Vivere l’Epidemia da Budoka


Le limitazioni imposte dalle restrizioni agli spostamenti e agli incontri hanno comportato la chiusura dei dojo (in Francia, così come in Italia e in altre parti del mondo). Molti praticanti si domandano come poter proseguire lo studio del Budo e l’allenamento

di ANDRÉ COGNARD

La maggior parte degli istruttori ha deciso di sfruttare la tecnologia informatica per rimanere in contatto con i propri allievi, dando loro la possibilità di continuare a praticare. Io stesso ho inviato alcune lettere ai praticanti di Kobayashi Ryu Aikido al fine di sostenerli e proporre loro una forma di allenamento personalizzato.

Nella nostra scuola in realtà anche in tempi normali – non segnati cioè dall’epidemia – la pratica personale è “di casa” e costituisce la norma. Abbiamo infatti la fortuna di avere un gran numero di strumenti a disposizione: più del cinquanta per cento della pratica viene dedicata alle armi, e questo già a partire dagli esordi di Kobayashi Sensei in Europa; l’Aikishintaiso poi è molto sviluppato. Quest’ultimo consente di esplorare la propria coscienza e il proprio corpo attraverso l’analisi della postura, migliorando in tal modo le capacità psicosomatiche.

In quest’ottica, la pratica cambia di aspetto ma le modalità e gli obiettivi finali rimangono di fatto i medesimi: liberare se stessi e incrementare la creatività riparando il proprio campo propriocettivo attraverso un lavoro condotto sul corpo.

Il punto essenziale è mantenere salde le proprie motivazioni senza lasciarsi condizionare dalla tristezza generale, che per taluni può sconfinare nella malinconia.

Ecco quindi per voi la prima lettera originariamente inviata a tutti gli studenti di Kobayashi Ryu e scritta in occasione del primo lockdown nella scorsa primavera. Subito di seguito sottopongo alla vostra attenzione la mia ultima missiva, spedita di recente, sul finire di ottobre, quando è stato annunciato in Francia (ma le tempistiche e la situazione non differiscono di troppo in Italia) il secondo periodo di lockdown.

È probabile che alcuni lettori di AIN, che non siano praticanti di Kobayashi Ryu Aikido, non abbiano familiarità con le tecniche qui proposte, e in tal caso mi scuso se non tutto dovesse risultare chiaro. Nondimeno, qualora un certo numero di persone risultasse interessata e ne facesse richiesta, si può valutare di girare uno o più video incentrati su un programma didattico dedicato alla lotta contro la depressione.


Non lasciate mai che il vostro morale si abbassi troppo
(Lettera del 4 aprile 2020)

ll vostro corpo, dalla profondità ultima fino alla sua superficie (là dove lo sguardo illumina il viso), e la vostra coscienza, dal suo immaginario più sottile alla razionalità più rude, sono in costante interscambio.

Essi si rigettano per potersi isolare reciprocamente di modo che, una volta separati, siano in grado di produrre l’uno la pulsione di vita e l’altra il pensiero. Si contengono reciprocamente per mantenere la nostra unità e mantenerci in vita.

Se uno dei due sprofonda, se cioè il suo livello di energia si abbassa troppo, esso finisce col trascinare anche l’altro nella sua caduta. Viceversa, se il livello di energia si innalza nell’uno, esso tirerà verso l’alto anche l’altro.

A noi dunque la scelta: lasciare che si costruiscano oppure, al contrario, che si distruggano reciprocamente. Il conflitto normale che li anima deve essere mantenuto in equilibrio. La rottura di tale equilibrio infatti, in questo caso così come per ogni relazione, scatena la violenza e di conseguenza la distruzione.

Ciò che caratterizza l’essere umano, distinguendolo dalle altre specie, non è tanto la capacità di adattamento, quanto ciò che essa può divenire grazie alla capacità di immaginazione. È proprio l’immaginazione infatti il tratto peculiare degli esseri umani. Quando possiamo proiettarci nell’avvenire, quando siamo in grado di pensare la nostra evoluzione, e con essa la trasformazione del mondo, allora tutto va bene e la mente è colma di energia. La coscienza deve essere “spazio-temporalizzata” per funzionare.

La limitazione alla libertà dovuta al confinamento costituisce senz’altro una restrizione dello spazio fisico in cui viviamo, ma internamente essa è vissuta come una riduzione dello spazio coscienziale. Quando infatti la coscienza non dispone più di spazio per “volare”, allora gli orizzonti diventano troppo ristretti. Il rischio di caduta del livello di energia mentale è del tutto concreto. La nostra immaginazione è la punta di diamante della nostra coscienza: è l’immaginazione infatti a mettere in moto tutto il resto.

