
L’opera prima di Angelo Armano “Psicologia dell’Aikido – Fare Aikido con Anima”, uscita all’inizio del mese scorso [2011], fa ora bella mostra di sè sugli scaffali delle librerie italiane, seguita ovunque da buoni riscontri di critica e di vendite. Abbiamo incontrato Armano Sensei, uno dei co-firmatari di Aikido Italia Network, e gli abbiamo chiesto di spiegarci il suo speciale approccio psicologico all’Aikido
di SIMONE CHIERCHINI
CHIERCHINI
Come sei arrivato all’Aikido, Angelo? Cosa ci fa un avvocato sul tatami?
ARMANO
Avevo appena compiuto 18 anni ed ero iscritto al primo anno di Giurisprudenza quando vidi i manifesti di una scuola d’Aikido. Eravamo nel mese di Febbraio 1972. Non sapevo che cos’era, conoscevo il Judo e mi sarebbe piaciuto fare Karate. Quando vidi l’esibizione dimostrativa mi dissi che era troppo complicato, ma ero appena caduto dalla moto e le agili cadute degli aikidoisti mi convinsero che era il caso di provare. Non ho più smesso…
Cosa ci fa un avvocato sul tatami? Rispondo: chi ci dovrebbe stare sul tatami, i SEALS? O i professionisti, ma di che? L’aikidoista è un artista che cura un’arte speciale, quella di vivere pienamente. Mi è stata riportata di recente un’affermazione di Morihiro Saito: “La vita di un aikidoista poggia su tre gambe: un lavoro, famiglia ed amici, la pratica dell’Aikido”. Quanto all’avvocato il mio mestiere è quello del penalista, che è molto diverso da quello del civilista. Un civilista scrive e ha tempi lunghi per meditare, contestare, ribadire. Il penalista vive il rito dell’oralità. Tutto accade qui ed ora, in maniera imprevedibile, dove i limiti procedurali subiscono spesso forzature e la creatività dovrebbe aiutare. Non c’è un dopo. Semmai una rivincita…più zanshin di così.
CHIERCHINI
Come si inquadrano il tuo interesse per l’Aikido, la pratica dello yoga e l’esperienza della meditazione, tutte parti importanti del tuo vissuto?
ARMANO
Come sono finito nella pratica dello Yoga e della meditazione? Chi conosce l’Aikikai d’Italia può agevolmente capire. Shigemi Inagaki shihan, capo istruttore del Dojo di Ibaraki mi chiese cosa mi aveva conservato nello studio dell’Aikido; non ebbi esitazioni a rispondere: “È stato il carisma del maestro Tada”. La personalità complessa di Tada sensei mi ha rafforzato verso lo studio dell’interiorità. Aggiungiamo che l’altra grande passione della mia vita, la psicologia (mio primo esame a giurisprudenza ed unico trenta e lode) si appaiava con la strada orientale al mondo interno.
L’etimologia di Yoga ha profonda affinità con l’ideogramma Ai di Aikido. Entrambi alludono alla congiunzione, alla riunione di ciò che è separato. Quello che pensa pure Jung. Eminenti personalità dello Yoga ed il Fondatore dell’Aikido, nelle argomentazioni fondamentali parlano la stessa lingua. Aggiungo che il mio maestro di Yoga è stato il dott. Francesco Lusvardi, che era un grande budoka, aikidoista della prima ora. Abbinava la sua preparazione scientifica di medico e primario a Mantova, con l’amore per l’occulto. I cosiddetti puristi dello Yoga lo guardavano perplessi, parlavano di Yoga da trincea perché insegnava vestito di un keikogi e con la cintura nera. Il suo livello di comprensione era altissimo. L’intensità delle sue pratiche non di meno.

Uno yogi indiano vivente, Desikachar, ben conosciuto dagli addetti ai lavori, negli anni scorsi ha parlato con devozione di suo padre che era stato tra l’altro il maestro di Yoga del famoso Iyengar, dicendo che era capace della straordinaria performance di fermare il cuore. Per queste prestazioni gli yogin indiani si preparano con cura e le eseguono distesi. Lusvardi lo faceva in piedi, senza preparazione, facendoti sentire in contemporanea sia il suo polso che la carotide, per escludere qualsiasi trucco. Una volta ci volle far “toccare con mano” cosa sia l’energia vitale, il prana, che tanto più si addensa quanto più rasentiamo la morte. Ci fece unire le mani in una catena che comprendeva anche lui e poi preannunciò che avrebbe trattenuto il respiro (a polmoni vuoti, il cosiddetto rechaka kumbhaka) per un minuto, fermando contemporaneamente il cuore. Io fui attraversato da un flusso come di corrente elettrica, da cui fui emotivamente molto “scosso”.
