Questo articolo è stato scritto dopo una pressante richiesta da parte di un maestro di karate 7° dan (di cui non faccio il nome), il quale mi chiedeva di interpretare il Dojokun del Karate alla luce delle mie conoscenze aikidoistiche. Ho accettato, ma non so se ho fatto bene!
di RINO BONANNO
Pur non essendo un karateka ma un praticante di Aikido e come tale cultore del Budo, ci è sembrato doveroso una sistematizzazione dei principi spirituali che sottendono all’arte del Karate sebbene non sia il mio specifico campo, ma affinchè i praticanti di questa arte marziale abbiano una consapevolezza più chiara dei principi a cui noi maestri ci ispiriamo ed a cui gli allievi stessi possono attingere per realizzare la loro vita spirituale in un contesto a prima vista fisico diamo vita a queste nostre fatiche. Questo lavoro di organizzazione dei principi nasce dal nostro studio personale delle arti marziali giapponesi e della cultura giapponese nei suoi aspetti storici, artistici, religiosi e filosofici.
L’origine del Dojokun risale all’origine delle arti marziali. Il primo Dojokun lo dobbiamo a Bodhidarma del monastero di Shaolin. Col tempo e confortati dalle esperienze dei Maestri fondatori come Funakoshi, Kano e Ueshiba si è addivenuti a principi definiti per ogni arte e che aiutano il praticante a superare gli ostacoli interiori della Via del Budo. Si comprende che il Dojokun non è una mera elencazione di principi a cui sottostare, ma al contrario è una spinta pratica all’esercizio della giusta condotta.. Il Dojokun è il “trait d’union” tra la filosofia della Via e l’esercizio della forma con l’intento che le conoscenze acquisite con la pratica non rimangano solo a livello dell’intelletto ma che abbiano una valenza ed un contenuto nel comportamento. E’ il punto nodale della pratica spirituale senza la quale il Budo è solo forma.
Non bisogna vedere i principi del Dojokun solo teoricamente ma come ispiratori all’esercizio di un giusto atteggiamento. I principi del Dojokun fanno sì che si possa perseguire un unico obiettivo: la crescita spirituale di un individuo ( non divisibile, unito) in rapporto a sè stesso, agli altri uomini, alla vita ed al mondo intero. In definitiva i principi che sono cinque danno informazioni riguardo alla collocazione dell’allievo nel mondo. Si deve probabilmente al Maestro Sukagawa di Okinawa il Dojokun del Karate adottato poi dalle varie derivazioni del Karate originario.
I cinque principi che regolano il cammino spirituale dell’adepto ed il suo sviluppo in sintesi regolano:
il rapporto con sè stessi
il rapporto con il mondo
la giusta aspirazione
l’etichetta della condotta
l’agire non violento
Si noti appunto come letteralmente vi sia una corrispondenza con:
cerca di perfezionare il carattere
percorri la via della sincerità
rafforza instacabilmente lo spirito
osserva un comportamento ineccepibile
astieniti dalla violenza e acquisisci autocontrollo
Riportiamo il Dojokun del Karate che normalmente viene recitato alla fine di ogni lezione al fine di tenere a mente i principi ispiratori:
Da sinistra a destra e la cui traduzione è stata già fatta sopra riportiamo la versione giapponese:
Hitotsu! Jinkaku kansei ni tsutomuru koto!
Hitotsu! makoto no michi o mamoru koto!
Hitotsu! doryoku no seishin o yashinau koto!
Hitotsu! reigi o omonzuru koto!
Hitotsu! kekki no yu o imashimuru koto!

Spiegheremo più dettagliatamente i cinque principi in linea generale e poi in modo più particolareggiato tenendo presente che ogni principio ne comprende altri specifici e che spesso all’occhio inesperto dell’allievo passano come semplici frasi dette dai Maestri, ma che invece si iscrivono come sottoclassi del primo livello, dato che ogni frase può essere racchiusa in una delle precedenti. Ad esempio esplicativo spesso l’allievo nel Dojo pronuncia la parola Oss senza sapere che fa parte del quarto principio e cioè “osserva un comportamento ineccepibile – onora l’etichetta”.