Come un corpo affetto da una patologia o da una ferita può provocare il disfacimento di ogni speranza e di ogni desiderio, così uno stato in cui la componente mentale è sprofondata può trascinare l’essere tutto, corpo compreso, nel suo precipizio.

Per nostra fortuna abbiamo il potere di decidere nonché la capacità di preservare il corpo e il suo sviluppo attraverso l’aiuto reciproco. In qualità di aikidoka disponete di strumenti che vi permettono di mettere in pratica la condotta del sostegno vicendevole. Fate salire l’energia del vostro corpo e il vostro morale migliorerà.

Coloro che non conoscono bene il kihon di suburi con il ken di Akamon possono adottare questo programma, semplice ed efficace, di tecniche di Aikishintaiso per mantenere o ritrovare un morale alto e per incrementare l’energia:

  • Cominciate con la sequenza di kubi no undo del kihon di Aikishintaiso ed eseguitela tre volte. Ciò metterà il vostro corpo e la vostra coscienza in allerta.
  • Eseguite sayo-otoshi per cinque minuti. Orientate bene i vostri occhi verso l’alto in direzione opposta alla flessione. Questo attiverà una risalita di energia dallo spazio pulsionale a quello emotivo.
Sayo-otoshi
  • Eseguite poi kokyu ho tre minuti per fare passare questa energia a livello cosciente.
  • È ora il momento di rinforzare la potenza pulsionale. In posizione di ritsuzen largo con le braccia orizzontali, fate dei movimenti di caricamento con il bacino (una sorta di “push-up” in piedi: si tratta di spingere verso il basso il piatto pelvico per due secondi e poi rilasciare per un secondo, mantenendo questo ritmo) al fine di creare un richiamo di energia. Ricordate che Kobayashi Sensei diceva: “L’energia che arriva nel nostro corpo proviene da una sorgente inesauribile; più ne facciamo uso e più essa si rinnova”. Eseguite questo esercizio per cinque minuti.
Koshi no undo
  • In postura per koshi no undo, eseguite per cinque minuti delle serie di 9 movimenti di koshi no undo a 30° + 1 movimento completo.
  • Ritornando in seiza eseguite sayo-otoshi per 2 minuti, e terminate infine con kokyu-ho per 1 minuto.

Con questo programma non correrete il rischio di subire un crollo interiore.

Per gli allievi di Akamon, presumo – ne sono anzi convinto – che pratichiate il kihon di suburi con il bokken tutti i giorni: esso assicura tanto la forma fisica quanto quella morale.

Bisogna tuttavia pensare anche a progredire. Nel Budo infatti non c’è stagnazione: chi non avanza regredisce. Pertanto in aggiunta al ben noto kihon vi propongo tale sequenza con il ken:

  • Shomen uchi sul profilo destro, prima avanzando e poi arretrando.
  • Tsuki sul profilo destro.
  • Sayo men uchi a sinistra + destra, avanzando.
  • Tsuki sul profilo sinistro avanzando.
    La sequenza deve essere eseguita senza sosta in tutte e quattro le direzioni dei punti cardinali, accelerando continuamente, per cinque minuti.
  • In seguito eseguite la medesima sequenza in tutte e otto le direzioni (aggiungendo ai punti cardinali anche i punti intermedi, nelle direzioni di una ideale rosa dei venti a otto punte) per altri cinque minuti, con non più di dieci secondi di tempo di recupero tra una serie e l’altra, qualora si renda proprio necessario (per i praticanti anagraficamente più anziani).
  • Infine eseguite l’esercizio di taglio in kiba dachi alla massima velocità per tre minuti.
  • Per i più coraggiosi 120 tagli in grande flessione, posti a conclusione di questa piccola sessione di allenamento.
  • Per quanti lo conoscono poi è possibile aggiungere anche, un’unica volta, obake kiri, come se ne dipendesse la vostra vita.
    Qui non si tratta soltanto di mantenere alto il livello, ma di innalzarlo.

Se qualche lettore di questo messaggio non comprende bene le tecniche proposte, non esiti a chiedere lumi a un istruttore esperto, che sia a conoscenza delle sequenze proposte.


