Oltre al piacere e all’entusiasmo di apprendere e praticare l’Aikido, scoprendo incredibilmente sempre qualcosa di nuovo, devo riconoscere che quando sono arrivato al centro sportivo di Novi Sad in Serbia, in attesa dell’arrivo del Maestro mi sono scoperto essere emozionato come un adolescente che vede per la prima volta una persona importante
di MASSIMILIANO GANDOSSI
E mi ha fatto piacere , sinceramente sentirmi e riscoprirmi emozionato, pur avendo oggi ben altri strumenti per gestire emozioni ed emotività, non ho voluto adoperarli e mi sono gustato fino in fondo il piacere di attendere quella camminata lenta e cadenzata del Maestro verso il Kamiza che annuncia l’inizio del Seminario.
Come sempre vedere il Maestro Shimizu in movimento e vedergli dimostrare le tecniche rende immediata e semplice la comprensione di cosa sia l’Aikido, e questa volta oltre ad esprimerlo coi fatti ha voluto soffermarsi su qualche concetto e approfondirlo anche con le parole. “Aiki sono due Kanji, “Ai” e “Ki” , nell’aikido proiettiamo, controlliamo mediante leve, ma l’Aiki non é solo la proiezione o la leva, è soprattutto (mimando con le mani due linee che da direzioni differenti convergono in una) Awase, muoversi nel modo e con il tempo giusti affinché si utilizzi l’energia del partner per fare la tecnica e non la propria forza. Facile concettualmente, facile vederlo fare da lui, bello quando capita di sentirlo nel proprio corpo, ti senti VIVO.
Rei é un concetto che riguarda la cultura giapponese, quando siamo sul tatami impariamo e pratichiamo il rei rispettando il compagno ma rispettando anche tutti coloro che sono sul tatami e questo ci aiuta a capire il valore costruttivo del rispetto anche fuori, se avviene n contatto accidentale con qualcuno che sia io a provocarlo o a subirlo faró un PASSO INDIETRO e un INCHINO. Trovo che da un esempio del genere si possa imparare tantissimo sulla vita quotidiana, basta una riflessione e ognuno di noi troverà l’applicabilità di “Rei” nel proprio vissuto, nei propri demoni, nelle proprie insofferenze e bisogni. Peraltro questo si inserisce con un tempismo eccezionale in un momento in cui sto riflettendo molto sui limiti che ostacolano la nostra crescita spirituale come esseri umani.
Proprio in questi giorni rifletto sul fatto che un buon punto di partenza nel cammino sia imparare a STARE in quel periodo che intercorre tra l’insorgere di un bisogno e la sua soddisfazione, imparando ad osservare e gestire il nervosismo, l’insofferenza e i comportamenti che ne conseguono, e penso che i contatti accidentali , per volontà nostra o subiti spesso siano un amplificatore delle emozioni negative che si generano in quel periodo. Rei, rifletteró molto su questo.

“Dopo i vent’anni una persona dovrebbe essere sempre pronta a morire”. Trasaliamo! Come?! “La forza nel tempo diminuisce e il ki aumenta se noi lo nutriamo con atti di volontà, se viviamo pensando che quello che é stato é passato, e ora siamo nel presente, senza sapere se ci sarà un futuro o no, troveremo l’energia, la voglia di fare quello che va fatto indipendentemente dal fatto che sia facile o difficile, comodo o scomodo, troveremo la voglia di alzarci presto per un asakeiko, di dare tutto ció che abbiamo con un principiante alla sua prima lezione e con un superesperto che pretende la nostra massima concentrazione e il nostro ki crescerà, col passare del tempo. Forse il tempo stesso sembrerà passare in modo diverso.
“Se vogliamo passare dal kata al waza, cioé dal movimento alla tecnica, e fare progressi tecnici, é essenziale che ci sia il kimochi , che mettiamo spirito ed energia nel movimento, altrimenti faremo solo movimento, potrebbe essere bello , divertente , utile ma non svilupperà la tecnica. Asobi é una conseguenza del fatto che abbiamo praticato bene non un bisogno da soddisfare quando si sale sul tatami”. Ho riflettuto anche su questo, tempo fa, scrivendo una risposta ad un articolo di Simone Chierchini avevo parlato dell’asobi, del divertimento, sostenendo la necessità di dare spazio a quest’elemento affinché la pratica dell’Aikido non spaventi e permetta alle persone che vi si accostano di entrare nello spirito gradualmente, senza fanatismi. Continuo a pensare questo ma mi rendo conto che man mano che un dojo e le persone che vi praticano crescono in termini di anni di pratica, sentono sempre piú bisogno di concentrazione, silenzio e intensità proprio per sentire quella soddisfazio e che diventa a tutti gli effetti il divertimento della pratica! Kimochi, silenzioso, non giudicante né tantomeno rimproverante verso chi ancora non ha quel dono da fare all’altro, perché ancora il suo grado evolutivo non glielo permette; un esempio da seguire, donato con umiltà e disponibilità.
“Ci sono tanti modi di fare shihonage e anche quando sono già stato afferrato il mio movimento sarà tale da sfruttare l’energia di uke per fare la tecnica, quella forza con cui effettua la presa”. Quante volte capita di FARE la leva e quante volte capita di muoversi in un modo tale che la forza usata da uke lo metta in leva, due cose apparentemente simili ma realmente molto molto diverse.
“Quando ero uchideshi di O Sensei, un commerciante di profumi francese chiese di poter avere lezioni private con O Sensei. Pagó una fortuna per quelle lezioni e O Sensei, per alcuni mesi gli diede lezioni con grandissimo impegno e mi usó come uke per quelle lezioni, per mostrare le tecniche e per farle praticare allo studente. Lui non era abituato a praticare e quindi i ritmi del keiko erano troppo duri per lui e spesso doveva sedersi a riposare cosí io ne approfittavo per fare domande a O’Sensei. “O’Sensei, come faccio a fare le tecniche se vengo afferrato con la forza di un judoka? Allora O’Sensei mi chiedeva di afferrarlo con la forza che avrei usato in uno shiai di judo e puntualmente venivo colpito prima ancora di organizzare la mia presa! Ma poi si lasciava anche afferrare e applicava, ogni volta in un modo diverso le tecniche adattandole alla mia presa, trovando dove e come io applicavo la mia forza e sfruttandola, senza fare alcuno sforzo e mettendomi sempre nella condizione di essere sbilanciato o in leva.”
Mostra un repertorio immenso di tecniche di Aikido con il ken e il jo, rendendo evidente come padroneggiando il taijutsu sia semplice adoperare lo spetto principio anche attraverso l’arma con alcuni piccoli accorgimenti.
Kimochi, Asobi, Awase, Rei, Aiki, quante lezioni, quanto materiale, quanta bellezza tra una goccia di sudore e l’altra, quanta strada da percorrere con gioia, quanta emozione in alcuni attimi che é impossibile dimenticare. Vivo con rinnovato entusiasmo l’attesa di Luglio quando il Maestro tornerà a Milano per aiutarci a crescere con lui.
Fonte: http://gorinbushidokai.blogspot.it/2012/03/salire-sul-tatami-continua-ad-essere.html
Copyright Massimiliano Gandossi © 2012
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