La Via, la Pecora e la Tigre


tigrotto

Si parla di Budo come di una via da percorrere, di Aikido come di una via che porta all’armonia con l’energia universale che crea ogni movimento. Ci crediamo veramente o ci fermiamo poi, in ultima istanza al gesto atletico o tecnico? Pensiamo che l’Aikido sia una via e che le tecniche, la pratica siano strumento di una più ampia conoscenza del sé e della sua realizzazione o in buona sostanza pensiamo che l’importante sia saper fare nikkyo anche all’incredibile Hulk non consenziente?

di MASSIMILIANO GANDOSSI

Lasciatemi fare una premessa, io credo che, sia pur in maniera meno plateale, la tecnologia matrix sia una verità. Penso che ci sia un ipnotizzatore che condiziona ogni gesto della nostra vita, che ci rende sempre più dormienti, convinti di essere pecore in un grande gregge. Non penso che questo ipnotizzatore sia un signore, francamente me ne infischio di sapere chi sia e se sia interno o esterno, ne vedo gli effetti. Dormiamo, siamo pecore in un grande, enorme gregge.

Qualcuno però si è svegliato, e i risvegliati vengono percepiti da quelli che anelano a svegliarsi. L’allievo trova il maestro quando è pronto per incontrarlo. Lo diciamo sempre ma questo cosa vuol dire in pratica? Che il maestro ci farà un sorriso aprirà le sue braccia pelose e ci dirà ” vieni figliuolo caro che ti dò il settimo dan?? Rido come un matto a pensare alla scena, perché altro non è che una proiezione (realisticamente banale) dell’ipnotizzatore che ci invita a girarci dall’altra parte nel letto e continuare a dormire, sempre più profondamente.

Le tradizioni spirituali di ogni cultura insistono sull’esigenza di vigilare, di svegliarsi, di anelare al risveglio alla salvezza. Alcuni ci riescono. Cosa si prova in loro presenza? Che sono desti. Sono loro ad agire, a parlare. Non c’è più l’ipnotizzatore a impartire ordini. Ecco perchè è tanto importante la libertá dalla sessualitá, non necessariamente in senso di astinenza, ma almeno in senso di liberazione dal bisogno mentale. Lo stesso dicasi per il bisogno impulsivo al mangiare, al possedere, il bisogno di comunicare, la libertá e la liberazione sono rotonde, e a tutto tondo.

Quale è la differenza tra un essere che non ritenete saggio e uno che invece lo è quale che sia la sua provenienza? Il primo è uno che si fa guidare dall’ipnotizzatore e in qualche modo sentite che non è saggio, mentre colui che vi sfugge, colui sul quale l’ipnotizzatore non ha effetto sará saggio perchè non sta dormendo.
La prima grande suggestione dell’ipnotizzatore è farci dimenticare la nostra vera natura e farci identificare con gli oggetti illusori e posticci che noi comunemente chiamiamo realtá!

difesa personale

Se pensate che l’Aikido sia un modo per imparare a difendersi dai malintenzionati vi prego smettete di leggere ora, questo articolo non vi riguarda e buttereste via il vostro prezioso tempo a leggerlo.

C’è una storia molto antica che si tramanda nelle scuole di yoga. Una tigre che faceva spesso incursioni in un villaggio, decimando i greggi venne infine uccisa. Allora arrivò un tigrotto neonato, inoffensivo, sconvolto che si mise a gemere in mezzo agli ovini, iniziando a prendere il latte dalla mammella di una pecora. Siccome quel tigrotto era carino il pastore lo adottò. Così il piccolo felino, bisognoso di latte e accudimento prese a vivere con gli ovini. Quando i cani abbaiavano e il pastore faceva la voce grossa il tigrotto si impauriva. Sentendo belare dalla mattina alla sera si esercitava il più possibile ad emettere questo verso, e vedendo che tutte le altre bestie brucavano l’erba non gli veniva in mente altro che mangiare erba. Chiaramente non parliamo di una tigre felice, perché quel nutrimento e quello stile di vita non erano adatti alla sua natura. Stiamo fondamentalmente parlando di una tigre che aveva visto solo pecore in vita sua, si suppone che non guardasse mai le sue zampe e non avendo specchi disponibili finì per pensare di essere una pecora come le altre.