Hitotsu! Jinkaku kansei ni tsutomuru koto! Cerca di perfezionare il carattere!
Questo principio si riferisce al rapporto che l’allievo ha con se stesso. Sta a significare che non è sufficiente solo la perfezione a livello corporeo o della forma del karate. Richiama a rendersi conto di numerosi aspetti devianti del carattere: egoismo, presunzione, autostima eccessiva o vittimismo. E’ necessario questo lavoro pratico dato che il corpo ha una fine mentre lo spirito ed il carattere possono continuare a crescere. Questo principio come abbiamo detto ne racchiude altri sei espressi come è abitudine dei Maestri giapponesi attraverso delle frasi:
Ichi michi issho – Un giorno, una vita
Meikyo shi sui – Uno specchio limpido riflette la verità
Kenjo no bitoku – La forza reale nasce dalla modestia
Todai moto kurashi – C’è buio ai piedi di un faro
Ken Zen ichi – Spada e Zen sono una sola cosa
Ri no shugyo, waza no shugyo – L’allenamento austero dello spirito è l’allenamento austero della tecnica
Passiamo alla spiegazione dei sottoprincipi ricordando che si iscrivono nel primo principio del Dojokun, quello che indaga sul rapporto con se stesso:
1.Ichi michi issho (Un giorno, una vita):
Lo scopo della vita non è perseguire il benessere economico, questo crea ansia e preoccupazioni e ci si allontana dal senso della vita. Non si pratica per uno scopo: è nell’arte stessa lo scopo. Nonostante i modelli devianti dell’attuale nostra società è buona regola non applicarli alle arti del Budo….ricordo che quando avevo 18 anni il M° Hiroshi Tada (Direttore Didattico dell’Aikikai e allievo diretto oltre che di Ueshiba anche di Gichin Funakoshi con cui conseguì il grado di cintura nera 4° dan) spesso diceva: “ L’Aikido si fa senza scopo “. Pur non capendo a quel tempo che intendesse dire, con la pratica le cose mi sono diventate chiare. L’asservimento ad uno scopo impedisce finalità più alte. L’importante è trasferire un proprio contenuto a ciò che si fa e non si fa per ottenere….e poi una vita può durare un solo giorno.
2.Meikyo Shi sui (Uno specchio limpido riflette la verità):
E’ necessario essere trasparenti e limpidi, essere uomini di onore. La disonestà fa perdere onore e rispetto. Ciò che diciamo deve essere mantenuto e seguito da un’azione giusta.
3. Kenjo no bitoku (La forza reale origina dalla modestia):
Nonostante molti perseguono il potere e così porsi sugli altri a proprio vantaggio questo non realizza una vera forza. L’autoaffermazione nasconde pozzi neri e vuoti da colmare. Chi persegue le proprie manie di grandezza, immature offre ai non dormienti solo un quadro interiore estremamente primitivo, tanto più nocivo se radicato in dirigenti politici dove allora la situazione si colora di pericolosità ( …come è attuale tutto questo! ). Non è forza reale…..invece la modestia come antagonista dell’Ego fa scaturire la forza interiore, ci permette di scacciare i demoni dell’arroganza e della superbia. La modestia ci porta alla pace ed all’armonia ( ….come è attuale tutto questo! ) perchè consapevoli di qualcosa che ci unisce come essere umani.
4. Todai moto Kurashi (L’oscurità è ai piedi del faro):
Tutti vorrebbero essere il faro che illumina gli altri e questo ci riporta al concetto del potere…solo che molti non si rendono conto che ai loro piedi per quanto si ergono, alla loro base c’è l’oscurità. Siamo in un mondo di falsi fari che trasformano gli istinti più bassi come forieri di luce ( basta accendere la televisione ). Una luce forte proviene dagli strati più intimi della propria persona…non dimentichiamolo!
