione, così da comprendere la variabilità della natura come movimento continuo di energie e accadimenti.
Alcuni Aspetti Esemplificativi
Lo Shu – Ha – Ri (守 破 離) è un concetto fondante della scuola Yōseikan [15]. Per essa, non è soltanto il percorso dell’allievo dal primo apprendimento fino allo sviluppo personale finale, ma è anche un preciso riferimento alla storia della civiltà, dell’uomo. Ogni generazione ha appreso, inventato qualcosa e lo ha trasmesso alla generazione successiva, che l’ha raccolto, potendo così già partire da un livello superiore rispetto a quello dei padri. A sua volta ha perfezionato delle conoscenze e ne ha trovate altre nuove. E così via. Questo è il progresso, l’accumularsi delle sapienze precedenti e la creazione di altre. Ed è importante il processo di conservazione, e anche di riscoperta, come quello dell’accrescimento, per lasciare ai successori un patrimonio ricco e arricchito, che a loro volta dovranno conservare e incrementare.
Lo stemma della scuola Yōseikan, in diverse fogge secondo le varie linee della scuola, raffigura la montagna – nel caso il Fuji, il monte vulcano sacro – e un corso d’acqua che si snoda lungo i suoi pendii. La montagna rappresenta l’Axis Mundi, i principi naturali ed immutabili, provenienti dal Cielo e che al Cielo tendono a tornare grazie all’Uomo che, attraverso i suoi studi, cerca di ascendere verso la perfezione. L’acqua è l’adattamento alle circostanze, il fluire che trova sempre una via e un modo per modificarsi e scorrere, le variazioni della tecnica che si adattano alle mutazioni dell’avversario, l’uomo che procede con la Natura fino al suo confondersi finale nel Mare.
Lo Yōseikan Budō è un istituto di ricerca, una aula di studi, una disciplina completa.
Un sistema di insegnamento formativo per il nuovo allievo, la possibilità di integrare le proprie conoscenze con altre in modo armonico e funzionale per un praticante già formato.
Un grande progetto che attua le idee di Jigorō Kenō sensei e di molti altri maestri della storia.
Copyright Adriano Amari ©2021
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Note
[1] Per esempio, una delle scuole più note, il Teshin Shōden Katori Shintō Ryū, comprendeva e comprende: Kenjutsu (scherma con la Spada – normale, corta e doppia spada), Iaijutsu (estrazione immediata della Spada), Bōjutsu (scherma col bastone da 1,82 m), Naginatajutsu (scherma con l’alabarda), Sōjutsu (scherma con la lancia), Shurikenjutsu (lancio dei dardi), Kyūjutsu (tiro con l’arco, a piedi e a cavallo), Suiren (nuoto con l’armatura), Jūjutsu (lotta a mani nude), Ninjutsu (controspionaggio), Noroshi (segnali di fuoco e di fumo), Chikujojutsu (costruire, difendere o conquistare una fortezza), Gunbaihō (uso del ventaglio e strategia di guerra secondo i principi taoisti dell’ In-Yō), Tenmon-Ichi (divinazione ed uso della topografia secondo i principi taoisti), Injō Kigaku (interpretazione dei fatti e della loro possibile evoluzione), Hōjutsu (medicina taoista). Le scuole più antiche in genere hanno un curriculum che comprende diciotto diverse discipline, secondo una teoria della numerologia taoista. Le più moderne hanno meno settori, ma comunque comprendono sempre un’arma principale, altre armi d’appoggio, tecniche a mani nude.
[2] Fondato il 6 Novembre 1931, con la presenza di Morihei Ueshiba sensei, dell’ammiraglio Isamu Takeshita e del generale Miura.
[3] Articoli sul Kobudo Kenkyukai sul blog Aikido Italia Network
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/10/06/dal-kodokan-judo-al-kobudo-kenkyukai-evoluzioni-nel-pensiero-di-jigoro-kano-sensei/
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/11/30/dal-kodokan-judo-al-kobudo-kenkyukai-ii-kano-sensei-e-la-sensazione-dellincompletezza-del-judo/
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/12/28/kobudo-kenkyukai-iii-per-la-completezza-del-judo-e-oltre/
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2021/01/19/kobudo-kenkyukai-iv-leredita/
[4] Articoli su Minoru Mochizuki, l’Aikidō Yōseikan e l’Aikibudō sul blog Aikido Italia Network
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/04/23/minoru-mochizuki-il-maestro-del-xx-secolo/
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/07/15/aikido-yoseikan-la-scuola-che-non-ha-conosciuto-il-doshu/
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2021/02/10/aikibudo-laikido-non-aikido/
[5] Nel 1975 Hiroo Mochizuki sensei creò la Féderation Francaise de Yōseikan Budō (F.F.Y.B.). Il 16 Settembre 1978 venne fondato a Parigi il Centre International de Yōseikan Budō (C.I.Y.B.), prima organizzazione internazionale della disciplina. Poco tempo dopo, il 15 Ottobre, veniva fondata a Verona la Federazione Italiana Yōseikan Budō (F.I.Y.B.). Oggi, in Italia, esistono tre organizzazioni diverse di Yoseikan Budo
[6] Hiroo Mochizuki sensei studiò dapprima Shōtōkan nel 1955 con il maestro Hyogo e poi, dal 1959, Wadō Ryū con il maestro Michihara. Fu il primo giapponese ad insegnare il Karate in Europa e dalla sua opera nacque l’eccellenza del Karate francese.
