
Esiste uno stile di Karate che, dai natali okinawensi, ha una tradizione che si perde nella notte dei tempi ed è stato tramandato in segreto fino agli anni ’60. Esso è poco conosciuto nella stessa Okinawa e ancora meno diffuso nel mondo tanto da essere appellato come lo “stile fantasma di Okinawa”: si tratta del Kojo-ryu
di ANGELO BONANNO
Ciò che oggi viene conosciuto come Kojo-ryu (湖城流), dal nome della famiglia che lo sviluppò, è un antico metodo di lotta le cui origini si farebbero risalire, a detta dei maestri attualmente attivi (Shingo Hayashi e Takaya Yabiku), ad almeno 300 anni addietro, collegandoli alla pratica del cinese Cai Zhaogong o Cai Zonghui [Kojo Uekata 1656 – 1737 oppure 1665 – 1747, della comunità cinese residente nel villaggio di Kume (Kuninda) in Okinawa. Il Kojo-ryu ha radici nell’arte della guerra cinese, nel senso lato di tattiche e tecniche di combattimento a mani nude e con armi, dato che si ritiene che lo stesso Cai Zhaogong studiò sia nel Fujian che nel Beijin in ambienti aristocratici e militari; egli era funzionario governativo delle Ryukyu, con il titolo di Uekata, e rivestendo anche l’incarico di “Ufficiale di almanacchi” venne inviato in Cina per studiare. Si racconta che si addestrò addirittura alla corte dell’imperatore Kang-Xi della dinastia Qing, in tecniche di combattimento a mani nude e con armi utilizzate dalle guardie imperiali, e che ricevette proprio da lui in persona la licenza d’insegnamento dell’arte della guerra (Bingfa).
Pare che Kojo Wekata istruì profondamente un uomo oggi conosciuto come Kojo Shinunjo Cai Shichang 1780 – 1860), che pare fosse il nipote, vedendo in lui il suo successore tecnico. Egli riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo del metodo tanto da essere considerato il vero primo caposcuola, la prima generazione del futuro Kojo-ryu.
Si ritiene che fu proprio lui ad iniziare la formalizzazione tecnica del futuro stile di famiglia, avendo appreso tutto da Kojo Wekata e avendo approfondito ulteriormente l’arte della lotta a mani nude nel Fujian, dato che fu un Pechin della corte reale di Ryukyu e guardia al castello di Shuri. La gente di Okinawa chiamava il suo metodo come Kojo-no-Kuninda-Di.

Il successore di seconda generazione fu Kojo Shoi (Cai Changwei 1816 – 1906) che apprese il metodo di famiglia e approfondì le tecniche della Gru Bianca nel Fujian, nonché il jo-jutsu e il tanto-jutsu, arricchendo il repertorio del sistema. Shoi incluse nello stile di famiglia i tre kata che oggi sono il core e il livello più avanzato del metodo, ossia Hakko, Hakuryu e Hakkaku (rispettivamente Tigre Bianca, Drago Bianco e Gru Bianca). Pare che fu l’ultimo Cai a ricevere anche il nome cinese.
I periodi corrispondenti alla terza e alla quarta generazione della famiglia Kojo furono i più importanti e fruttuosi per la futura concreta strutturazione dello stile.
Il membro di terza generazione più influente sotto questo punto di vista fu Kojo Tatei(1837 – 1917), nipote di Shoi. Tatei approfondì gli studi del combattimento a mani nude in Cina, sotto il guerriero cinese Iwah (colui che istruì anche il famoso Sokon Matsumura dello Shuri-te) e Wangshi’an (che istruì anche Higashionna del Naha-te). Tatei introdusse ad Okinawa il famoso kata Babulian (Papuren) e nel sistema di famiglia tutti i kata di Hakutsuru-ken (Pugno della Gru Bianca) che oggi si praticano. Tatei fu altresì il primo a dare al metodo di combattimento di famiglia un nome, cominciando a chiamarlo Shinzan-ryu. Si ritiene che Tatei portò dal Fujian un manuale tecnico segreto, le cui istruzioni si rispecchiano fortemente nella pratica del Kojo-ryu, e che tale tomo sia l’antico famoso Bubishi di Okinawa.