Vivere l’epidemia da budoka quali siete
(Lettera del 20 ottobre 2020)

Siamo di nuovo al cospetto di decisioni che rendono le nostre attività apparentemente impossibili. I dojo sono chiusi. Un’ora e un chilometro sono le restrizioni che colpiscono brutalmente le nostre aspirazioni, i nostri desideri di vivere e conquistare il nostro tempo. L’impossibilità di proiettarsi nel futuro colpisce duramente la nostra integrità giacché dire “Io” consiste sempre nell’equilibrare presente e futuro.

A meno di entrare nella resistenza o autorizzarsi alla clandestinità, dovremo subire ciò che probabilmente ci rivolta. Di conseguenza il combattimento è interiore. È ovviamente all’interno dei limiti che ci impongono i decreti in corso, ma soprattutto all’interno delle nostre coscienze.

La prima battaglia da affrontare consiste nel non essere demoralizzati: conoscete quel tracollo di energia che spegne i nostri desideri, fa allontanare i nostri progetti, ci preclude di pensare al nostro futuro e al futuro in genere.

Per non subire questo crollo mettete la pratica quotidiana all’interno di ogni vostra giornata, facendone un asse per consolidare ogni istante. Siamo budoka, il che comporta che nulla di ciò che è esterno a noi decide al posto nostro. Niente di ciò che ci capita ci è estraneo.

Siate e rimanete budoka in ogni circostanza. Non arrendetevi mai, sappiate che ogni prova consiste nel convertire ciò che è potenzialmente foriero di sofferenza in un’opportunità, in un’occasione per rafforzarsi. La debolezza non fa parte dell’equipaggiamento del budoka perché questi ha l’obbligo morale di soccorrere gli altri. Egli deve essere il primo a condurre la seconda battaglia.

La seconda battaglia consiste nel proteggete i vostri familiari da questo tracollo del morale: siate abbastanza forti e responsabili per incarnare la speranza, nutrite della vostra energia i loro progetti, fate risplendere il loro futuro. Aiutate i vostri congiunti, i vostri genitori, i vostri figli, i vostri allievi, tutti coloro che potrebbero esserne colpiti e potrebbero vivere questa chiusura come un colpo portato alla loro integrità. Trasmettete la forza del Budo. Il Covid vi da una grande opportunità: quella di essere un budoka utile.

Supereremo queste difficoltà. Il Kobayashi Ryu vivrà e si svilupperà ancora. I vostri dojo saranno di nuovo pieni di allievi se non lasciate nelle mani e nelle parole di chicchessia l’accesso al vostro corpo, al vostro mentale, al vostro cuore. Se lavorate a strutturare ancora il vostro corpo, ad accrescere la vostra potenza mentale, a costruire la vostra tecnica, in altre parole a sviluppare le vostre capacità psicosomatiche, sarete colui cui ognuno si rivolgerà, e questo perché lasciate che che sia soltanto il vostro spirito a governare, e nel far ciò mettete in luce lo spirito di tutti.

Una situazione come quella che stiamo incontrando può generare danni se permettiamo che le emozioni negative prendano il controllo delle nostre vite. Sennonché i nostri spiriti di budoka sono affilati come lame di katana: quarantamila volte lucidate dalla ripetizione di gesti marziali hanno costruito in noi una fortezza indistruttibile le cui porte possono rimanere sempre aperte, giacché niente può scheggiare, smussare, fare indietreggiare le nostre lame.

Sappiamo che nulla può penetrare nella nostra anima se non siamo noi stessi a farlo entrare. Avete imparato a non convogliare la forza dell’attaccante verso il vostro centro.
Nessun katate ryote dori, per potente che sia, vi può squilibrare. Parimenti il sentimento di essere che costituisce il vostro asse psicosomatico si fonda a partire della vostra anima e mai a partire dall’esterno. Come tutti i vostri sentimenti esso è il prodotto di un’interazione tra il vostro spirito e la vostra coscienza.

Di questi tempi gli uccelli del malaugurio sono tanti. Ma le loro profezie negative non possono tangervi giacché non permettete a nessuno l’accesso a quello spazio incorruttibile che è la sede dell’elabrazione del vostro “Io” e di tutte le emozioni che lo esprimono.

Il vostro Aikido vi rende una fortezza sempre aperta, dove tutti possono trovare rifugio e che nessuno affronterà in combattimento poiché il combattimento si è già svolto all’interno, in profondità, nei penetrali della vostra anima, quando la vostra coscienza ha percorso con accuratezza il filo della vostra lama. La libertà è un’immensa emozione che nasce da voi e soltanto da voi. Ne dipende lo stesso desiderio di futuro. Non permettete a nessuno di porre le mani sulla vostra lama.

