
Circa un mese fa AIN ha pubblicato l’editoriale di Simone Chierchini Le “Idee” di Platone e il Taisabaki del Gambero, cui oggi fa seguito (come ormai da tradizione) il puntuale contrappunto di Angelo Armano sul medesimo tema, ma anche assai oltre…
di ANGELO ARMANO
Caro Simone,
possiamo anche abolirlo questo titolo, perché a molti “duri e puri” viene il disgusto di questi temi in ambito marziale. Non è il mio caso, che ad essere duro e puro ambirei non poco…
Così raccogliendo finalmente l’invito da te fattomi, provo a fornirti un contrappunto a quel tuo articolo, la cui metafora è un corretto paragone filosofico, nell’ambito del pensiero di Platone.
Platone non è un invito a nozze (generalmente scanso i matrimoni…), ma qualcosa in più: uno degli assi portanti, probabilmente la pietra angolare del mio edificio interiore nel quale nutro amore (fileo) per Sofia (la saggezza); femmina e pure intensa!
Non è un amore pensato, fatto di erudizione, ma sofferto, vibrante e palpitante alla stessa maniera di quando, senza appellarmi alla tradizione, voglio risolvere qui ed ora un problema sul tatami. Provando, rischiando, senza sapere prima come va a finire.
Naturalmente per lungo tempo, tanto lungo, troppo…ho anch’io affidato tutto il mio Aikido alle soluzioni precostituite, fidando che da loro -e solo da loro- avrei conseguito l’obbiettivo.
Oggi non mi regolo più così.
Allora potresti dire tu, e qualcun’ altro che si sia degnato di leggere le mie riflessioni nel tempo, Angelo Armano si contraddice, ripudia molte delle sue posizioni anche recenti e pure una sana filologia.
Per nulla!
La mia posizione attuale è proprio il frutto di una filologia coraggiosa, spregiudicata, tutta tesa a “guardare in trasparenza” le forme a cui disciplinatamente mi sono sottoposto e continuerò a sottopormi, ma con un essenziale capovolgimento di impostazione. Le forme sono uno specchio in cui riconoscere e affinare la mia interiorità, olisticamente ad un esercizio del corpo.
Ma il prius è l’interiorità, è l’Anima di chi pratica; non lo dico da psicologo, ma da marzialista.
Se non fosse apparso l’uomo chi avrebbe mai detto che quadrato, triangolo e cerchio sono forme sacre? E chi avrebbe mai parlato di idee (la cui radice etimologica è idein, infinito del verbo orao che in greco significa vedere, da cui il senso di immagini interne, con le quali lavorare)?

Ma ancor più sono e mi sento discepolo di Platone, nell’accettare pienamente l’identità del buono con il bello! E nella scelta delle forme, attraverso le quali procedere nella conoscenza dell’Aikido, e in qualsiasi altra forma di amore-conoscenza, io andrò sempre dove mi porta il cuore, dove sentirò il buono che mi piace, e il bello del buono. Sempre rispettoso dell’autorevolezza di chi si propone, mai del mero ipse dixit.
La parola estetica viene da aisthesis che implica quell’oh! di stupore, quel respiro spontaneamente trattenuto di fronte alla bellezza. Quel vissuto può arrivare -nientemeno!- ad essere il punto d’arrivo dello Yoga, il famoso sat chit ananda (essere, conoscenza, beatitudine), che alcune pratiche di quella disciplina provano a farci assaggiare, attraverso l’attenzione per il respiro e le sue pause, provocate o meno. Anche per una disciplina ascetica come lo Yoga, quella bellezza è un faro.
La dottrina dell’Anima, i cui valori sono: bellezza, saggezza e verità, è un altro caposaldo della filosofia di Platone, e nell’essere marziali, nel fare Aikido in particolare, l’ultima cosa che possiamo fare è metterla da parte. Osensei non ce lo consente:
“Il budo è una strada divina… la base del vero, del buono e del bello. Riflette l’assoluto e illimitato lavoro interiore dell’Universo”. Più filosofico, più psicologico, più platonico di così, O Sensei non potrebbe essere! Confermandoti caro Simone, che sei nel giusto da aikidoista, a rivolgerti a Platone.
