
Il Budo è il mondo di Marte e per secoli è stato tradizionalmente il dominio esclusivo degli uomini. Nonostante eccezioni notevoli ci siano sempre state anche in passato, è solo dal secondo dopoguerra che la presenza femminile nel mondo delle arti marziali ha cominciato a divenire visibile. Keiko Fukuda, unico 10° Dan donna della storia del Judo, è stata la portabandiera di questa inclusione
di SIMONE CHIERCHINI

Keiko Fukuda (福田 敬子) fu la piccola grande donna del Judo. Alta appena 147 cm e con un peso di soli 45 kg, questa donna minuta è stata comunque un gigante nel mondo del Budo. Nel 2006, la US Judo Federation le assegnò il 10° Dan, il più alto livello mai raggiunto da una donna nel Judo (e nel Budo). Questo onore era stato concesso in precedenza solo ad un numero limitato di uomini. La strada percorsa da Keiko Fukuda per arrivare ad un tale prestigioso riconoscimento è stata, per usare un eufemismo, lunga e tortuosa.
Per meglio comprendere la storia di Keiko Fukuda, è necessario fare un salto indietro di due generazioni. Suo nonno era un samurai di nome Hachinosuke Fukuda, un osteopata e un maestro di Tenjin Shinyō-ryū Jujutsu. Il suo nome fa parte della storia delle arti marziali in quanto fu il primo maestro del 18enne Jigoro Kano, il futuro fondatore del Judo. Nel 1879, un anno dopo che Kano aveva iniziato ad allenarsi nel dojo di Fukuda, il maestro improvvisamente si ammalò gravemente e morì. Kano proseguì i suoi studi nel Tenjin-shinyo-ryu sotto la guida di Masatomo Iso, ma rimase comunque profondamente influenzato dall’insegnamento del suo primo mentore. [1]
Questo il background familiare e culturale di Keiko Fukuda, che nacque il 12 aprile 1913 a Tokyo, in una famiglia benestante di estrazione samurai. Suo padre morì quando Keiko era ancora molto giovane. Il percorso tradizionale per le donne giapponesi dell’epoca, similmente alle loro controparti occidentali, era quello di sposarsi e fare figli.
Nel 1934, quando aveva 21 anni, a Keiko Fukuda capitò di partecipare ad una commemorazione presso il Kodokan Dojo, nel corso della quale venne per la prima volta a conoscenza del fatto che suo nonno Hachinosuke Fukuda era stato il primo e più autorevole maestro di Jigoro Kano sensei. In quell’occasione, Kano la stimolò a intraprendere la pratica del Judo: “Quella fu la prima volta in cui incontrai Kano sensei. Mi informò che c’era una nuova sezione di Judo per le donne e mi incoraggiò a iscrivermi, dicendomi che mi avrebbe tenuta in salute e forte“. [2]

Per meglio inquadrare storicamente la portata di questa decisione, che a noi appare come una normalissima scelta personale, l’apertura del Judo alle donne da parte di Kano fu un’idea estremamente progressista in un’epoca in cui il Budo (e il Judo) era dominato dagli uomini. Sin dai primordi, il Kodokan era stato un mondo tipicamente ed esclusivamente maschile, similmente a tutte le altre arti del Bugei che si sarebbero man mano fatte strada nei primi decenni del Novecento. Tuttavia, non deve sfuggire come Jigoro Kano, a ulteriore conferma della preveggenza visionaria da lui già dimostrata nell’immaginare e inventare il mondo del Budo moderno, fu anche un pioniere nell’uguaglianza di genere. L’apertura della sezione femminile di Judo del Kodokan (Kodokan Joshi-bu), avvenuta nel 1926, segna in questo senso uno vero e proprio spartiacque nella storia delle arti marziali. [3]
L’incontro con Jigoro Kano scatenò nuove emozioni nell’animo della giovane Keiko: “A quel tempo, avevo solo 21 anni, mi avevano insegnato l’arte di arrangiare i fiori, la cerimonia formale del tè e l’arte della calligrafia, come era consuetudine per le giovani donne nella società giapponese. (…) Attraverso i ricordi di mio nonno mi sentivo molto vicina al Judo, anche se non lo avevo mai visto praticato prima”. [4]