Un giorno gli abitanti del villaggio furono messi in agitazione dall’avvistamento di una nuova tigre ai confini del villaggio. La belva attaccò il gregge ma con sua somma sorpresa vide che in mezzo c’era anche un tigrotto. Allora rinunciò a divorare qualche pecorella decidendo di recuperare il suo simile per riportarlo nella foresta. Tuttavia avvertendo la paura nelle altre pecore e nei pastori il tigrotto a sua volta si impaurì alla vista dell’enorme bestia e si rifugiò nel gregge, belando e gemendo. Tentò di scappare, ma la tigre fece un balzo e lo prese per il collo, tenendolo tra le fauci, strappandolo all’unico mondo che esso conosceva, quello dei pastori, dell’ovile e delle pecore terrorizzate. Una volta nella foresta , la tigre provò a spiegare al tigrotto la sua vera natura e il suo vero destino, ma quello continuava a tremare di paura, a belare.
Allora lo portò ai bordi del fiume, obbligandolo a specchiarsi.

Pausa.

Considerazione intermedia: a questo punto il lettore occidentale medio starà dicendo dentro di sé – si sto parlando a te che leggi perché se capisci la lingua in cui sto scrivendo sei un lettore italiano quindi occidentale – beh starai dicendo “Sì, ho capito dove va a parare questa storia, ho già capito!”. Ed è qui il nostro limite, abbiamo già capito! Ma vi invito a riflettere su questo, intuire il fine di un percorso significa averlo capito? Significa averlo percorso? Ecco gli orientali, oltre a saper fare gruppo direi geneticamente, per quello che li conosco se si trovano di fronte ad un maestro ascoltano, ascoltano parola per parola, percorrono e non credo che si fermino in continuazione a ritradurre quello che viene letto nel proprio personalissimo ” ho già capito”. Perciò se tu che leggi ti riconosci nella persona che ha già capito, non andare avanti a leggere, davvero. Se invece pensi che possano nascerti dei dubbi , buona continuazione di lettura.

Tiger Sheep

Fine pausa.

Il tigrotto fu portato a specchiarsi e si intimorì ancora di più perché nello specchio d’acqua vide due tigri anziché una sola. Il tigrotto si guardò meglio e si domandò: “che cos’è? Vedo bene la grossa tigre ma, invece che una pecora come tutte quelle che conosco da quando ho aperto gli occhi, vedo un altro felino”. Provò a capire: “Chi sono io?” . Si osservò meglio di quanto avesse fatto fino ad allora. Vide che aveva le zampe striate di nero e iniziarono già a vacillare la sua memoria, la sua esperienza e la sua mentalità ovina.

La tigre lo condusse nella sua tana e gli offrì carne da mangiare. Il tigrotto si mostrò nervoso dapprima e ne ebbe orrore, dato che non era l’erba alla quale era abituato. Ma poco alla volta superò la sua ripugnanza , perché oltre alla paura iniziava a sentire una certa attrazione per chi lo aveva catturato. Così tentò di assaggiare la carne.

All’improvviso si svelò e risvegliò la sua vera natura, che lo induceva a divorare il pasto a quattro palmenti, a scoprire un gusto che, oltre a dargli soddisfazione, faceva vibrare e scuotere dentro di lui un istinto profondo. Per mostrare la sua gratitudine emise un belato, contemporaneamente la tigre emise un ruggito come quello che aveva terrorizzato tutte le pecore. Invece di spaventarsi il tigrotto sentì l’eco dello stesso verso nascere nella sua gola ancora piena del sapore della carne ed emise il suo primo piccolo e timido ruggito. Ecco perché si tramanda la massima zen: “La pecora belante si è trasformata in tigre che ruggisce” .