Ecco di seguito una proposta di pratica per tutti, applicabile con profitto da ogni aikidoka (e budoka in genere), quale che sia la scuola di appartenenza, il background e il grado di esperienza:

Tenete il bokken davanti a voi, il filo rivolto verso cielo; senza muovere per niente gli occhi, senza muovere la testa, spostate la visione dalla punta all’impugnatura e viceversa, eseguendo questo esercizio almeno una volta al giorno per un totale di cinque minuti consecutivi. L’immobilità assoluta degli occhi e del corpo, e per converso la mobilità della coscienza che sceglie verso ciò cui guardare, sarà la vostra meditazione quotidiana.
Concentratevi!


Sarò lieto, se ve ne sarà l’occasione, di continuare a a interagire con la Libera Comunità di Aikido Italiana rappresentata da Aikido Italia Network e con i suoi numerosi lettori.

Ho in animo di scrivere in futuro per AIN un contributo originale dedicato al mio Maestro, Kobayashi Hirokazu Sensei, e più nello specifico al “Perché Kobayashi Sensei amava l’Italia”, tema quanto mai affascinante, che mi offrirà l’occasione di presentare alcuni tratti della sua personalità poco noti al pubblico.

Frattanto, qualora vi sia qualche manifestazione di interesse da parte dei lettori di AIN e degli utenti di internet, potrò fornire ulteriori riflessioni e spunti sul tema trattato nel presente contributo, mettendo a disposizione, in traduzione italiana, altri messaggi che in questi mesi ho indirizzato agli allievi di Kobayashi Ryu, ma destinati idealmente a tutti quanti desiderano vivere appieno l’Aikido – e più in generale il Budo – in questo periodo così travagliato.

Copyright André Cognard ©2020
Tutti i diritti sono riservati. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è severamente proibita

André Cognard è una delle voci contemporanee più autorevoli nell’ambito del Budo.
Nato nel 1954 in Francia, si accosta giovanissimo al mondo delle arti marziali, dedicandosi alla pratica intensiva di diverse discipline tradizionali giapponesi per approdare molto presto anche alla didattica delle stesse, giungendo ad aprire all’età di diciassette anni cinque dojo. Nel 1974 consegue il diploma statale francese di abilitazione all’insegnamento del Karatedo, Judo, Kendo e Aikido.
Al 1973 risale l’incontro con Kobayashi Hirokazu Sensei, jikideshi di O Sensei Ueshiba Morihei, evento determinante da cui scaturisce la decisione di consacrarsi esclusivamente alla pratica e all’insegnamento dell’Aikido.
Diventato allievo ed assistente del Maestro, da cui riceve il grado Hachidan, nel 1982 fonda in Francia la Academie Autonome d’Aikido (ora nota come Academie Autonome d’Aikido Kobayashi Hirokazu, cui afferiscono più di un centinaio di dojo in Francia) e successivamente, su sollecitazione dello stesso Kobayashi Sensei, la Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ha (ora nota come Kokusai Aikido Kenshukai Kobayashi Hirokazu Ryu – KAKKHR), accademia internazionale di cui eredita la guida alla morte del Maestro, sopraggiunta di lì a poco nel 1998.
Dal 2012 la KAKKHR è membro di Dai Nippon Butoku Kai (DNBK), la più antica associazione giapponese votata a preservare e a promuovere le arti marziali tradizionali e il loro contenuto etico-filosofico. In quest’ambito a Cognard Sensei è stato conferito il titolo di Hanshi nonché di Soke di Kobayashi Ryu Aikido, ufficialmente riconosciuta quale scuola (nonché stile) tradizionale.
Insegnante “itinerante”, profondo conoscitore del Giappone e delle sue tradizioni, André Cognard porta nei diversi continenti una tecnica: l’Aikido del suo Maestro; un messaggio umano: l’Aikido al servizio di tutti; un messaggio spirituale: l’Aikido che, come l’uomo, si ricongiunge a se stesso quando diventa semplicemente Arte.
Questi tre messaggi ritornano anche nei suoi numerosi scritti, alcuni dei quali – Aikido. Il corpo cosciente (Luni Editrice, Milano 1997, con successive edizioni e ristampe); Aikido. Il corpo filosofo (Luni Editrice, Milano 1999); Piccolo manuale d’Aikido (Centon éditions, Bihorel 2005); Vivere senza nemico (Varianti Editore, Milano 2011) – tradotti in italiano.


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