Qualche mese dopo il colloquio con Kano sensei, Keiko Fukuda decise che avrebbe iniziato a praticare Judo. Quando arrivò il giorno di prendere parte alla sua prima lezione, Fukuda fu accompagnata al Kodokan dalla madre: “Mia madre e mio fratello mi supportavano, anche se mio zio si opponeva all’idea perché ero una donna. Mia madre e mio fratello pensavano che potevo imparare il Judo e un giorno sposarmi con uno Judoka, ma non immaginavano che anche io sarei diventata una Judoka” [4]. All’epoca le donne sul tatami erano una cosa rarissima a vedersi. Nel 1934, quando Fukuda iniziò a praticare Judo, nel Kodokan c’erano solo 24 donne [3] a fronte di un numero complessivo di iscritti che, a sentire Kano, già nel 1922 era nel numero delle decine di migliaia in tutto il Giappone. [5]
Gli inizi furono tutt’altro che semplici, a causa delle numerose barriere fisiche e culturali: “All’inizio, tutto quello a cui riuscivo a pensare era quanto fossero aggressive le tecniche e quanto strano fosse vedere le donne a gambe larghe“, raccontò Fukuda sensei al San Francisco Chronicle nel 2011 [6].
Nel libro “Born for the Mat: A Kodokan Kata Textbook for Women”, che Fukuda pubblicò indipendentemente nel 1973, l’autrice racconta della sua esperienza di allenamento presso il Kodokan con un altro gigante del Judo, Kyuzo Mifune sensei: “Ricordo chiaramente fino ad oggi che la sua presa sul mio judogi era così delicata che neanche la sentivo. Tuttavia, se facevo il minimo movimento nel tentativo di proiettarlo, non si trovava più dove era prima; io, invece, volavo in aria. Mifune shihan era piccolo, anche per un giapponese (circa 160 cm), ma i suoi movimenti del corpo erano estremamente rapidi ed era molto difficile stare al passo con lui, perché poteva prevedere i movimenti dell’avversario e contrarlo in anticipo”. [4]
Attraverso un costante allenamento e una crescente dedizione al Judo, verso la fine degli anni ’30, Keiko Fukuda era diventata un’istruttrice della sezione femminile del Kodokan, e aveva iniziato a sviluppare una specifica competenza nel Ju-no-kata (柔の形), o il kata dell’adattabilità, uno dei 7 kata ufficiali del Kodokan. Nel frattempo si era anche laureata in letteratura giapponese presso la Showa Women University.
A quel punto della sua vita, si trovò a dover prendere una decisione che avrebbe influenzato l’intero corso della sua futura esistenza. Mostrando nuovamente uno spirito indipendente e coraggioso non comune ai suoi tempi, Keiko Fukuda decise di andare contro la tradizione e di non sposarsi. Lo fece dopo aver realizzato che, in quanto donna sposata, un eventuale marito gli avrebbe richiesto di rinunciare a praticare Judo, e questo non faceva parte dei suoi piani. Kano aveva ispirato i suoi migliori allievi a diffondere il Judo nel mondo, e Fukuda iniziò a considerare che questa potesse essere la vera vocazione della sua vita.

Kano era stato un visionario che aveva immaginato un mondo futuro in cui le donne avrebbero potuto – tra l’altro – allenarsi su un tatami e proiettarsi a vicenda esattamente come gli uomini. Tuttavia, nel 1938 Kano morì inaspettatamente sul piroscafo Hikawa Maru, nel corso della traversata di ritorno in Giappone da un impegnativo viaggio che aveva intrapreso a supporto del tentativo del Giappone di ospitare le Olimpiadi del 1940, viaggio che aveva toccato Stati Uniti, Egitto, Grecia, Francia e Italia. La XII Olimpiade fu assegnata a Tokyo dopo la morte di Kano, ma con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale venne prima riassegnata ad Helsinki e poi definitivamente cancellata.
