La Diceria del Demone sulle Arti Marziali ed Altri Racconti


La Diceria del Demone sulle Arti Marziali
La Diceria del Demone sulle Arti Marziali

La Diceria del Demone sulle Arti Marziali ed Altri Racconti
Recensione dal saggio di Issai Chozanshi, tradotto in inglese a cura di William Scott Wilson.
Published by Kodansha International Ltd. and Kodansha America, Inc.

Nel 2009, in occasione del mio primo viaggio in Giappone, in attesa di imbarcarmi sul volo della Japan Airlines di ritorno a Roma, in una libreria dell’aeroporto trovai questo volumetto in inglese, che fin da subito mi ha fornito delle notizie, immediatamente trasfuse in un mio piccolo divertissement pubblicato col titolo “Voyage en Orient” e sottotitolo “Il Tengu”, sul website Aikido e Dintorni di Luigi Branno.

Il luogo della luce crepuscolare
Il luogo della luce crepuscolare

Quel mio breve articolo era emozione pura, legata al fatto di essere stato iniziato al Giappone da Paolo Corallini, di aver visitato un luogo così carico di mistero ed energia come la cima del monte Atago, con l’annesso jinja, raffigurazioni del Tengu, mantra e tamburi, di essermi infine sincronisticamente imbattuto nel libro, così scopertamente inerente e significativo.

Non sapevo allora che sarei tornato altre due volte sulla cima dell’Atago: nel 2010 da solo, risolutamente ascendendo a piedi dal paese alla cima, volendo gustarmi tutte le sensazioni e le associazioni del mio intimo, fermentando quelle idee che poi sarebbero divenute il libro “Psicologia dell’Aikido. Fare Aikido con Anima” pubblicato da Valtrend nel 2011; nel 2012 infine, del tutto inaspettatamente condottovi da Hirosawa sensei, che mi ha fatto il dono di voler condividere con me su quella cima, il sito e il vissuto di un’atmosfera appartata, per lui particolarmente significativa sul piano personale profondo.

Questa premessa che mi riguarda troppo, e della quale mi scuso nei confronti del lettore, vuole solo dare contezza del come mai solo oggi mi induca a recensire questo testo, che ritengo decisivo ai fini di una comprensione significativa delle arti marziali, partendo dalla spada, e, ritengo, date anche le circostanze, dell’Aikido in particolare. E’ dopo quell’excursus che me ne sento adeguatamente motivato.

William Scott Wilson, che ne ha curato la traduzione, ha fatto la stessa cosa anche per due altri testi capitali sull’arte della spada, questi ultimi tradotti in italiano e pubblicati entrambi dalle Edizioni Luni:

Sogni” di Takuan Soho e “La spada che da la vita” di Yagyu Munenori: le pietre miliari della spada giapponese!

E’ del tutto evidente che ho giocato a parafrasare Gesualdo Bufalino e la sua “Diceria dell’untore” in quanto gli untori altrettanto che i demoni, sono sicuramente personaggi immaginari -e ti pare poco!- ma con conseguenze non di semplice fantasia, come storicamente certifica il “Processo della colonna infame”, o letterariamente ma non troppo, Fedor Dostoevskij.

Gioia  profonda
Gioia profonda

Invece, a confermarcelo è proprio il curatore della traduzione nella postfazione al libro (afterword), narrandoci della sua ascesa al monte Kurama vicino Kyoto, visitato anche da Osensei, e di aver chiesto ad un’addetta al Kurama dera (il tempio dedicato al demone, del tutto analogo a quello del monte Atago) se avesse incontrato mai un tengu.

La risposta, apparentemente impregnata di humor inglese, più che di ritrosia giapponese fu: “Not yet…”.

Ma nondimeno è proprio Issai Chozanshi a chiarirci -e qui sta la simpatica mistificazione orientale- che la narrazione riportata nel libro è stato solo un folding screen (paravento), di uno spadaccino risvegliatosi da un sogno…

Non basta scomodare Freud e la sua psicologia da positivista scientifico, per capire che quella ermeneutica è la più idonea a trarre partito da un testo del genere. Occorre qualcosa in più, come una psicologia aperta al mistero, magari uno junghismo scientificamente ben temprato come direbbe Mario Trevi, il maestro in psicologia di Umberto Galimberti, per intendere la sostanza e il senso di questo testo. A significarcelo è ancora il curatore (residente in Giappone ed espertissimo di spiritualità-marzialità giapponese) utilizzando tra gli altri espressamente i termini: coscienza, archetipi, anima (soul).

L’excursus mitologico del testo, attraverso il vero e proprio psicodramma messo in scena, ci certifica che non ci si può attestare su una mera filologia spirituale o squisitamente marziale per cogliere il midollo di quanto scritto. Non viene tratteggiata o rappresentata una tecnica marziale che sia una, e tutti i riferimenti spirituali, tra gli altri al buddhismo e a un certo tipo di zen, vengono approcciati dal punto di vista del vissuto interiore di chi ci si imbatte.

Ma ancor più del curatore, il mentore evocato di questa “new mentality or psychological approach” risulta essere nientemeno che il santo-folle della spada giapponese: Myamoto Musashi dal suo Libro dei cinque elementi.

Il demone tra immaginazione e realtà
Il demone tra immaginazione e realtà

“Quando guardi il mondo, le varie arti sono state confezionate come capi da vendere. Parimenti una persona si concepisce come qualcosa in vendita e anche gli attrezzi di queste Vie sono proposti come mercanzia. Questa mentalità divide il fiore dal frutto e pratica meno dal frutto che dal fiore. In questa Via delle Arti Marziali in special modo, la forma diviene ornamento…uno parla di questo o quel dojo che insegna questa o quella Via, con lo scopo di trarne profitto”.

E ancora più sarcasticamente:

“…insegnando le maniere di maneggiare la spada, le posizioni del corpo o della mano. Sei in grado di capire come vincere attraverso queste cose?”.

Non abbiamo bisogno dell’era moderna per “sublimare” verso l’approccio psicologico il duro e periglioso cammino delle arti marziali. Niwa Jurozaemon Tadaaki (1659-1741) il cui pseudonimo letterario è appunto Issai Chozanshi, era samurai del feudo di Sekiyado collocato nelle vecchia provincia di Shimosa, attualmente divisa tra le prefetture di Chiba ed Ibaraki (nord a partire da Tokyo); in corrispondenza o non lontano quindi dai santuari della spada di Katori e Kashima.

Non meno di Musashi, Chozanshi vive ed opera nell’epoca della tremenda effettività delle arti marziali.

Allora è questo il contesto in cui il libro “…cerca di collocare l’artista marziale decisamente su un cammino interiore, un cammino di indipendenza, spontaneità e semplicità…In altre parole se lo studente riesce ad interiorizzare l’essenza di tutte le arti marziali, può perseguire la maestria attraverso qualsiasi stile abbia scelto, con fiducia ed impegno. Lo scopo non è la competenza tecnica, ma la trasformazione”!

Con questa magica parola densa di presentimenti e di significati, Carl Gustav Jung nel 1912 pubblicava un testo (Simboli della trasformazione) che l’avrebbe irrimediabilmente separato dall’ortodossia freudiana, facendogli intraprendere quel cammino (A dangerous method) che l’avrebbe portato ad essere anticipatore di ben oltre un secolo della coscienza diffusa.

Copyright Angelo Armano© 2013
Ogni riproduzione non espressamente autorizzata dall’autore è proibita

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