Nella quarta generazione, Kojo Kaho (1849 – 1925) importò nello stile di famiglia, già ben delineato, i tre kata che oggi definiscono il livello medio di addestramento, cioè Tenkan, Kukan e Chikan. Egli, inoltre, creò i tipici due kata di jo-jutsu, e cosa molto importante cominciò a fondere pesantemente il chuan-fa di famiglia con le tecniche di lotta autoctone di Okinawa.

Nella quinta e sesta generazione si ebbero ulteriori arricchimenti del metodo, così com’è tradizione ad Okinawa di “dar vita ad un chanpuru” nel karate. Kojo Saikyo(1873 – 1941), nipote di Kaho, studiò infatti altri stili del karate okinawense, nonché la forma di sumo locale e il sai-jutsu, introducendo elementi di tutte queste discipline nello stile di famiglia.
Kojo Kafu (1910 – 1996), figlio di Saikyo, fu l’ultimo caposcuola dello stile di famiglia e colui che concretizzò ulteriormente e definitivamente il metodo. Egli approfondì anche sotto il nonno e lo zio, e studiò altre discipline come il Sekiguchi-ryu Jujutsu e il Jukendo. Kafu fu contemporaneamente un esperto di Shorin-ryu, avendo studiato sotto Hanashiro Chomo e il suo amico Choshin Chibana.
Alla fine degli anni ’60 Kafu decise di rompere la tradizione di famiglia e aprire un dojo pubblico, dove oggi c’è il mercato di Makishi a Naha, così chiamò inizialmente lo stile con la doppia nomenclatura Shinzan-ryu/Shorin-ryu, ma ben presto decise di chiamarlo definitivamente Kojo-ryu.
Varie associazioni di karate di Okinawa provarono a convincere Kafu a unirsi a loro, lo stesso Chibana Sensei lo invitò più volte nella sua associazione, ma dopo alcuni tentativi di collaborazione Kafu decise di continuare ad insegnare e preservare il suo karate nel vecchio modo senza entrare in questioni burocratiche e legarsi ad altre realtà.
Il dojo di Kafu purtroppo ebbe vita breve in quanto lo stesso caposcuola e il figlio Shigeru, suo possibile successore, vennero a mancare prematuramente. Per questo motivo, quando la famiglia Kojo chiuse il dojo e gli studenti di Kafu non ebbero modo di esercitarsi, il Kojo-ryu divenne il cosiddetto “stile fantasma di Okinawa” e non si poté più approfondirlo e diffonderlo.
Uno dei pochissimi studenti esterni alla famiglia, uno dei più fidati, era Shingo Hayashi, che oggi è ritenuto l’erede morale di Kafu, dato che i membri viventi della famiglia Kojo non hanno interesse verso la pratica del karate. Shingo iniziò la pratica del Kojo-ryu nel 1963 e oggi vive in Giappone (mainland) dove insegna a soli tre fidati allievi, lontano da politiche federali o associazionistiche, tramandando alla vecchia maniera ciò che gli è stato insegnato dal suo Sensei tanto da essere conosciuto come kakuri bushi o “guerriero nascosto”.

Il Kojo-ryu è un’arte marziale molto combattiva e include kata a mano vuota e kata con armi. Se considerato come un sistema, risulta molto complesso e contiene molti kata derivati e dall’antico chuan-fa e dai metodi autoctoni di Okinawa, conosciuti come Shuri-te, Tomari-te e Naha-te. È anche considerato come Kuninda-di, poiché come detto sopra la famiglia Kojo viveva nel villaggio di Kume.
Se considerato come uno stile propriamente detto, contempla sei kata che sono stati trasmessi unicamente a livello familiare e sono unici nel mondo del karate, poiché nessun altro stile possiede kata simili. Questi kata sono Tenkan, Kukan, Chikan, Hakko, Hakuryu e Hakkaku; i primi 3 kata includono 12 kamae-te tipici dello stile che rappresentano i dodici animali dello zodiaco e hanno particolari applicazioni.