Faceva molte altre cose strane, di cui non parlo per non essere frainteso, ma non perdeva mai il suo approccio scientifico e men che mai il suo buon umore. Quando finiva ciò che il linguaggio razionale contemporaneo poteva spiegare, lui perfettamente a suo agio si inoltrava dicendo: “Qui comincia il mistero…”.
CHIERCHINI
Il tuo percorso marziale è ormai prossimo a raggiungere il quarantennio. Raccontaci un ricordo, un aneddoto dai tuoi anni di primo apprendistato.
ARMANO
Ricordo con nostalgia gli anni 76/77 quando ero primo kyu, praticando nel vecchio Dojo Centrale dell’Aikikai d’Italia di Via Eleniana, a Roma dove ho vissuto grazie ad una borsa di studio dell’Istituto Diplomatico Mario Toscano. C’era tanta gente che ora non c’è più. C’era pure un ragazzetto che è andato molto avanti nell’Aikido e che oggi fa il mio intervistatore.
Quel clima è irripetibile.
CHIERCHINI
Bei tempi… Adesso il tuo rapporto con l’Aikikai d’Italia si è allentato, come per tanti altri colleghi.
ARMANO
La mia militanza in Aikikai d’Italia continua solo perché insegno in un ex dojo del mio maestro Pasquale Aiello, col suo beneplacito, e quello che più mi preme è di mantenere quello spirito di awase tra i suoi allievi ed i miei, come se si fosse sempre lo stesso ceppo. Considero il mio primo maestro una persona preziosa, dalla quale mi fa piacere che i miei allievi continuino a trarre ispirazione ed esempio.
CHIERCHINI
Come nasce il tuo interesse per l’Iwama Ryu? Cosa ti ha portato a studiare Takemusu Aikido style?
ARMANO
Non molti sanno che il maestro Ikeda Masatomi, che ha insegnato l’Aikido in Campania, considerava con grande rispetto il buki waza di Iwama, e la riflessione sul kihon era un suo cavallo di battaglia. Il maestro Aiello, ospitando in casa sua per anni il maestro Ikeda, gli fece da partner in questi allenamenti, sedimentandone una tutt’altro che trascurabile conoscenza. Il primo approccio a queste forme lo devo proprio a lui, che mi ha sempre incoraggiato a confrontarmi con maestri e stili diversi. Cosa che ho puntualmente fatto, caso pressoché unico tra i suoi studenti.
CHIERCHINI
Come è stato il tuo incontro con Saito Morihiro Sensei?
ARMANO
Quando mi sono avventurato da Saito sensei, mi sono sentito completamente in off side. Era un modo del tutto diverso di insegnare e praticare, da ciò a cui ero abituato. Ricordo che ad Ostia, nell’ultimo suo seminar in Italia, ebbi l’improntitudine di sedermi in prima fila. Il maestro Saito amava mostrare una copia del libro Budo di Osensei, dalle cui fotografie si evinceva che lui ne replicava le tecniche in maniera fedele. Si avvicinò per mostrarle proprio a me…
CHIERCHINI
In che rapporti sei con Paolo Corallini Shihan, che ha scritto per te una bellissima presentazione per Psicologia dell’Aikido?
ARMANO
Di Paolo Corallini mi ha affascinato la sua profonda conoscenza esoterica e la capacità di farne un tutt’uno con la pratica dell’Aikido, con ciò meglio illustrando le intenzioni del Fondatore. La sua signorilità ed il calore della sua amicizia mi hanno legato molto a lui, innanzitutto sul piano personale. Ha una memoria prodigiosa, ricordando tecniche viste anche una volta soltanto. Gli debbo veramente tanto delle evoluzioni recenti del mio Aikido.
CHIERCHINI
Dopo tutto questo camminare, cosa chiedi all’Aikido oggi?