5.Ken Zen ichi (La spada e lo Zen sono una sola cosa):
Si deve al monaco Takuan nella sua famosa lettera detta Taiaki e inviata a Yagyu Munenori rappresentante della Yagyu ryu questa frase che sta ad indicare come la vera unità si deve alla fusione di Ri e waza, cioè di spirito e tecnica. Takuan intendeva dire che solo l’apprendimento della parte corporea sarebbe stato un
insuccesso, perchè la maggior parte degli adepti non è disposta allo spirito. Anche qui si propugna l’idea di liberarsi dal proprio Io affinchè non vi sia più Zen e Ken..allora apparirà sia il Ken che lo Zen perchè la spada è rivolta ad uccidere il proprio Io. Non si tratta di vincere avanzando o indietreggiando, ma di vincere conservando la propria posizione, e questo è possibile solo svuotandosi dai desideri come una montagna inamovibile. E conclude: “ In uno spirito totalmente privo di pensieri ed affanni neanche una tigre saprebbe dove porre gli artigli “.
6. Ri no shugyo, waza no shugyo (Studio dello spirito e studio della tecnica):
Superando l’Io e non facendosi fagocitare dai moti interni ( emozioni, desideri, pregiudizi ) si è liberi, si ha una consapevolezza inconscia che vale a dire una incoscienza inconsapevole. Qui nasce il vero guerriero a mio avviso. La vera maestria in un’arte è se si è padroni dello spirito e della tecnica
7. Hitotsu! makoto no michi o mamoru koto (Segui la via della sincerità):
Questo principio si riferisce al rapporto tra l’uomo e il mondo circostante.
Nel cammino verso un fine è necessario un’equilibrio armonico tra se stessi e le circostanze esterne. La comunicazione viene meno se il comportamento è errato, egoistico o superficiale. Se si pretende più di quanto si dà o viceversa si promette e non si mantiene o peggio ci si propone grandi cose, ma si conclude poco, allora si suscita l’indignazione degli altri inficiandone il rapporto che diventa superficiale e non più sincero. Solo nella via della sincerità fra esterno e interno l’uomo può essere libero.
Tale principio ne racchiude altri nove:
1 Dojo nomino Karate ta omou na: Il Karate non si pratica solo nel Dojo
2 Karate wa gi no tasuke: Il Karate aiuta la Giustizia
3 Fugen Jikko: Le tue azioni parlano per te
4 Gassho: Sii riconoscente
5 Mizu no kokoro: Spirito come l’acqua
6 Wazawai wa getai ni shozu: La sventura è figlia della disattenzione
7 Koe naki o kiki, katachi naki o miru: Il non-suono che puoi udire e la non-immagine che puoi vedere
8 Setsu do motsu: Sii forte e comprendi quando cedere
9 Mazu Jiko wo shire, shikosite tao wo shire: Prima conosci te stesso, poi l’altro
Spieghiamo questi sottoprincipi che fanno capo al secondo precetto: Difendi la via della verità e che analizza il rapporto con il mondo.
1 —–Dojo nomino Karate ta omou na (Il Karate non si attua solo nel Dojo):
Questo principio si trova all’ottavo posto del Nijukun ( venti precetti ) elaborato dal M° Funakoshi. Sta a significare che l’esercizio della tecnica nel Dojo non è più importante dell’esercizio della sua condotta interna nella quotidianità. Il progresso nelle arti marziali non è il risultato esclusivo della tecnica. Il segreto è nella propria condotta interiore. Nel Budo conta solo il valore di cui un praticante dà prova nella lotta contro se stesso.
Non dimentichiamo che Dojo non significa solo “luogo dove si pratica la Via” ma più dettagliatamente “luogo dove si uccide l’Io”.
2——Karate wa gi no tasuke (Il Karate aiuta la giustizia): E’ un principio che si trova al terzo posto del nijukun. L’esercizio nelle arti marziali crea uno spirito che serve anche alla giustizia nel quotidiano. Una giustizia fondata solo sulle leggi, ma priva di un pensiero giusto e di un comportamento giusto non ha molto valore.
