Durante lo scorso stage tenuto a Torino da Morihiro Saito Sensei (1990 NdR), abbiamo approfittato della cordialità e della disponibilità del Maestro che ci ha concesso questa lunga intervista. Ringraziamo, oltre il Maestro Saito, Paolo Corallini per la gentile collaborazione, Sonoko Tanaka per l’indispensabile traduzione all’atto dell’intervista e la signora Yoko Raggi per l’assistenza durante il lavoro di trascrizione
di LORENZO TRAINELLI
AIKO
Nelle sue lezioni, Maestro, lei si ispira direttamente al modello di insegnamento di O’Sensei; vuole parlarcene, ed in particolare spiegare se il Fondatore adottava metodi diversi a seconda del luogo e della circostanza in cui si trovava ad insegnare?
SAITO
Non penso che O’Sensei intendesse cambiare il suo modo di insegnare a seconda del luogo dove teneva la lezione. Tuttavia sussiste una differenza tra il suo insegnamento ad Iwama e quello proposto in altre occasioni. Ad Iwama infatti, il Fondatore poteva contare sulla continuità e su una grande disponibilità di tempo, a differenza delle occasioni in cui era chiamato a dirigere seminari di tre o cinque giorni. In quei casi doveva fare cose diverse. La differenza tra gli altri insegnanti e me risiede proprio in questo: io ho ricevuto l’insegnamento direttamente dal Fondatore per oltre venti anni con continuità (1); gli altri insegnanti che si trovano oggi in tutto il mondo hanno studiato con O’Sensei magari per quattro o cinque anni, quando il Fondatore si recava all’Hombu Dojo di Tokyo (2), e poi, venticinquenni, sono partiti per l’Europa ed il Nord America. Iniziando l’insegnamento laggiù dissero di seguire ognuno il metodo di O’Sensei, tuttavia con differenze tra loro comprensibili per il motivo che ho detto. In ogni caso io ho rispetto di tutti coloro che hanno studiato con il Fondatore.
AIKO
Nell’insegnamento di O’Sensei, quanto è importante l’aspetto religioso?

SAITO
Io non capisco niente di religione! (ride. ndr). Certo, O’Sensei parlava anche di religione. Era parte della sua ricerca, uno studio che conduceva personalmente, ma che non ha mai imposto ai suoi allievi.
AIKO
Lei, Maestro, considera la pratica religiosa separata da quella dell’Aikido?
SAITO SENSEI
Le faccio un esempio: conosce Nakazono Sensei? (3) Nakazono Sensei parla sempre del Kotodama (4), perciò quando vengo in Europa mi trovo sempre a dover rispondere alla domanda se il Kotodama è importante per l’Aikido e sul significato di questa pratica religiosa in relazione all’Arte. La mia risposta è che se il Kototama fosse veramente importante per l’Aikido, ebbene Nakazono Sensei sarebbe di gran lunga il miglior esperto di Aikido! Lo scopo dell’allenamento nell’Aikido non è di ambito religioso bensì è la comprensione e l’approfondimento di ciò che ci ha lasciato O’Sensei. Dobbiamo continuare a studiare l’Arte con razionalità.
AIKO
Dovendo descrivere il carattere di O’Sensei brevemente, la sua presenza nella vita ordinaria, fuori dal tatami, cosa direbbe? Racconterebbe un aneddoto?
SAITO
Aneddoti ce ne sarebbero troppi. In una parola direi che Morihei Sensei era tutto l’opposto di Kisshomaru (5). Era il contrario in qualunque cosa. Vede, Kisshomaru ha il merito di avere sviluppato in grande l’Aikikai, ma se fosse stato per O’Sensei, l’associazione sarebbe fallita in tre giorni! (ride. ndr). Credo che da questo si possa intuire molto del suo carattere.
AIKO
Nella vita del Fondatore e nello stesso sviluppo dell’Aikido, la vita di campagna e l’agricoltura hanno avuto un’influenza fondamentale, permettendo ad O’Sensei di trovare ad Iwama la serenità necessaria ai suoi studi mentre si svolgeva la seconda guerra mondiale (6). Lei stesso, Maestro ha lavorato la terra e conosciuto la vita agricola. Quale importanza hanno avuto nel suo Aikido?
SAITO
Io lavoravo per il Fondatore; servendolo in ogni modo e dedicandogli la fatica del lavoro nei campi, sono stato ricambiato con parole che nessun altro allievo avrebbe potuto ricevere con la sola partecipazione agli allenamenti serali. Le manifestazioni di lode, di riconoscenza, di affetto che ricevevo creavano un bellissimo rapporto tra Maestro ed allievo. Credo che il servizio al Maestro sia un aspetto fondamentale della relazione tra Maestro e allievo: il discepolo cerca di soddisfare il Maestro impegnandosi con tutto il cuore, il Maestro ricambia con l’affetto e l’insegnamento. All’Hombu Dojo gli altri allievi fecero arrabbiare O’Sensei; per questo motivo egli non insegnò mai le tecniche di ken e jo quando si recava a Tokyo.