ARMANO
Di essere quello che ne voleva il Fondatore, ovvero un ponte per unire e non un universo fatto da “monadi senza finestre”, dove ognuno mira a costruire il suo personale approccio, esclusivo di quello degli altri, appoggiandolo su una cultura tradizionale giapponese di devozione incondizionata al maestro, tanto anacronistica quanto lo è fare Aikido oggi, senza un’attitudine interiorizzata. Gratitudine e civismo sono indispensabili, a patto però di non portare i cervelli all’ammasso.
CHIERCHINI
Il tuo libro offre una prospettiva sull’Aikido del tutto originale: narraci del tuo avvicinarti alla psicologia.
ARMANO
A ventitre anni, in significativa coincidenza con l’ottenimento della cintura nera di Aikido, certe domande sull’esistenza si fecero pressanti, persino struggenti. Cominciai così a pagare il conto di quell’altra passione che avevo fin da studente liceale ed entrai in analisi, dove rimasi a lungo… Oggi la psicologia ed in particolare la psicologia del profondo, sono un asse portante della mia visione del mondo. Naturalmente ogni psicologia fonda su una metapsicologia, che è innanzitutto filosofica. Da qui lo studio della filosofia.
CHIERCHINI
Fare Aikido con anima: illustra la tua scelta del titolo della tua opera prima. Da dove proviene l’idea?
ARMANO
Dalla scoperta che Osensei era proprio uno psicologo. Ci sono delle espressioni del Fondatore che sono esplicite ed inequivocabili. Il parallelo con lo Zen serve a capire il tessuto culturale in senso generico, ma la trama dell’Aikido con lo Zen vero e proprio non c’entra. Chi ha vissuto accanto al Fondatore è piuttosto netto. Shigemi Inagaki sensei che è persona molto agreable ed allievo diretto di Ueshiba in Iwama da quando aveva 12 anni, l’ho visto irrigidirsi solo una volta: per smentire il parallelo tra lo Zen e l’Aikido. La visione di Osensei è proprio una psicologia, nel senso profondo, una psicologia trascendentale come la ipotizza Massimo Cacciari nel suo saggio: Della cosa ultima (Adelphi). L’interiorità dell’uomo è l’anima, dove albergano i suoi temi fondanti: la vita, la morte, il senso delle cose, la gioia, il dolore, il destino, la trascendenza… L’Aikido può essere un modo per dare pienezza ed intensità a tutto questo, oppure per ottundere il quadro fino a non capirci niente. Dipende da quanto conta la visione e l’esperienza di Osensei nel peso specifico del nostro Aikido.
Attenzione, con ciò non voglio letteralizzare che l’Aikido di Osensei è l’Aikido di Iwama; il Takemusu Aikido è un tesoro prezioso, un momento di confronto forse imprescindibile per chiunque faccia Aikido, ma era Osensei stesso ad invitarci all’individualità:
“Ognuno ha uno spirito da coltivare, un corpo da allenare in qualche modo, un sentiero opportuno da seguire”.
È il principio di individuazione di Jung trascritto in termini marziali. Se l’allievo più fedele di Ueshiba non fosse stato Morihiro Saito, ma un’altra persona con caratteristiche diverse, probabilmente avrebbe enfatizzato altre cose, ne avrebbe dato un’altra lettura. Ciò non toglie che se non ci fosse stato Saito Morihiro, avremmo dovuto inventarlo.

CHIERCHINI
In una panorama editoriale aikidoistico che nel corso degli anni si è arricchito di decine volumi sulla nostra arte, alcuni eccelsi, altri impresentabili, la tua opera va ad occupare una nicchia ancora non esplorata, e lo fa con efficacia. Spiega ai lettori di Aikido Italia network quale è l’approccio del tuo libro.
ARMANO
L’Aikido ci insegna ad apprezzare le cose impalpabili, è la via diretta al mondo dello spirito, tramite la sana relazione con gli altri, esorcizzando la conflittualità che la vuole impedire. E nello spirito di ognuno, come in quello di ogni maestro, possono esserci cose preziose. Guardiamo alle forme, ma guai a letteralizzarle. È antipsicologico e ci preclude lo scopo.
“L’Aikido non ha forme perché è lo studio dello spirito”.
CHIERCHINI
Quando sei partito con il tuo progetto editoriale, a quali lettori intendevi parlare?