3—Fugen jikko (Le tue azioni parlano di te):
E’ inutile discutere privi del senso del realismo. Alla base di un’affermazione deve esserci cognizione e non solo teoria vacua. E’ innegabile che il mondo attualmente è più pervaso di parole e di opinionisti senza che essi abbiano cognizione pratica di ciò che affermano. E’ una saggezza facile esportata quotidianamente nelle nostre case ( sic! ) dai mass media.
4—-Gassho (Sii riconoscente):
Gassho è un gesto che deriva dal Buddhismo Zen. Consiste nell’unire le mani davanti al petto con gli avambracci orizzontali, le spalle rilassate e le mani verso l’alto. Ci si concentra sul Tanden e si predispone l’animo ad una sensazione di riconoscenza ( genitori, divinità, vita ). Senza il senso di gratitudine saremmo solo animali. E’ un gesto che gli aikidoisti compiono all’inizio ed alla fine di ogni lezione.
5—-Mizu no kokoro (Uno spirito come l’acqua):
Lo spirito di un guerriero è chiaro e limpido come la superficie di un lago. Questa superficie riflette tutti gli accadimenti nel proprio ambiente, così l’esperto di arti marziali è in grado di decifrare naturalmente le azioni del suo avversario e di conseguenza sarà capace della giusta azione. Se la mente è offuscata da pensieri e illazioni si diventa come un lago la cui superficie è percorsa dalle onde. In tal caso privi delle giuste cognizioni l’agire risulterà errato. E’ un concetto che si ritrova spesso nei testi tradizionali, come l’Hagakure o il Gorinnosho di Musahi o del monaco zen Takuan quando si rivolge a Yagyu.
6—Wazawai wa getai ni shozu (Le sventure accadono per disattenzione):
La disattenzione è nemica della concentrazione e di conseguenza di tutti gli obiettivi. Per essere un buon guerriero bisogna avere una consapevolezza desta e vigile, e tutto sarà possibile.
7—-Koe naki o kiki, katachi naki o miru (Il non rumore che puoi udire e la non immagine che puoi vedere):
Con un austero allenamento un Maestro può mettersi in condizione di percepire cose e situazioni per la cui percezione non basta uno spirito attento. Qui entriamo in un’altra dimensione in cui si riesce a differenziare tra più stimoli sensoriali l’essenziale dall’inessenziale. Pensate alla scena del film di Kurosawa “ I sette samurai “, quando uno di loro prima di essere sottoposto al test del bastone, ride e non varca la porta. Qui è necessario un allenamento profondo affinchè si riesca a sentire il ki intorno a noi: è come creare intorno a noi una sfera impalpabile e rendersi conto di chi la infrange o di chi vuole infrangerla. Il M° Tada Hiroshi spesso ci diceva che dovevamo ascoltare con “ le orecchie dello spirito “.
8—–Setsu do motsu ( Sii forte, ma consapevole di quando cedere ):
Ci comportiamo in modo opportuno quando c’è equilibrio interno tra sentimenti e superamento dell’io. Quando ci sopravvalutiamo dobbiamo sempre mostrare una forza che non abbiamo e così si distruggono i propositi che ci eravamo prefissi sulla Via. Bisogna praticare l’etichetta del Rei che ci porta al rispetto e quindi all’esercizio della giusta condotta. Chi demolisce le cose degne di rispetto si colloca in una posizione debole. E’ necessario inchinarsi ed uccidere il proprio Io se si vuole progredire nella Via. Accettare questo e cedere all’inchino, per esempio dimostra forza e capacità di liberarsi dall’io.
9—-Mazu jiko wo shire, shikoshite tao wo shire ( Conosci te stesso, poi l’altro ):
Tutti pensano che la propria opinione sia quella esatta. Non si dovrebbe dire agli altri ciò che è giusto o sbagliato se non abbiamo trovato la verità in noi stessi. E’ necessario conoscersi a fondo ed avere uno spirito aperto e non specialistico in un solo ambito. Lo spirito concentrato in una specializzazione vieta di aver una visione più grande ed è il contrario della maturità. Purtroppo questi specialisti nel mondo odierno vengono spacciati per modelli da seguire nonostante siano poi inadeguati. Se conosco me stesso posso dare agli altri e spingermi alla comprensione, come recitavano anche gli antichi: “ Nosce te ipsum “.