AIKO
Anche lei, Maestro, ha fatto parte della compagine degli istruttori dell’Aikikai Hombu Dojo per diversi anni. Per quale motivo ha smesso di insegnare a Tokyo?
SAITO
Ci sono molte ragioni. In primo luogo era molto distante. Inoltre, mentre dal ‘60 al ‘64 andavo il mercoledì, poi mi fu affidata la lezione della domenica. Dovevo perciò rinunciare all’allenamento domenicale ad Iwama ed affidarne la direzione ad un sempai (allievo anziano). Avvenne che, in mia assenza, questo sempai conducesse delle lezioni poco ortodosse, cercando nuove tecniche e corrompendo l’insegnamento del Dojo. Gli allievi, scontenti di questa situazione, mi fecero sapere di aver ricevuto insegnamenti sbagliati e di essere insoddisfatti e confusi. Capii così che non potevo continuare ad affidare ad altri la lezione domenicale e smisi di andare a Tokyo. Tenevo molto all’allenamento della domenica.
AIKO
Nello “Stile di Iwama”, che, dopo la scomparsa del Fondatore, lei conserva nell’Ibaragi Dojo e diffonde nei numerosi viaggi in Europa ed in Nord America, riveste un’importanza centrale il concetto di Riai. Vuole caratterizzarlo sinteticamente?
SAITO
Il Riai nell’Aikido è l’integrazione che sussiste tra Taijutsu (tecniche disarmate) e Bukiwaza (tecniche armate). E’ una composizione armoniosa dei principi e delle ragioni alla base dei movimenti nelle tecniche disarmate, di spada e di bastone. Ogni ragione si lega alle altre. La struttura razionale del Taijutsu va agganciata a quelle dell’Aikiken e dell’Aikijo. L’Aikido è tutte e tre le cose insieme perchè divengano una sola pratica.
AIKO
Lei ritiene, Maestro, che questa integrazione tra le tre tecniche sia giunta quale risultato finale dell’articolatissima esperienza maturata dal Fondatore, oppure sia un’idea originaria cui egli ha poi ispirato lo studio di tante arti marziali e la creazione dell’Aikido?
SAITO
Entrambe le cose. Come ho mostrato durante lo stage, nel libro scritto da O’Sensei più di cinquanta anni fa si vedono già forme di jo e ken integrate con il Taijutsu. Da quando il Fondatore si ritirò ad Iwama, non dovendo più lavorare, la sua ricerca proseguì in quella direzione. Egli approfondiva il suo studio praticando, ora, sempre e solamente Aikido, fino a completare l’opera e giungere così al risultato che lei intende. O’Sensei diceva talvolta che ciò che aveva studiato e praticato prima non era il vero Aikido, che solo ad Iwama aveva raggiunto il vero Aikido. Naturalmente, per me ed altri suoi allievi è difficile condividere questo pensiero: ciò che O’Sensei aveva sperimentato in passato era necessario per arrivare all’Aikido di Iwama; così per me come per altri l’intero percorso è stato meraviglioso, dall’inizio alla fine, le vecchie tecniche come le nuove. Questo è il motivo per cui tra i vecchi allievi si trovano dei bravi insegnanti. L’insegnamento di O’Sensei è splendido, dall’inizio alla fine e la sua forma finale e definitiva è lo “Stile di Iwama”. Già prima di Iwama il Fondatore aveva in mente il ken e il jo, ma l’integrazione non era completa, perciò quando insegnava a Tokyo le tecniche disarmate e quelle armate erano separate. Una volta ad Iwama, egli cambiò tante cose, anche riguardo agli angoli di entrata come abbiamo visto ad esempio per lo “shiho nage” e giunse ad unificare le tre tecniche. Perciò i suoi allievi durante la guerra non hanno avuto l’insegnamento della spada e del bastone; il metodo non era ancora compiuto. Ecco perché mi trovo ad essere l’unica persona al mondo ad avere ricevuto l’intero insegnamento. Sono il solo. Non c’è nessun altro.

AIKO
L’Ibaragi Dojo di Iwama, eretto da O’Sensei, ed a lei affidato sin dalla scomparsa del Vecchio Maestro, sarà presto smantellato nel corso di una operazione immobiliare. E’ interessato anche il santuario dell’Aiki adiacente al Dojo? Quali provvedimenti ha preso al
riguardo?
SAITO
Il terreno dove sorge il Dojo sarà posto in vendita, ma non quello su cui sorge l’Aiki Jinja. Il nuovo Dojo sarà costruito accanto al santuario. I termini della vendita non sono ancora definiti. Quando i proprietari avranno deciso, si cominceranno i lavori per il nuovo Dojo (7).