ARMANO
È un voler portare coscienza all’interno del fenomeno Aikido, per una pratica che riconosca il contesto in cui viviamo e come l’Aikido possa recare giovamento, senza confondere ulteriormente le idee, creando un guazzabuglio o togliendo energie preziose ad altre occupazioni vitalmente necessarie. “Primum vivere, deinde philosophare”. Per questo non possiamo prescindere da noi stessi, dalla nostra realtà: attuale, culturale, tradizionale. Solo così possiamo capire come eventualmente l’Aikido ci giova oppure non ci giova.
Mi rivolgo agli aikidoisti, ma non meno agli psicologi-psichiatri che analogamente ai preti, molto spesso l’anima non sanno neanche dove “sta di casa”. E mi rivolgo anche a chi non ne sa nulla, perché prenda eventualmente in considerazione l’idea di intraprendere un coraggioso, necessario viaggio all’interno di Sé, giovandosi pure della determinazione dell’Aikido.
CHIERCHINI
In una parte fondamentale di Psicologia dell’Aikido tratti del tema “come distinguere le tecniche vere dalle false”. Puoi spiegarci cosa intendi?
ARMANO
La tecnica vera è quella che coimplica coscientemente mondo interno e mondo esterno. Decisivo è l’avverbio coscientemente, come necessario momento meditativo sul significato umano, anzi umanistico e persino oltreumano… non solo sull’efficacia della tecnica. La coordinazione della forma esteriore con l’energia interna la troviamo pure nel Daito ryu (ed anche altrove), che non si pone però gli obbiettivi psicologici, spirituali ed ideologici dell’Aikido. Ma meglio sarebbe dire di Osensei.
CHIERCHINI
La tua psicologia nell’Aikido: se è possibile sommare lo studio di un intero libro, sintetizza per noi il concetto.
ARMANO
La psicologia del profondo parte dal presupposto di costanti nella natura umana (archetipi) verificabili nella concordanza di temi mitologici, indipendentemente da ogni latitudine e persino dall’isolamento geografico-culturale. Il tema della discesa agli inferi vale per Orfeo come per Izanagi, ed il senso attuale di tutto questo in relazione all’arte marziale, ci viene esplicitato proprio da Ueshiba.
Lo studio delle espressioni verbali di Osensei, proprio come avviene in un’analisi personale – ma non è neanche necessario arrivare a tanto – ci da piena conferma che l’obbiettivo è la profondità interiore, l’integrazione dell’inconscio.
“Sincero cuore! Coltivalo in te stesso, per realizzare la verità profonda di Noto e Ignoto in uno”.
E ancora:
“Potreste domandarvi qual’è l’aspetto più importante dell’allenamento dell’Aikido. È il saper guardare dentro voi stessi, nella parte più intima della vostra anima”.

CHIERCHINI
Un’altra parte estremamente originale del tuo lavoro è una chiara definizione dei rapporti fra Aikido e alchimia.
ARMANO
È stato Jung a chiarire come l’armeggiare dell’alchimista nel suo laboratorio e gli scopi veri o fittizi che si prefigge, siano un acting out, una metafora di un processo interiore e di fini spirituali. La fabbricazione dell’oro dagli scarti, la pietra filosofale, sono essenzialmente un tentativo di aggiogare la determinazione dell’ego, i cui fini non sono sempre encomiabili, ad un obbiettivo più grande, salvifico. Già qualche alchimista più consapevole ammoniva che “aurum nostrum non est aurum vulgi”, e non è forse un’operazione alchemica prendere i gesti della distruzione e farli divenire i gesti dell’Amore?
CHIERCHINI
Cosa ti aspetti da Psicologia dell’Aikido? Quali sono i tuoi progetti futuri?
ARMANO
Una delle cose che mi ha insegnato l’Aikido è proprio quella di non aspettarmi nulla, ma di incontrarmi con quello che viene, sforzandomi di non respingerlo. Il mio progetto è di lavorare alla maggior conoscenza di quello che ha fatto e intendeva Osensei, di lavorare per un Aikido ed insegnarlo, nel senso che tento di tratteggiare col mio libro.
Copyright Simone Chierchini ©2011
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Psicologia dell’Aikido. Fare Aikido con Anima
Armano Angelo
Prezzo online: € 14,25
2011, 140 p., brossura
Editore Valtrend

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