Aikido Zen


Un concetto centrale del taoismo è Wu-Wei, l’assenza di azione, che non va confuso però con la passività: al contrario implica una costante attenzione al mondo circostante, allo scopo di evitare di interferire con il suo inesauribile divenire. Josè Nalda ci spiega per quale motivo questa idea ci riguarda tanto come Budoka che come esseri in rapporto con la società che ci circonda 

di JOSÈ SANTOS  NALDA ALBIAC

Wu-Wei è il modo di dominare le circostanze senza l’affermazione di se stessi contro di esse
Lin Yu Tang (1895-1976)

Origine ed etimologia

Wu-Wei è un concetto di origine taoista, talmente antico che il Tao te King, scritto da Lao Tse nel VI secolo avanti Cristo, già vi fa riferimento in maniera diretta in molti dei suoi capitoli. Questa idea nasce dalle osservazioni di molteplici generazioni sull’ordine della natura e dagli insegnamenti che se ne traggono, sul modo di originarsi e succedersi di tutti i fenomeni grazie all’alternanza, sui cicli, sul ritmo, sulla non resistenza, ecc.

WU significa: niente. WEI significa: fare

Anche se il suo significato letterale induce a pensare che non bisogna fare niente, la proposta reale di questo concetto invita a non rimanere passivi, inattivi, pigri e indifferenti davanti alla vita di tutti i giorni, ma di operare con diligenza per realizzare l’azione precisa nel momento opportuno, né prima né dopo. Il monaco trappista, filosofo e scrittore, Thomas Merton lo ha definito molto bene:
“È l’azione non in contrasto con il cielo e con la terra, non in conflitto con il dinamismo dell’insieme, ma in perfetta armonia.”

Wu Wei: Fare Niente

Wu-Wei e Budo

A partire dal X secolo (periodo Kamakura) o forse prima, i maestri di arti marziali iniziarono ad ispirarsi ad alcuni concetti taoisti con l’idea di rafforzare la tempra dei guerrieri e trovare una strategia migliore per il combattimento. La nozione del Wu-Wei non passò inosservata e da essa vennero estratti alcuni principi tattici, come ad esempio:

– non lottare contro le leggi della natura
– non agire nel momento sfavorevole
– non incatenarsi nell’intenzione di…
– non coinvolgersi più del necessario
– non ostinarsi né forzare le situazioni
– accettare l’avversità inevitabile per minimizzarne gli effetti
– rispettare il naturale divenire dei processi o delle relazioni
– ecc. ecc.

Queste norme che gli autentici “bushi” applicavano alla loro vita di tutti i giorni, sono state trasmesse di generazione in generazione in seno alle Scuole di Bu-Jutsu, fino ad arrivare ai nostri giorni, dove bisogna riconoscere che continuano a mantenere piena validità ed attualità.

Wu-Wei nella nostra società

La vita odierna di cambi bruschi e continui, di attività accelerata, di fretta quotidiana, di incertezza permanente, di ricerca di soddisfazioni e risultati immediati, di rifiuto degli sforzi, di stress, ecc., è una fonte generatrice di alterazioni psicosomatiche e conflitti interpersonali per la sopravvivenza, il successo, il prestigio, il denaro, ecc., in tutti gli ambiti del fare umano. In un epoca come la nostra, nella quale lo spirito competitivo è la prima regola della sopravvivenza, possiamo affidarci alla filosofia Wu-Wei? Abbiamo organizzato la società in modo tale che sembra imprescindibile adottare fin dall’adolescenza un’attitudine competitiva che ci permetta di conseguire le nostre mete personali, siano esse negli studi, nel lavoro, negli affari, nello sport, nella politica, nella letteratura, nella musica, nel cinema, ecc., semplicemente perché ci è stata inculcata l’idea di trionfo o miseria, e logicamente tutti vogliamo trionfare…da qui nasce la competitività cruda e permanente, che inevitabilmente genera tensione, ansietà, invidia, conflitto, gioco sporco, fino ad infermità di ogni tipo…perché non c’è un primo posto per tutti. Sappiamo ormai da anni che mantenere per molto tempo un’attività frenetica, forzando la volontà di successo che alimenta lo spirito competitivo, è la causa principale del tanto conosciuto “stress”, dal quale sembra che ormai nemmeno i bambini siano immuni, e questa tensione mantenuta scatena disfunzioni psicosomatiche se non infermità cardiovascolari, oltre a pregiudicare la propria vita lavorativa e privata.
Gli specialisti di differenti aree del sapere umano, ci danno consigli sulla necessità di cambiare l’attitudine ed il comportamento, sapersi rilassare, vale a dire, prendere le cose con calma, prendersi un tempo per ogni cosa, quello necessario, e fare ogni cosa a suo tempo, sapendo che la precipitazione, lo spingere o forzare le cose, non porta mai a buoni risultati. Come possiamo vedere, ci invitano con espressioni occidentali ad intraprendere il cammino del Wu-Wei.