[7] Pugile attivo dal 1942 al 1953, peso Mosca (104 incontri 60 v, 24 p, 19 par).
[8] Anche lui personalità dinamica che ha ampliato il panorama tecnico di queste discipline francesi.
[9] Io, autore di questo articolo, ho iniziato la pratica nel 1979, allievo diretto del maestro Hiroo Mochizuki. In più occasioni ho ricevuto insegnamento anche da Minoru Mochizuki sensei. Mi sono molto impegnato per la diffusione dello Yōseikan Budō in Italia e in Sicilia, mia regione di appartenenza, di cui sono stato e sono il direttore tecnico del settore. Ho fatto numerosi studi attraverso i quali ho molto approfondito storia, principi e tecnica della scuola Yōseikan, tenendo lezioni ai corsi di formazione istruttori e Dan in Italia e all’estero. Sono Direttore Tecnico nazionale Italiano per lo Yōseikan Budō nella organizzazione internazionale World Martial Kombat Federation (pagina Facebook 真 YŌSEIKAN BUDŌ MKS ITALIA). Ho scritto numerosi articoli e dispense sullo Yōseikan Budō, la scuola Yōseikan e altre Arti Marziali.
[10] Concetto ripreso anche da Albert Einstein: “Io non ho mai insegnato ai miei allievi; ho solo cercato di fornire loro le condizioni in cui possono imparare”. Nello stesso nome, Yōseikan Budō, è contenuto questo principio socratico (vedere l’articolo del 04/03/2021 – TRADUCIAMO IN MODO CORRETTO “YŌSEIKAN BUDŌ” (e KI) – sul mio blog:
https://filodelpensieroadrianoamari.blogspot.com/
[11] In quest’ultimo caso, si tratta dei combattimenti “reali” che il maestro Henry Plee denominava “Kakuto Bugei”. Un prossimo articolo sarà dedicato al Randori secondo Koryu, Gendai Budō e secondo la scuola Yōseikan.
[12] La vera forza è un’espansione dal proprio centro “Chikara O Desu”, forza fisica e mentale, si estende dal Seika Tanden o “Centro del Corpo”, nella direzione dell’applicazione della tecnica. È diversa dalla forza muscolare o quantitativa.
[13] Questa ricerca è compito dei maestri più anziani e più addentro nella comprensione della disciplina, supportati dagli altri maestri ed istruttori, esattamente come un moderno istituto di ricerca universitaria. C’è, ovviamente, una differenza tra allievo, istruttore e maestro, con differenti competenze.
[14] Vedere l’articolo sul Kata sul blog Aikido Italia Network
https://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/2020/06/23/kata-il-grande-incompreso/
[15] Dettagliamo qui una spiegazione dello SHU HA RI:
- SHU significa seguire, imparare o obbedire. In questa fase lo studente organizza il suo apprendimento sull’imitazione del movimento e dell’esecuzione delle tecniche da parte dell’insegnante e degli studenti senior. Occorre copiare nel modo più preciso, senza soggettivizzare. Ci si concentra per assimilare questi movimenti poco familiari nel loro stesso essere e si deve aderire rigorosamente alle basi.
- HA significa rompere o allontanarsi. In questa fase, lo studente ha già sulle spalle un lungo periodo di tempo di allenamento, sta perfezionando le tecniche fino a quando non saranno assimilate fino all’osso. La costante ripetizione dà vita e significato alla tecnica, consentendo di dare una interpretazione.
- RI significa lasciare o partire. In questa fase lo studente ha fatto propria la tecnica ed è diventato parte integrante di essa. In questo momento lo studente forma una propria visione della scuola, consolida il proprio stile.
Si veda anche l’articolo “Lo Shu di Shu – Ha – Ri” sul blog “Il Filo Del Pensiero”