Il ricco repertorio di atemi-waza, kansetsu-waza, shime-waza e nage-waza, deriva dalla combinazione di varie radici tecniche, e vuole il tipico “chanpuru di Okinawa”; infatti, lo stile è un progetto e fusione di esperienze provenienti da molteplici metodi del chuan-fa cinese con l’autoctono Uchina-di.
Il Kojo-ryu è un metodo che è ancora praticato e insegnato secondo i principi di un vecchio karate familiare, mira esclusivamente allo studio dell’autodifesa più diretta ed efficace. La sua complessità tecnica si risolve nella paradossale ricerca della semplicità dell’azione, al fine di rendere la difesa la più potente e neutralizzante possibile.
Il Kojo-ryu si caratterizza dal vasto uso della mano aperta anziché del pugno di tipo seiken, inoltre sono tipiche dello stile le tecniche tate-tsuki, ippon-ken, hiji-uchi, nukite, shuto-uchi e soprattutto shotei. È uno stile ricco di tegumi (o tuite) cioè il metodo di grappling con il quale si sottomette l’avversario attraverso tecniche di manipolazione, lussazione e immobilizzazione, nonché kyusho-jutsu; la strategia di lotta rimarca l’idea della continuità del movimento per non lasciar tempo di reazione all’aggressore.
Il Kojo-ryu è anche uno stile molto spirituale, il Sensei dice sempre che esso può essere praticato solo da chi è dotato di kokoro, cuore sincero; egli dice che la semplicità è la tecnica più complessa e più importante, nella dottrina del combattimento così come nella dottrina della morale.
Il chuan-fa in generale, dunque, ha fortemente alimentato lo sviluppo del Kojo-ryu, ma risulta quasi impossibile definire con certezza storica i metodi che hanno dato le basi tecniche più importanti al metodo stesso. Di tutti gli stili di pugilato cinesi, però, è possibile evidenziarne alcuni che maggiormente hanno elementi tecnici comuni con questo stile di karate, e anche qualche riferimento storico che lontanamente li ricollega.
Tra tutti, in seguito ad una ricerca storico-tecnica ancora in atto, si ritiene che si possano indicare come basi tecniche del Kojo-ryu karate i seguenti metodi:
- Luohan Quan, pugilato degli Arhat
- Xingyi Quan, pugilato della Forma e dell’Intenzione
- Hu Quan, pugilato della Tigre
- He Quan, pugilato della Gru
- Long xing Quan, pugilato del Drago
C’è da ricordare che, benché sia verificabile maggiormente tramite una tradizione tramandata oralmente, la fonte tecnica principale del Kojo-ryu karate risulterebbe essere quella del Cai jia Quan, pugilato della famosa famiglia Cai, così come abbiamo visto in prcedenza, nello specifico del clan residente ad Okinawa che viene infatti ritenuto radice ancestrale e tronco centrale del lignaggio stesso del Kojo-ryu. Si può immediatamente notare come il Kojo-ryu abbia influenze sia dal chuan-fa del nord che da quello del sud, e quindi quanto possa risultare complesso ricostruire con precisione un excursus storico dettagliato che ne delinei lo sviluppo in maniera approfondita. Di certo è che dal punto di vista tecnico esso incorpora elementi comuni ai suddetti metodi, che sono facilmente riscontrabili nei suoi kata e quindi nelle sue tattiche e tecniche di combattimento.
La famiglia Cai, dunque, pare fosse particolarmente esperta negli stili di chian-fa suddetti, alcuni dei membri erano proprio specializzati in ciascuno di questi metodi grazie agli studi personali compiuti sotto i rispettivi insegnanti cinesi, tutto ciò ha influenzato il futuro Kojo-ryu karate.
Tutto ciò non fece che arricchire lo sviluppo del Kojo-ryu, tant’è che oggi alcuni kata tipici e fondamentali dello Shuri-te fanno parte a pieno titolo del programma di studio del Kojo-ryu, proprio per volontà di Kafu Kojo, ultimo caposcuola, che si allenò sotto Hanashiro Chomo del Matsumura Shuri-te, e fu molto amico di Choshin Chibana del Kobayashi-ryu, entrambi famosi maestri di Okinawa.