Hitotsu! doryoku no seishin o yashinau koto! Rafforza instancabilmente lo spirito
Questo principio si riferisce alla realizzazione dell’uomo in relazione ai suoi obiettivi di vita personali. Il principio significa anche “ Cura il tuo spirito di ambizione “: E’ legato indissolubilmente al primo e secondo principio in quanto qualsiasi obiettivo non può essere perseguito se non si ha un comportamento maturo, al fine di evitare effetti erronei. Essere ambiziosi con una condotta interna positiva può dare benessere anche a chi ci circonda.
Questo principio ne racchiude altri sei:
1. Mosshoseki (Non lasciare traccia dietro di te):
E’ il consiglio a vivere in naturalezza come un uccello che non lascia traccia nel cielo o un pesce nell’acqua. Essere naturali non si esplica nè nell’aggressività, nè nella passività. Nello Zen c’è lo stato della “ prima naturalezza “ cioè quella del lattante che ha tutte le porte aperte e quella della “ seconda naturalezza “ che deve essere elaborata. L’autoconsapevolezza non permette la sopportazione come quella animale che deve adattarsi alle circostanze che gli sono assegnate dalla natura. La vita conscia dipende dal divenire e dai nostri obiettivi. Eppure anche la vita consapevole deve fare i conti con la sua origine naturale. La vita umana matura su due coordinate: apertura nell’aspirazione e conservazione nell’amore. Mosshoseki si riferisce all’equilibrio tra i due poli di destinazione: dipendenza dalla natura e autonomia consapevole. “ Non lasciare tracce “ significa che l’individuo ( non divisibile, cioè unico ) deve considerare le esigenze personali con modesti e autocontrollo. Chi è in preda all’egocentrismo, dipendente dai propri desideri e avidità si pone al centro del mondo ( ne abbiamo parecchi esempi in politica ), arroga a sè ciò che appartiene agli altri o agisce in modo da pregiudicare gli altri. Tali individui non vivono in armonia con le basi vitali esistenti. Lasciano una traccia dietro di loro ( Goseki ) e in ragione della mancanza di rispetto delle regole prime della vita producono danni.
2. Hito kome, hito ase (Un chicco di riso, una goccia di sudore):
Rappresenta l’idea che un’arte marziale non può essere appresa come una scienza, ci vuole una giusta condotta e soprattutto la capacità al sacrificio. Non bisogna pensare puntando
subito in alto agli obiettivi, tralasciando ciò che è in basso e soprattutto ciò che si ottiene viene sudando.
3. Ko gaku shin (Mantieni lo spirito aperto all’apprendimento):
E’ compito dell’allievo creare in se stesso le premesse giuste che lo mettano in condizione di apprendere ( Jitoku: vantaggio per se stesso ). Non pretendiate di sapere però ciò che è giusto o errato imparare. Avere fiducia in chi è più avanti nella via è la cosa giusta da fare. Nel Budo non vi sono gerarchie di progresso al di sotto dello status di Maestro. Parliamo di comprendere la Via e questo non è raggiungibile in tappe. Il progresso è legato alla vicinanza stessa del Maestro ( ishin deshin ). L’importante è essere aperto all’ascolto.