E’ l’anima che gusta delle idee originarie, degli archetipi per dirla con Jung che altrettanto platonico era. Le belle forme, le belle idee, le belle “tecniche”, possono compensare le brutture riequilibrandoci, divenendo persino terapeutiche, e sebbene possiamo essere tentati di collocare l’Iperuraneo in qualche sfera celeste, è solo attraverso l’interiorità che possiamo averne percezione. E’ dentro di noi che acconsentiamo al bello, riconosciamo il bello. Quindi anche le forme dell’Aikido, quelle che per alcuni sono le forme sacre, la Bibbia, solo attraverso l’interiorità possono venire fecondamente intese.
In quel libro che con tanto affetto tu hai recensito intervistandomi, a pag. 19, io metto vicine due espressioni di Morihei Ueshiba; la prima, la più tradizionale, denuncia già la visione evolutiva e non fissa o “fissata”, di quello che noi addetti ai lavori chiamiamo kata. Non è quella forma, e solo quella a dispetto di un’altra, che ci evolve.
“Anche se il nostro cammino è completamente diverso dall’arte dei guerrieri del passato, non è necessario abbandonare totalmente le antiche tradizioni. Assumiamo le venerabili tradizioni marziali nell’Aikido vestendole di abiti nuovi e prendiamo a fondamento gli stili classici, per cercare nuove e migliori forme”.
Siccome sulle parole si può arzigogolare sofisticamente (e avrebbe pure una sua dignità, fatto da un Gorgia), prima di imbarcarci su una polemica nominalistica, prendiamo subito in esame l’altra espressione e compariamola:
“L’Aikido non ha forme predeterminate perché è lo studio dello spirito”.
Come la mettiamo?
Soprattutto perché non è un’espressione isolata, in quanto Ueshiba Morihei Okina (il vecchio Osensei) rincara la dose:
“L’Aikido è partire dalla forma per far sparire la forma”.
Se aggiungessimo una colonna sonora un po’ solenne, il discorso dovrebbe finire qua.

Poiché amo O Sensei, ma come ho detto sopra non mi faccio soggiogare dall’ipse dixit, proseguiamo nella disamina dell’argomento.
“Il segreto dell’aiki, è di sovrastare mentalmente l’opponente in un battito di ciglia, e di vincere senza combattere”.
Potrebbe apparire tranquillamente anche questa una espressione del Fondatore, ma non lo è!
Se maestro è colui che ci insegna o ci ha insegnato qualcosa, allora è il maestro di Ueshiba che parla. E ho scelto un “carattere” diverso proprio a voler rappresentare plasticamente, esteticamente la diversità di personalità, tra Sokaku Takeda e Morihei Ueshiba, pur in accezioni talmente simili…da sembrare identiche.
Non è questa la sede in cui mi dilungherò nei dettagli delle fondamentali differenze, soprattutto dal punto di vista dell’interiorità, tra Aikido e Aikijujitsu. Il terreno comune però è tanto evidente, quanto generalmente disatteso nella pratica dell’Aikido!
Di quali forme ci serviamo per strutturare il corpo, è un problema relativo, come dice il demone (alias Issai Chozanshi) nella sua “diceria sulle arti marziali”. E’ fondamentalmente una questione di scelta, di gusto, di estetica.
Quello di cui non si può fare a meno assolutamente è il lavorio interiore.
Andiamo allora al santuario delle forme, alla didattica del grandissimo Saito Morihiro.
Pensiamo per un attimo ad alcune delle caratteristiche del kihon: uke mi prende forte (alcuni dicono al 70%) ed io, utilizzando angoli e leve riesco a fare la tecnica, la forma prefissata.