La morte prematura di Kano lasciò per diversi decenni le sue allieve in balia della tradizionale (e sessista) cultura di cui il Kodokan Judo faceva parte. La visione delle arti del Budo allora dominante non prevedeva se non un minimo spazio per lo sviluppo della pratica femminile, che veniva guardata con estremo sospetto e al massimo paternalisticamente tollerata.
Anche durante la guerra, Keiko Fukuda continuò a insegnare quotidianamente Judo all’interno della sezione femminile del Kodokan. Quell’invito da parte di Kano di portare il Judo all’estero era rimasto sempre vivo nella sua memoria e infine, nel dopoguerra, i tempi divennero maturi per metterlo in pratica. Nel documentario sulla sua vita del 2012, “Mrs Judo – Be Strong, Be Gentle, Be Beautiful”, Fukuda ne offre chiara testimonianza: “Kano sensei voleva che noi insegnassimo il Judo nel mondo. All’inizio c’erano solo 5 o 6 di noi che avevano imparato l’inglese che erano disposti a farlo. Alla fine, tuttavia, io sono stata l’unica a farlo“. [2]
Keiko Fukuda visitò per la prima volta gli Stati Uniti nel 1953. Era stata invitata da un club di Judo di Oakland, in California, e finì per restare negli USA per quasi 2 anni, dopo di che tornò a Tokyo. Negli anni successivi fece diversi viaggi di insegnamento per portare il Judo femminile in Nuova Zelanda, Australia, Filippine e Canada.

A dimostrazione dello status da lei nel frattempo raggiunto nell’ambito del Judo, nel corso della cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Tokyo del 1964, a Keiko Fukuda toccò l’onore di effettuare una delle dimostrazioni di Judo femminile assieme alla sua senpai Masako Noritomi. Le due dimostrarono il Ju-no-kata. Va ricordato che le Olimpiadi di Tokyo del 1964 furono fondamentali per la diffusione del Judo a livello mondiale, essendo la prima volta in cui vennero assegnate medaglie olimpiche per la disciplina. Tuttavia, questo successo rimase a solo appannaggio del Judo maschile, mentre in modo assai imbarazzante le competizioni olimpiche di Judo femminile rimasero in naftalina per ancora quasi 30 anni, ossia fino alle Olimpiadi del 1992 a Barcellona.
Nel 1966 Keiko Fukuda ebbe una nuova opportunità di insegnare in California e viaggiò in tutto lo stato dando seminari. Una dimostrazione da lei svolta presso il Mills College di San Francisco finì con un’offerta di lavoro e Keiko decise di rimanere. Alcuni anni e tanti sforzi dopo, nel 1973 fu in grado di aprire il suo dojo, Soko Joshi Judo Club, (Judo Club Femminile). [7]
Nel 1974, Fukuda sensei organizzò il primo Training Camp di Judo dedicato esclusivamente alle donne. Questo evento divenne poi tradizionale con il nome di Keiko Fukuda Joshi Judo Camp.

Fin quando aveva vissuto in Giappone, Keiko Fukuda sensei aveva raggiunto il 5° Dan, grado ottenuto nei primi anni ’50, ed era stata una delle poche donne a raggiungere quel livello. Nonostante tutti i suoi sforzi e il suo impegno a livello nazionale e internazionale per la diffusione del Judo tra le donne, però, non venne più promossa di grado per i successivi 20 anni. Negli anni ’60, infatti, il limite di grado non ufficiale per il Judo femminile era il 5° Dan. Un ex-allieva di Keiko Fukuda, Shelley Fernandez, era la presidente della National Organization for Women di San Francisco; Fernandez decise di organizzare una petizione e una raccolta di lettere venne conseguentemente inviata al Kodokan per denunciare l’anomalia e per chiedere che Fukuda sensei fosse promossa 6° Dan. Il Kodokan avvertì che i tempi erano cambiati e così Masako Noritomi e Keiko Fukuda furono le prime donne a ricevere il 6° Dan.