4. Do mu kyoku ( Un’intera vita senza limiti ):
Se si prende in considerazione il perfezionamento interiore allora non vi sono limiti nell’esercizio del Budo. Ancora oggi questa è la differenza tra Budo e sport. Nel Budo la perfezione tecnica ( Shosa ), almeno in Giappone non viene apprezzata particolarmente. La dimensione di cui parliamo è diversa. Richiede un lungo periodo di maturazione spirituale sotto la guida di un maestro della Via. Solo così si può capire “ un’intera vita senza limiti “. Nel Budo c’è un’espressione che è “ ikken-hissatsu “: indica la tecnica ben affinata, ma significa “ uccidere in un sol colpo “. Non si intende l’atto materiale, ma nell’interpretazione filosofica il Maestro utilizza tale espressione per indicare l’azione che origina dall’agire puro, autentico. Attenzione perchè è una meta irraggiungibile dato che si lega al concetto di assoluto, al superamento dell’ultimo limite. ikken-hissatsu nella pratica include sempre il Sundome ( attenzione ), cioè la capacità di fermarsi due centimetri prima di colpire l’obiettivo. Hikken-hissatsu e Sundome sono i due poli della capacità d’azione dell’uomo. Efficacia e controllo vanno a braccetto. L’esecuzione di tecniche prive di efficacia o concentrazione ( noi in Aikido diciamo senza kokyu ), induce ad un atteggiamento interiore sbagliato.
5. Nana korobi ya oki ( Se cadi sette volte, devi alzarti otto volte ):
Fu Bodhidharma ad enunciare tale principio insegnando nel tempio di Shaolin. Non bisogna aver paura di sbagliare. Non dobbiamo sentirci paralizzati, perchè ne risentirà il progresso. Bisogna osare, sbagliare, imparare, rialzarsi e continuare.
6. Karate wa yu no goto shi taezu netsudo wo ataezareba moto no mizu ni kaeru ( Il vero karate è come l’acqua bollente, si raffredda se non provvedi a mantenerla sempre calda )
Questo è l’undicesimo principio del Dojokun. Il M° Funakoshi intendeva dire che il progresso si ottiene con regolarità e costanza dell’esercizio.
Hitotsu! reigi o omonzuru koto! Onora i principi dell’etichetta
La giusta condotta di comportamento rende l’individuo degno di fede, aperto e semplice. Contribuisce a mantenere l’armonia nelle relazioni interpersonali. L’etichetta permette di comunicare ad un altro individuo di essere pronto, nell’ambito del giusto, ad una reciproca comprensione. Il M° Funakoshi definì la cortesia come la base di ogni educazione ed il saluto ( Rei ) come il simbolo più importante. I praticanti che oltraggiano il saluto con la propria negligenza, si dimostrano persone immodeste, egoiste e non capaci di adattamento.
Karate-do wa rei ni hajimari, rei ni owaru koto wo wasuruna Il karate-do comincia nel rispetto e finisce nel rispetto
Senza cortesia il senso del Karate viene meno! E’ uno dei principi del M° Funakoshi che lo pone al primo posto nel Nijukun. In tutte le scuole tradizionali l’etichetta viene osservata alla lettera. L’esercizio senza etichetta aprirebbe la strada alla violenza e ad un concetto distorto di Budo. L’espressione simbolica del giusto comportamento nel Dojo è il saluto (Rei) attorno al quale si sviluppa l’intera etichetta comportamentale (Reigi-saho).
Omoiyari Prenditi cura sinceramente degli altri
Tradotto alla lettera significa “riflessione sincera” e si riferisce alla giusta comprensione dei problemi degli altri. Da tale esercizio si sviluppa l’amore universale (Jin). I praticanti di un Dojo dovrebbero incontrarsi sempre con “omiyari”, con spirito di benevolenza.
Oshi shinobu osu Sii paziente con te stesso e gli altri
Lo scopo del Karate è quello di consentire a ciascun praticante il superamento dei propri limiti fisici e psichici. Bisogna progredire passo dopo passo con pazienza e costanza
Osu Aspirazione e pazienza
L’Osu ( Oss,Uss) spesso nel karate viene usato come suono che accompagna il saluto. L’Osu è la resa fonetica di due ideogrammi cinesi. Il primo significa “cozzare” ( dare una botta) e simboleggia l’atteggiamento per cui una persona si impegna a superare i problemi quotidiani con il proprio agire. Il secondo significa “soffrire” e designa la capcità a tenere duro nelle situazioni difficili. L’Osu comprende per questo due opposti( l’aspirazione e la pazienza) che tuttavia fusi portano ad una vera condotta. Nel dojo si usa l’Oss quando si saluta il Sensei o i compagni oppure come segno che si è capito e che si è d’accordo.Se un praticante ne fa uso nel Dojo segnala che è pronto a conformarsi allo spirito dell’Osu.