E’ uno schema che ha una sua utilità, ma domandiamoci a cosa serve per davvero.
A mio giudizio, serve a rassicurare il principiante che non è dogmatico essere sovrastati da chi ha più forza di noi, e che abbiamo delle risorse anche se siamo spaventati.
Soddisfatto questo livello e servendocene pure per esercitare il corpo, per confrontarci con degli stilemi, siamo lontanissimi da una benché minima possibilità di applicazione reale.
Se, al solo scopo di fare un esempio, tori si sposta con un movimento angolare rispetto ad uke che lo fronteggia, per quale motivo chi mi fronteggia non può spostarsi a sua volta, proprio per continuare a fronteggiarmi?
E siamo daccapo!
Problematiche di questo tipo sono all’origine della proliferazione delle tecniche, dei loro dettagli e dei diversi livelli elementali (terra, acqua fuoco, aria…) in un discorso che si frantuma sempre più, all’inseguimento della conoscenza perfetta che, esclusivamente per questa via, non arriverà mai. Su questo stesso livello, i diversi ryu del jujitsu potenzialmente pari sono.
E’ ovvio anche per me, che continuo a studiare le forme e i loro dettagli, in proporzione diretta all’incidenza della corporeità nella mia pratica di Aikido, che però, guarda caso, …è lo studio dello spirito.

“Parola del Signore!” come enfaticamente ripete una persona a me cara, alias Paolo Corallini shihan. Non a caso lui che la sa lunga, ripete anche: “Aikido ga goriteki desu” (L’Aikido è razionale.), aggiungendo poi a voce più bassa “Quello visibile…”.
Allora se è lo stesso Saito sensei, riportato da Paolo, a dire senza mezzi termini:
“Se il peso di uke non va a finire completamente sulle punte dei piedi o sui talloni le tecniche di Aikido sono inapplicabili.”, come facciamo a portare questo peso nei punti indicati? Tirando o spingendo? E uke che fa, sta fermo? Non reagisce? Ci compiace?
Se ci fermiamo alle forme, siamo daccapo un’altra volta! Nel mondo delle idee, non quelle platoniche, ma nelle più mentalistiche astrazioni…
Cos’è che fa saltare a piè pari questa aporia, ponendoci in un livello completamente diverso (e pur mai definitivo di possibilità), rendendo plausibile sia lo studio dello spirito, sia l’ennesima espressione di Morihei Ueshiba:
“Quanto più progredisci, meno tecniche ci sono. La Grande Via non ha percorso.”?
Quella dannata parolina (non il mero flatus vocis, ma tutto il suo back ground) che al pari del kihon, deve essere da subito e contemporaneamente alle forme, oggetto di riflessione e di pratica:
AIKI.
Copyright Angelo Armano© 2013
Ogni riproduzione non espressamente autorizzata dall’autore è proibita
Che meraviglia leggere articoli scritti in un italiano che ormai solo pochissimi sanno usare. Indipendentemente dai concetti , sicuramente stimolanti e a mio parere condivisibili, trovo che lo studio dell’etimologia e della filologia conduca ad una maggiore conoscenza del nostro se e trovo che lo spunto di riflessione sull’estetica sia un vero capolavoro che capovolge la comprensione di un’emozione che nasce in ognuno di noi e che spesso nella nostra disciplina, pur trovando molto spazio nel “nascosto” delle nostre menti venga invece assurdamente repressa in nome di un machismo che ritengo decisamente fuori luogo. Bravo Angelo , non vedo l’ora di conoscerti di persona e di ascoltarti davanti a un buon vino bianco ghiacciato.
[…] (1) http://aikidoitalia.com/2013/04/08/a-proposito-delle-idee-di-platone/ (2) http://aikidoitalia.com/2013/03/02/le-idee-di-platone-e-il-taisabaki-del-gambero/ (3) Gli […]