AIKO
Come trova, Maestro, l’atmosfera e la presenza dei praticanti in Italia?
SAITO
Sono molto contento perchè in questo stage di Paolo (Corallini) ho incontrato tante persone provenienti da vari gruppi. Vede, nei primi anni quelli dell’Aikikai d’Italia non partecipavano con mio grande dispiacere. Ultimamente però noto piacevolmente
una maggiore presenza ed apertura.
AIKO
Come giudica la qualità dei praticanti italiani?
SAITO
E’ difficile rispondere. Non si possono fare paragoni con gli aikidoka di altre nazioni. La maggior parte di coloro che praticano Budo (le vie marziali) condividono lo spirito dei samurai, e anche in Italia si trovano praticanti con una sincera passione per l’Aikido. Questo mi riempie di piacere. In Italia Tada Sensei ha svolto un ottimo lavoro. Lo stage è stato molto bello, lo stare insieme a voi mi ha fatto venire voglia di ritornare.
AIKO
Sotto quali aspetti vede la tecnica come strumento di crescita interiore?
SAITO
Nell’Aikido non esiste la competizione ed inoltre è molto razionale. E’ meraviglioso vedere tutti coloro che conducono la loro ricerca sulla strada più dura impegnandosi nell’Aikido. Un aspetto della bellezza dell’Aikido è come la sua teoria si possa applicare alla vita quotidiana e sociale. Questo è il motivo per cui tutti sono felici di fare Aikido. Nelle città giapponesi, nel Dojo di Aikido, dopo la lezione dei bambini, i genitori dimostrano grande riconoscenza e soddisfazione per il lavoro degli insegnanti. Ciò perchè i bambini lì imparano l’educazione e crescono sani e buoni di cuore.
AIKO
A proposito di questa crescita interiore, lei ritiene che il praticante occidentale abbia le stesse potenzialità del giapponese?

SAITO
Non c’è differenza. Se un maestro dicesse che uno straniero non può arrivare dove può il giapponese, sarebbe un insegnante che non sa insegnare. Le possibilità di capire sono le stesse, tuttavia questo non significa che non esistano differenze tra un popolo e l’altro. A prescindere da queste, in ogni nazione, c’è chi si impegna di più e chi meno, quindi vi sono non giapponesi che lavorano di più di tanti giapponesi. Non è qui la differenza. L’unica cosa che si può dire a riguardo dell’attitudine è che i giapponesi sopportano di più la sofferenza e la fatica. Noi siamo abituati a non mostrare il dolore, a nascondere una malattia, a continuare senza lasciare trasparire la stanchezza. In voi forse c’è una tendenza a smettere prima, a sopportare meno. Questo atteggiamento dei giapponesi è spesso esagerato e personalmente credo che forzare troppo possa diventare dannoso alla salute. Noi però abbiamo questa tendenza e continuiamo anche se fa male. Vede, anticamente in Giappone questo atteggiamento era considerato una virtù per cui era nobile nascondere al maestro il dolore o una maldisposizione. Era bello. Ad ogni modo, i giovani, anche in Giappone stanno cambiando e forse non vi sono ormai più differenze tra giovani giapponesi e stranieri.
AIKO
Lei, Maestro, ritiene che questo atteggiamento interiore sia un requisito fondamentale per un buon apprendimento dell’Arte?
SAITO
Per migliorare la propria tecnica non occorre questa capacità di sopportazione, però se uno deve diventare maestro, allora si vede chi ha sofferto e chi non ha fatto sforzi. Quella resistenza fa crescere la persona. L’attitudine di chi non ha sopportato in questo modo si riconosce, perciò, per quanto non si notino differenze nell’abilità tecnica, si capisce chi potrà diventare un maestro e chi no.
NOTE:
(1) Saito Sensei ha iniziato lo studio nel 1946. La scomparsa del Fondatore avviene nel 1969.
(2) Si tratta naturalmente dell’Aikikai Hombu Dojo oggi diretto dal nipote del Fondatore, Waka Sensei Moriteru Ueshiba.
(3) Mutsuharu Nakazono Sensei, uno dei primi maestri giapponesi recatisi in Europa e tuttora in attività.
(4) Il Kotodama (Anima dei Suoni) è una pratica spirituale scintoista che si fonda sullo studio e l’uso dei suoni e del loro potere.
(5) Il terzo figlio del Fondatore, attuale Doshu (Guida dell’Arte).
(6) O’Sensei si ritirò ad Iwama fin dal 1942, fondando l’Ibaragi Dojo come dojo/fattoria all’aria aperta.
(7) L’inaugurazione del nuovo Dojo è prevista per il 25 settembre (1990 Ndr)
Fonte: AIKO – Notiziario LIA e spazio aperto di informazioni e cultura di Aikido – n. 4 – Equinozio d’autunno 1990
Riprodotto con la gentile autorizzazione di Lorenzo Trainelli
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