Non manipolare, non condizionare, non controllare…

D’altra parte, la psicologia moderna relaziona strettamente il principio Wu-Wei con l’attività del subcosciente, dato che, lasciando in sospeso tutta l’attività cosciente ed i desideri compulsivi, relativi alla programmazione o pianificazione della condotta avviata al conseguimento di un obiettivo, si permette che affiori la ricettività naturale, l’intuizione e la saggezza del subcosciente apportando soluzioni sempre in accordo con i processi naturali.

Wu-Wei. Oggi qui ed ora

Di fronte all’azione trepidante, all’intervento compulsivo, all’eccitazione apparentemente necessaria o giustificata, al desiderio di fare sopra ogni cosa, ecc., la filosofia taoista ci propone la via del Wu-Wei, applicata a tutti i momenti della vita…

Wu-Wei ci insegna a:
– Realizzare le azioni secondo quanto richiesto dalla propria natura, liberi dal soggettivismo generatore di pregiudizi.
– Non forzare né contrariare il processo naturale di ogni situazione o processo, salvo quando questi fossero causa di ingiustizia o pregiudizio notorio.
– Intervenire negli avvenimenti con tranquillità, evitando i modi bruschi o la violenza.
– Agire nel momento giusto, né prima né dopo, né con più o con meno interesse, attenzione o energia del necessario.
– Discernere in ogni circostanza quello che si può fare o meno, quello che si può o non si può cambiare, quello che si deve accettare da quello che non si deve.
– Nei rapporti interpersonali, non manipolare, non condizionare, non controllare, non forzare, non dominare, non ingannare gli altri, lasciando che siano come sono, e che agiscano secondo il loro libero arbitrio, chiaramente compiendo sempre il proprio dovere ed i propri obblighi.

Un Aneddoto

Nikos Kazantzaki (1883-1957), scrittore e filosofo greco, autore della novella “Alexis Zorba”, riporta questa sua esperienza che risulta concorde con il principio del Wu-Wei.
“Mi ricordo che una mattina scoprii nel ramo di un albero, il bozzolo di una farfalla, nel momento in cui questa iniziava a rompere l’involucro per uscire all’esterno.
Aspettai un po’ osservando, ma tardava molto ad uscire ed io avevo fretta…così mi avvicinai all’albero, e mi misi a riscaldare il bozzolo con il mio alito in modo veloce ed impaziente, ed il miracolo iniziò a prodursi davanti ai miei occhi, ad un ritmo più rapido di quello naturale.
Si aprì l’involucro lasciando uscire la farfalla che si trascinava, e non dimenticherò mai l’orrore che provai in quel momento.
Le sue ali non erano ancora spiegate ed il suo piccolo corpo tremando, si sforzava di spiegarle, piegato su di lei volevo aiutarla con il mio alito, ma invano…
Necessitava di una maturazione paziente, e lo spiegamento delle sue ali doveva prodursi lentamente con il calore del sole, ma ormai era troppo tardi, il mio alito aveva obbligato la farfalla ad uscire grinzosa prima del tempo.
Si agitava disperata ed alcuni minuti dopo, morì nel palmo della mia mano.
Credo che questo piccolo cadavere sia stato il peso più grande che abbia mai avuto sulla coscienza. Per questo ho compreso molto bene che è un peccato mortale forzare le leggi naturali.
Non dobbiamo affrettarci, né spazientirci, ma seguire con fiducia il ritmo eterno.”

 

Copyright Josè Santos Nalda ©2011
Traduzione dallo spagnolo di Walter Ippoliti
Ogni riproduzione non autorizzata è strettamente proibita

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