Hitotsu! kekki no yu o imashimuru koto! Rinuncia alla violenza
Se un praticante di arti marziali è in grado di arrecare danni agli altri e usa questa capacità è un essere indegno e pericoloso.
Karate ni sente nashi Nel Karate non c’è chi attacca per primo
Pur essendo veicolato dal M° Funakoshi, questo principio è del Bushido giapponese che vietava ai Samurai di sfoderare la spada alla prima provocazione. Questo principio vuole rammentare al praticante il significato dell’intelletto sereno. E’ chiaro che la norma mostra che il karate è per autodifesa. Il secondo significato è legato all’atteggiamento generale nei confronti della vita. La convivenza pacifica tra gli uomini rappresenta un problema da lungo tempo la cui soluzione va trovata più nella maturità individuale che in soluzioni politiche. Ricordate che nel kata del Karate la prima e ultima sequenza è sempre una difesa. Voglio ricordare anche che nel Budo la persona si esercita per vincere se stesso, nella competizione per vincere gli altri. La competizione teoricamente è una violazione di questo principio.
Gijutsu yoi shinjutsu L’intuizione conta più della tecnica
L’intuizione rende vigile un uomo prima che incontri il pericolo. Alla persona senza intuizione rimane solo la tecnica che è ben poca cosa.
Heijoshin kore michi La coscienza abituale è la Via
Definisce in senso traslato lo spirito quotidiano quieto ed imperturbabile che caratterizza il fondamento dell’azione trasparente
——————————————————————————————————————–
Nijukun i venti principi
1. Il karate comincia e finisce col saluto.
2. Il karate non è un mezzo di offesa e danno. Karate ni sente nashi.
3. Il karate è rettitudine,riconoscenza.
4. Il karate è capire se stessi e gli altri.
5. Nel karate lo spirito viene prima dell’azione.
6. Il karate è lealtà e spontaneità.
7. Il karate insegna che le avversità colpiscono quando c’è rinuncia.
8. Il karate non si vive solo nel dojo.
9. Il karate è regola per tutta la vita.
10. Lo spirito del karate deve animare tutte le azioni.
11. Il karate va tenuto vivo con il fuoco dell’anima.
12. Il karate non è vincere ma l’idea di non perdere.
13. Lo spirito deve essere diverso a secondo degli avversari.
14. Concentrazione e rilassamento devono essere usati nel tempo giusto.
15. Mani e piedi come spade.
16. Pensare che tutto il mondo può esserti avversario.
17. Il karateka mantiene sempre la posizione di guardia (kamae),la posizione naturale (shizentai) è solo per i livelli altissimi.
18. Il kata è perfezione dello stile:l’applicazione è un’altra.
19. Come l’arco il karateka deve avere contrazione, espansione, velocità ed analogamente in armonia, rilassamento, concentrazione, lentezza.
20. Lo spirito deve tendere al livello più alto
(Diciamo che leggere questo mio lavoro fa bene a tutti quelli che praticano un’arte marziale)
Copyright Rino Bonanno© 2013
Per le norme relative alla riproduzione consultare
http://atomic-temporary-18820446.wpcomstaging.com/copyright/
Grazie Rino.
[…] Significato del Dojokun – Parte 1 […]
[…] Questo articolo è stato scritto dopo una pressante richiesta da parte di un maestro di karate 7° dan (di cui non faccio il nome), il quale mi chiedeva di interpretare il Dojokun del Karate alla luce delle mie conoscenze aikidoistiche. Ho accettato e non so se ho fatto bene!di RINO BONANNO […]
mi piace cio che hai scritto l’ho trovaro molto interessante .