Abbiamo ricevuto il seguente interessante commento via Facebook all’articolo Aikido e Politica di Simone Chierchini, e come nella tradizione di Aikido Italia Network ve lo riproponiamo integralmente per la vostra riflessione
di CLAUDIO PIPITONE
Premesso che di Aikido di può e si deve parlare non solo fuori del tatami ma anche sul tatami nella misura in cui le parole possono indirizzare la successiva pratica verso un atteggiamento ed una disposizione interiore corretta, vorrei però fare in questa sede alcuni distinguo…
Innanzi tutto la pratica dell’Aikido e l’organizzazione della pratica dell’Aikido stanno su due piani diversi e separati: mescolarli origina pericolosi fraintendimenti per cui occorre trattare in modo separato il parlare dell’Aikido a scopo didattico od invece a scopo organizzativo (la politica di organizzazione della pratica).
A mio avviso è quindi indiscutibile che la pratica dell’Aikido sia basata esclusivamente sull’azione a cui non si addicono le parole, ma solamente l’imitazione dell’azione che il maestro fornisce con il proprio esempio di pratica “I shin den shin”, quindi al di là delle parole mentre l’organizzazione della pratica, quando non consista nella deprecabile dittatura di una persona o di una ristretta oligarchia, segue e si sviluppa seguendo un’altro percorso, quello esclusivo delle parole attraverso la discussione democratica in cui il risultato e le decisioni si arricchiscono e sono il risultato del contributo di idee e di proposte provenienti da tutti coloro che hanno un loro ruolo nell’organizzazione della pratica stessa.
Scrivo questo commento perchè ho notato una recente crescente deriva verso una didattica aikidoistica più parlata che praticata, insegnanti che, per la maggior parte del tempo dedicato sul tatami alla presentazione delle tecniche, sono impegnati a spiegare più con le parole che con l’azione, mentre l’Aikido non s’impara con la mente, con la discussione delle tecniche, ma con il corpo che è esso stesso lo strumento cognitivo essenziale ed appropriato per l’apprendimento attraverso lo sviluppo della propria capacità ricettiva delle sensazioni al fine di percepire “a pelle” e/o “a pancia” (kikai-tanden) le condizioni del rapporto (kokyu) che si viene ad instaurare fra uke e tori, in cui la tecnica d’Aikido che ne scaturisce precede la capacità della mente di elaborare il pensiero e non deve essere invece conseguente al pensiero e/o la memorizzazione mentale di forme geometriche corrispondenti alle varie tecniche di cui l’Aikido è costituito.

L’Aikido s’insegna quindi con l’esempio, s’impara per imitazione ed emulazione del maestro, si memorizza innanzi tutto fisicamente nel corpo e nella sfera istintuale.
Insegnamento significa trasmissione 以心伝心 (I Shin den Shin), cioè trasmissione senza le parole ed al di là delle parole.
Come ho avuto modo di scrivere spesso anche in altre sedi, l’espressione 以心伝心 “I shin den shin” significa trasmissione per partecipazione diretta del proprio animo, per coinvolgimento diretto nel medesimo sentire, al di là delle parole, fra Maestro ed allievo e questa è la condizione irrinunciabile della didattica aikidoistica.
Quanto sopra evidentemente non toglie, che si possa anche abbinare nella didattica delle spiegazioni che provengono dalle parole ma occorre però nel contempo dire anche con chiarezza che non si può pensare di trasmettere la conoscenza dell’Aikido attraverso parole e concetti che suppliscano a ciò che il maestro non è capace di fornire con il proprio esempio, cioè con delle spiegazioni razionali di tipo cattedratico così come l’insegnamento è normalmente inteso da noi in occidente, molto comodo a coloro che “sanno tutto” sull’Aikido senza avere però al capacità di dimostrare con l’esempio le parole di cui inondano le loro lezioni.
La trasmissione della conoscenza del’Aikido appartiene quindi alla sfera più sottile e più profonda del sentire, cioè del proprio intimo modo di essere non solo sul tatami ma nella stessa vita quotidiana e del modo di porsi in relazione alla pratica.
Il Maestro deve dunque avere la capacità non solo di spiegare razionalmente ai suoi allievi le tecniche di Aikido, ma deve soprattutto essere in grado di insegnarle attraverso la dimostrazione della dinamica del proprio corpo, nell’azione fisica e concreta di fornire l’esempio di “come” la tecnica deve essere eseguita.
Buon keiko a tutti.
Copyright Claudio Pipitone © 2012
Ogni riproduzione non espressamente autorizzata dall’autore è proibita
Non posso che sottoscrivere pienamente il tuo “commentone”, al punto che lo ho ripubblicato integralmente sul blog.
Tuttavia il mio articolo parlava soprattutto dell’uso “politico”, ossia sociale, pratico, dell’Aikido fuori del tatami, contrapponendolo ad un uso “interno”, esclusivo del dojo, che assai spesso finisce per trasformarsi in ginnastica, onanismo o scuola di violenza.