L’ultimo simbolo della differenziazione tra judoka dei due sessi rimase in essere per ancora diversi anni. Le yudansha indossavano una cintura nera come gli uomini, ma questa aveva una banda bianca longitudinale al suo centro, come si può notare in alcune foto di repertorio di Keiko Fukuda che presentiamo in questo articolo. Questo uso venne abbandonato dall’All Japan Judo Federation solamente nel 2017, ossia la bellezza di 91 anni dopo che Jigoro Kano aveva inaugurato la sua sezione femminile di Judo presso il Kodokan. [3]
Nel corso dei 30 anni successivi Keiko Fukuda venne poi regolarmente promossa di grado e ricevette il titolo di Shihan. Nel 1990 l’imperatore Akihito la riconobbe come tesoro nazionale vivente del Giappone, onorandola con la medaglia dell’Ordine del Sacro Tesoro. Inoltre, come riconoscimento del lunghissimo contributo internazionale da lei offerto al Judo, nel 2001 la US Judo Federation concesse la cintura rossa a Fukuda sensei, la terza mai assegnata; le altre due erano state attribuite a uomini. Nel 2006 il Kodokan la nominò 9°Dan, il grado più alto mai assegnato dal Kodokan a una donna.
Nel 2011, infine, quando Fukuda sensei aveva ormai raggiunto la venerabile età di 98 anni, la US Judo Federation decise di conferirle il 10°Dan. Gary Goltz, presidente della federazione, motivò quella promozione con le seguenti parole: “Fukuda sensei è un’eredità vivente, è una discendente diretta delle origini del Judo, nonché l’allieva di più lunga durata e l’unica vivente di Kano al mondo” [8]. Il Kodokan non mai omologato il grado.

Nei suoi ultimi anni Keiko Fukuda era costretta su una sedia a rotelle, ma nonostante questo continuò a insegnare presso il suo Soko Joshi Judo Club di San Francisco tre volte a settimana. Con una totale devozione per la sua arte, Fukuda sensei rimase a far da punto di riferimento per le judoka di ogni età fino alla fine, avvenuta il 9 Febbraio 2013, pochi giorni prima del suo centesimo compleanno, e dopo aver vissuto la vita nel rispetto del suo motto: “Sii forte, Sii gentile, Sii bello”.
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Note
[1] Adams Andy, Master Jigoro, Black Belt Magazine, Issues 02/1970 & 03/1970, in http://www.kodokanireland.com/about/index (Retrieved 12/06/2020)
[2] Dal documentario “Mrs Judo – Be Strong, Be Gentle, Be Beautiful”, Flying Carp Productions, 2012
[3] Roy Tomizawa, Keiko Fukuda and The White Stripe in the Black Belt: A Symbol of Gender Discrimination in Judo Fades to Black, The Olympians, 2017 https://theolympians.co/2017/03/22/keiko-fukuda-and-the-white-stripe-in-the-black-belt-a-symbol-of-gender-discrimination-in-judo-fades-to-black/
[4] Fukuda Keiko, Born for the Mat: A Kodokan Kata Textbook for Women, Keiko Fukuda Publisher, 1973
[5] Watson Brian N., Judo Memoirs of Jigoro Kano, Trafford, 2008
[6] William Yardley, Keiko Fukuda, a Trailblazer in Judo, Dies at 99, The New York Times, 2013 https://www.nytimes.com/2013/02/17/sports/keiko-fukuda-99-a-trailblazer-in-judo-is-dead.html (Retrieved 11/06/2020)
[7] Kathleen Sullivan, A Lifetime of Judo: Keiko Fukuda, San Francisco Chronicle, 2003 https://judoinfo.com/fukuda/ (Retrieved 11/06/2020)
[8] https://abcnews.go.com/Health/98-year-woman-receive-highest-degree-black-belt/story?id=14274097
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