Waka Sensei – Intervista a Moriteru Ueshiba


1983_MoriteruUesh_RomaLa seguente intervista condotta da Simone Chierchini con il Doshu dell’Aikido mondiale Moriteru Ueshiba fu originariamente pubblicata su Aikido dell’Aikikai d’Italia nel 1982 dopo la visita dell’allora Giovane Maestro (Waka Sensei) al Dojo Centrale di Roma

di SIMONE CHIERCHINI

Alcuni giornali hanno intervistato Waka Sensei Moriteru Ueshiba durante il suo soggiorno romano in occasione degli stages di Roma e Mantova ai quali hanno partecipato 240 aikidoisti. Pubblichiamo volentieri l’intervista effettuata per Aikido da Simone Chierchini, 2 Kyu del Dojo Centrale.

CHIERCHINI
Maestro, quali sono le sue impressioni sulla città di Roma?

UESHIBA
Questa è la seconda volta che vengo a Roma e devo confessare che per la seconda volta ne sono rimasto grandemente impressionato. La città mi è piaciuta, mi ha specialmente interessato dal punto di vista storico; nei momenti di libertà mi sono dedicato alla visita dei monumenti grazie ai quali Roma riesce a far respirare a chi vi si reca l’antica grandezza.

CHIERCHINI
Lei venne a Roma sette anni fa insieme al Doshu Kisshomaru. Quale è il suo giudizio sugli aikidoisti italiani in rapporto alla sua precedente esperienza romana?

1983 - Roma - Con Moriteru Ueshiba Sensei e H. Hosokawa Sensei 
1983 – Roma – Simone con Moriteru Ueshiba Sensei e H. Hosokawa Sensei

UESHIBA
Quando sono venuto a Roma sette anni fa l’aspetto preminente fu quello turistico. L’aspetto aikidoistico fu secondario, dal momento che la mia presenza era solamente in funzione dell’assistenza al Doshu Kisshomaru. Questa affermazione non mi impedisce peraltro di affermare che, rapportandolo al livello di sette anni fa, l’Aikido italiano è sicuramente cambiato, cambiato in meglio. Il lavoro in Italia del Maestro Tada e dei suoi assistenti, seguendo gli insegnamenti e le direttive dell’Hombu Dojo, che d’altronde ha molto fiducia in loro, è stato sicuramente molto proficuo. Gli aikidoisti italiani per capire e migliorare sempre più nella tecnica e nella Via devono semplicemente seguire l’insegnamento del Maestro Tada: infatti gli insegnanti dell’Hombu Dojo sono i più affidabili e qualificati.
Se ripenso al mio viaggio di sette anni fa, posso trovare un altro mutamento: e precisamente la maturazione avvenuta in me.

CHIERCHINI
Ritiene che vi siano nuove prospettive per lo sviluppo mondiale dell’Aikido dopo la fondazione dell’IAF, la Federazione Internazionale di Aikido?

UESHIBA
Certamente. Il primo compito della federazione unitaria dovrà essere quello di realizzare l’amicizia tra gli aikidoisti di tutto il mondo. Questo collegamento prima non aveva luogo in quanto ogni nazione aveva la propria federazione. Adesso l’assemblea della IAF comprende i rappresentanti di ogni nazione aikidoistica. Con il tempo l’Aikido, in virtù dell’unione che diverrà sempre più salda, si svilupperà sempre di più dal punto di vista tecnico. Infatti sarà possibile seguire una linea didattica unitaria che si deve basare sull’insegnamento del Kaisho, il Fondatore. La IAF dovrà diffondere, proteggendolo, l’Aikido di O’Sensei, e questo ritengo debba considerarsi il suo fine precipuo.
È necessaria tuttavia una precisazione riguardo alla figura del Kaisho, per evitare un’accusa di immobilismo: Kaisho è O’Sensei, ma Kaisho sono anche Doshu e Waka Sansei. Kaisho non è una entità distaccata, al di fuori dalla realtà aikidoistica, dal momento che Kaisho è un’idea incarnata in un personaggio che si trasmette di generazione in generazione, con una graduale evoluzione. Questa, in ogni caso, dovrà sempre guardare come punto di partenza ineliminabile alla via mostrata da O’Sensei, perché il suo è il vero Aikido.

CHIERCHINI
Maestro, quale messaggio, quale insegnamento si è proposto di comunicare nel dirigere questi stages italiani?

UESHIBA
Nel corso degli stages di Roma e Mantova ho incentrato il mio impegno, la mia attenzione sull’insegnamento delle tecniche di base, che nell’Aikido sono fondamentali. Devo però precisare che questa mia particolare insistenza non è dovuta ad una carenza di base riscontrata negli aikidoisti italiani: credo che ogni aikidoista, a prescindere dalla nazionalità, debba applicarsi specificamente nelle tecniche di base. Se si può parlare di messaggio, questo è quello che ho voluto lanciare, in perfetta rispondenza alla didattica che normalmente adotto in Giappone.

CHIERCHINI
Esiste un criterio nel programmare i suoi stages all’estero?

UESHIBA
No. Gli stages all’estero non vengono fissati in anticipo. Lo scorso anno ne ho tenuto negli Stati Uniti, questo anno sono venuto in Italia. Per l’anno prossimo non si è ancora stabilita una sede, bisogna vedere se si presenterà una sede acconcia.

CHIERCHINI
Che cosa ricorda più volentieri della sua esperienza americana?

Moriteru Ueshiba sul tatami del Dojo Centrale di Roma

UESHIBA
L’Aikido praticato negli Stati Uniti non differisce granché rispetto a quello europeo o giapponese. L’aspetto che ricordo con più piacere é una situazione che si stacca nettamente dalla mia esperienza di tutti i giorni: se come in Giappone l’allenamento è serio e impegnativo, negli Stati Uniti invece, al di fuori di esso tra gli aikidoisti si instaura subito un rapporto di sincera amicizia che ho sentito nei miei confronti profondamente espressa con intensità particolare anche qui in Italia. Questo fatto in Giappone trova difficilmente eguali.

CHIERCHINI
In che rapporto si trova l’Aikikai giapponese con le altre arti marziali?

UESHIBA
In Giappone ciascuna arte marziale segue una propria strada, l’una indipendente dall’altra; non esiste una federazione che le raggruppi. Normalmente quindi esse sono separate, ma non divise, i rapporti sono buoni, amichevoli, al punto che ogni anno al Budokan le singole federazioni si riuniscono per compiere assieme un congresso e una manifestazione.

Pubblicato nel 1982 da “Aikido”, Aikikai d’Italia

Copyright Simone Chierchini © 1982-2011
Tutti i diritti sono riservati. Ogni utilizzo non espressamente autorizzato é proibito


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