Nel tempo il Kojo-ryu e lo Shuri-te si sono talmente influenzati a vicenda che i kata di quest’ultimo, nello stile di famiglia Kojo, vengono eseguiti con movimenti e dettagli tecnici tipici dello stesso Kojo-ryu, per cui risultano leggermente differenti dalle più classiche forme dello Shorin-ryu propriamente detto. È probabile che ciò sia accaduto anche grazie agli influssi della pratica che i Kojo svolsero sotto Kanga Sakugawa.
Risulta così molto interessante anche per un praticante di Shorin-ryu conoscere questa versione dei kata, la loro qualità estremamente combattiva e la fusione che sussiste con elementi del chuan-fa, anche se bisogna ricordare che l’antico Shuri-te ha un forte legame con il chuan-fa del Nord, e molto probabilmente con lo Xingyi Quan.
Lo studio del Kojo-ryu secondo gli insegnamenti di Hayashi Sensei (colui che viene considerato l’erede morale dell’ultimo caposcuola) prevede un allenamento basato sulla tradizione di famiglia, ossia per il 70% dalla pratica del kumite (inteso come oyo ossia applicazioni delle tecniche dei kata ai fini della difesa personale) e il 30% dalla pratica dei kata.
Di tale 30% almeno i due terzi sono dedicati allo studio dei sei kata di famiglia, mentre il restante è dedicato alla pratica dei kata di Shurite, i quali come detto precedentemente sono già influenzati dalla qualità tecnica tipica del Kojo-ryu stesso, rendendoli unici anch’essi.
Secondo quanto appreso attualmente dall’Autore, nella scuola di Hayashi Sensei, dunque, il syllabus che viene trasmesso risulta essere:
- Tenkan
- Kukan
- Chikan
- Hakko
- Hakuryu
- Hakkaku
- Naifanchi ichi, ni, san
- Paisai sho, dai
- Chinto
- Jion
- Sesan
- Kushanku
Si può notare come, nel syllabus indicato, non è presente il Pinan kata, tipica e fondamentale forma dello Shurite, in quanto esso viene considerato un kata introduttivo, scolastico, utile per i praticanti più giovani, mentre le forme di cui sopra sono considerate utili alla pratica più avanzata e dura degli adulti ai fini del combattimento vero e proprio.
Lo studio di queste forme di Shurite risulta essere funzionale all’apprendimento di specifiche tattiche di combattimento che vanno ad arricchire il bagaglio tecnico con elementi meno tipici del Kojo-ryu propriamente detto. Altre forme specifiche dello Shurite non sono menzionate in quanto considerate valide esclusivamente sulla base di esigenze o gusti personali dei praticanti.
Lo studio del sistema secondo le idee di Yabiku Sensei (il secondo maestro attivo e che insegna ora una propria linea di stile), invece, si avvicina alla modalità di pratica dello Xingyi Quan di molte scuole cinesi, quest’ultima si svolge solitamente secondo il seguente ordine:
- pratica del San Tishi
- studio dei cinque movimenti Wu xing e relativa forma
- studio dei dodici animali Shi’er xing e relativa forma
- pratica della combinazione dei cinque movimenti con i dodici animali.
La linea di Yabiku Sensei, infatti, prevede uno studio svolto come di seguito:
- pratica del Sanchin
- studio delle cinque forme fondamentali dello Shuri-te (Naifanchi, Pinan, Paisai, Rohai, Kushanku)
- studio del Junishi Kamae e relative forme
- studio dei tre kata avanzati.

La pratica iniziale del Sanchin è importante per aumentare il vigore fisico nel novizio, impostare una corretta postura e radicamento, e far apprendere i rudimenti del combattimento, contestualmente alla perseveranza nell’addestramento.
Lo studio delle cinque forme dello Shuri-te, quali kata fondamentali dello stesso, ha l’obiettivo di migliorare svariati aspetti fisici e mentali del praticante, far apprendere le tattiche essenziali del combattimento e arricchire l’arsenale tecnico; il praticante impara come unificare il ki con il movimento specifico.