Non si cambia una vera pecora in una tigre, ma si può trasformare un tigrotto convinto di essere un ovino in una tigre adulta. Quella forza fatta di sonno e schiavitù che ho chiamato l’ipnotizzatore, ha convinto splendide tigri di essere delle pecore spaventate.
Ma l’ipnotizzatore non si accontenta di questo, per essere certo che la tigre non si guardi allo specchio non si limita a convincerla di essere una pecora qualunque , ma una pecora migliore delle altre, una pecora speciale… I suoi strumenti sono tutti i nutrimenti dell’ego: la vanità, il possesso, il desiderio carnale, il potere (quello finto, posticcio e mutevole).

Quando il praticante nel quale è “nato” il tigrotto scorge il maestro, ne è attratto, ma dapprima il nutrimento che il maestro propone all’allievo spaventa, sembra estraneo, scomodo. Solo attraversando, FACENDO, si trova l’eco della propria natura in quello che si fa. Finché si pensa di fare, si guarda, si rimugina e si commenta ci si comporta da pecora seduta su una poltrona comoda che nel suo sonno sogna di essere una pecora davvero speciale.

La ricerca estetica, l’imitazione del maestro per propria gratificazione, sono gesti che possono portare, nella migliore delle ipotesi, nell’altalenarsi di frustrazione e gratificazione, a scorgere in vera lontananza il bagliore dello specchio. Quando il maestro chiama l’allievo non lo fa per dargli una pacca sulla spalla e dirgli “bravo figliuolo, sei diventato settimo dan”. Questo è uno dei più bei sogni della pecora, quando la tigre chiama il tigrotto lo fa con un ruggito che spaventa, lo prende per il collo, e lo porta a mangiare carne cruda sanguinante, e lo fa perché solo così il tigrotto può riconoscere la sua vera natura.

Nella realtà il maestro può fare questo solo se ne ha “l’ autorizzazione” , se l’allievo si mostra pronto per essere stimolato. Per il resto si può continuare a fare quello che si è sempre fatto, migliorando il proprio vello, lucidandosi gli zoccoli, e continuando a dormire beati. Una delle cose che si è sempre detta nella filosofia orientale, che fa inorridire la nostra coscienza democratica occidentale, è che il risveglio non è per tutti, riscattando il favore dei non predestinati con il principio della reincarnazione secondo il quale magari non è ancora arrivato il momento per il mio risveglio.

Quando il discepolo è pronto il maestro si rivela. Nessun maestro degno di questo nome ha mai avuto bisogno di conservare chicchessia in stato di dipendenza, il suo unico fine è condurre il discepolo all’assoluta non dipendenza!

Con questo non voglio auspicare la solitudine o l’isolamento; la frequentazione e l’affezione corrono su binari paralleli rispetto alla crescita, ma in fondo non c’è bisogno di chiarirlo, tutti sappiamo cosa si intende per rapporto di dipendenza a tempo indeterminato (infinito) tra maestro e allievo e il suo contrario, cioè il piacere di scegliere liberamente di frequentarsi e trarne reciproco beneficio.

L’invito che faccio a me stesso e a chi legge è di vigilare sulla comodità della propria poltrona guardandosi intorno in continuazione per riconoscerne gli effetti.

Fonte: http://gorinbushidokai.blogspot.it/2013/02/la-via-la-pecora-e-la-tigre.html

Copyright © 2013 Massimiliano Gandossi

Ogni riproduzione non espressamente autorizzata dall’autore è proibita
Pubblicato
per la prima volta il 07/02/2013

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2 pensieri riguardo “La Via, la Pecora e la Tigre”

  1. Sono d’accordo su tutto Max, tranne su una cosa: il desiderio sessuale, sentendomi molto dionisiaco. Nessuno è perfetto…
    Mi piace!
    Angelo Armano

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