Praticare il Junishi Kamae permette di addentrarsi nello stile di famiglia propriamente detto e cominciare il lavoro di specializzazione. Lo studio delle relative forme aiuta il praticante ad aprire la mente cominciando a capire il significato più profondo dello Shinzan-ryu, le sue peculiarità e la sua strategia.
La specializzazione avviene, in fine, con lo studio dei tre kata avanzati, ognuno dei quali esprime un’essenza e permette di svilupparla ulteriormente fondendola con le altre, andando a completare il lavoro di perfezionamento individuale tecnico ed interiore. C’è da ricordare, inoltre, che in tutte le suddette fasi di studio è onnipresente l’influenza ricevuta dalla pratica parallela del metodo della Gru Bianca, che va a migliorare la qualità del movimento e lo sviluppo energetico.
Nel Taigishin-kan, la scuola fondata dall’Autore, Prof. Angelo Bonanno, lo studio del sistema prevede inevitabilmente un ibrido tra i due metodi suddetti, andando a sviluppare una linea di stile che rimarca le esperienze trasmesse da entrambi i Sensei e quelle vissute personalmente dall’Autore stesso, anche in altri stili di Karate di Okinawa.
La linea dell’Autore, infatti, viene chiamata con la doppia nomenclatura Kojo-ryu/Shinzan-ryu (in breve Koyama-ryu), in onore ad ambedue i suoi Sensei e nell’idea di preservazione di entrambe le linee studiate.
La metodologia fondamentale, però, mantiene saldi i princìpi di addestramento e di combattimento tipici dello stile, senza andare ad inventare nulla o stravolgere ciò che è assolutamente strutturato in un sistema antico e ortodosso quale il Kojo-ryu.
C’è da evidenziare che, in virtù della futura preservazione del sistema, il Taigishin-kan è impegnato nella divulgazione del Kojo-ryu non solo ai propri membri che cominciano lo studio del karate da neofiti, ma altresì a insegnanti di karate di Okinawa provenienti da altri stili, per cui il syllabus del Kojo-ryu/Shinzan-ryu Taigishin-kan può contemplare alcuni kata di linea Shuri-te o Naha-te ritenuti indispensabili per introdursi adeguatamente alle strategie del sistema, e i sei kata di famiglia in entrambe le versioni Shodokai e Koshinkan come trasmessi rispettivamente da Hayashi Sensei e Yabiku Sensei (in quest’ultimo caso prima delle ultime modifiche che il Sensei vi ha apportato), questo perchè vale il concetto per cui qualsiasi kata studiato da un insegnante che si approccia al sistema, che contenga i medesimi principi considerati indispensabili quali basi dello stile Kojo-ryu, è ritenuto valido per proseguire lo studio delle forme specifiche dello stile, dunque il syllabus risulta essere dinamico, intercambiabile e arricchibile con le esperienze del singolo individuo, per lo meno nella parte introduttiva dello studio.
Attualmente il Kojo-ryu/Shinzan-ryu Taigishin-kan prevede:
- pratica di Shorinji-ken e altri kata introduttivi
- studio del Junishi Kamae e relative forme
- studio dei tre kata avanzati

Il Prof. Angelo Bonanno, come detto, è il primo maestro italiano ad aver studiato lo stile direttamente alla fonte e averlo portato in Italia, ha deciso di fornire un’introduzione del Kojo-ryu karate presentando un manuale che è in fase di pubblicazione, e che a differenza di altri testi che nel tempo hanno trattato l’argomento permette un’analisi notevolmente più dettagliata attraverso materiale storico, fotografico e ricerche tecniche, provenienti direttamente dai due unici maestri giapponesi attualmente attivi, studenti della famiglia Kojo, e sotto i quali l’autore si è appunto addestrato.
Il Kojo-ryu è un tesoro da preservare e conoscere, esso consta di un arsenale tattico-tecnico così ricco tanto da renderlo per molti versi differente dagli altri classici stili di karate, si può dire tanto da renderlo esclusivo che potrebbe essere anche considerato una disciplina a sé, risulta dunque di altissimo interesse anche per praticanti di differenti stili di karate e di altre arti marziali.
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