
La chiusura del Kobudō Kenkyukai nel 1938 rappresenta una prima avvisaglia di come il Jūdō si apprestava a iniziare una lunga discesa qualitativa, dove gli insegnamenti di Jigoro Kanō sensei sarebbero stati progressivamente disattesi, nonostante la sorveglianza di alcuni “guardiani” come Mifune sensei, che curò la direzione tecnica del Kōdōkan per molti anni.
È chiaro che esisteva un gruppo influente, all’interno del Kōdōkan, che era più interessato all’aspetto politico ed economico della disciplina che alla visione del Fondatore
di ADRIANO AMARI
È un fatto che vediamo spessissimo accadere nelle varie scuole marziali. Possiamo identificare in questo gruppo, non palese e trasversale, coloro che avevano causato le doglianze del Fondatore nei suoi scritti, in cui riportava con biasimo questa “vendibilità” della sua disciplina. Tra le conseguenze di questa degenerazione, abbiamo visto negli articoli precedenti che la reazione di Kanō sensei fu la fondazione del Kobudō Kenkyukai [1]. È evidente che l’idea del “centro di ricerca” era uno dei caposaldi formativi di Kanō sensei, all’inizio aveva affidato al Kōdōkan questa funzione. Ma la spinta iniziale si era esaurita, si erano stabilizzati:
- i due concetti fondamentali del “Sen Ryoku Zen’Yo” e “Ji Ta Kyō Ei”;
- la base dei Kata;
- il Go-Kyō;
vale a dire gli elementi che contenevano l’istruzione della tecnica e dei principi. Ma, da qui non si andava più avanti.
Il Kobudō Kenkyukai era una rivoluzione, un nuovo e allo stesso tempo tradizionale modo di integrare e far procedere al meglio una mutua osmosi tra il patrimonio delle Koryū (le scuole antiche) e il Budō educativo moderno. Se l’opera dell’istituto – parallela a quella condotta dal Butokukai a Kyōto, ma diversa – fosse continuata nella ricerca, nello studio e nella elaborazione della conoscenza, avrebbe potuto portare un grande arricchimento alle Arti Marziali e modificare nettamente quella che sarà la loro diffusione in Occidente dopo il conflitto.
Purtroppo era una impresa molto impegnativa, essenzialmente qualitativa, che richiedeva la volontà e l’influenza del Fondatore, e l’impiego di persone speciali, come Minoru Mochizuki sensei. Morto il fondatore e allontanatosi dal progetto Mochizuki sensei, a causa del lavoro e della carriera politica, la corrente burocratica del Kōdōkan agì come sappiamo.
Lo studio, universale e profondo, che aveva mosso il Fondatore per tutta la sua vita, veniva messo da parte a favore di un intruppamento accademico e dell’imbalsamazione del canone tecnico che Kanō sensei aveva redatto – e neanche tutto, visto che queste e altre esperienze di studio furono seppellite e dimenticate. Anche il “canone” riconosciuto, la disciplina e gran parte del suo contenuto tecnico e didattico, sarebbero stati parzialmente sacrificati a vantaggio dei suoi aspetti più facili e “vendibili”.
È molto duro vedere oggi quanto la maggior parte degli jūdōka ignori sia gli scritti del Fondatore che questa istituzione e il progresso tecnico che aveva la potenzialità di portare.
L’istituto del Kobudō Kenkyukai lasciò comunque una eredità, e questa fu portata avanti in modi diversi da maestri di spicco. Non ebbe l’effetto che poteva raggiungere, ma è un lascito che continua ad operare.
Prima annotazione è riguardo chi questa eredità l’ha persa, volontariamente, colpevolmente. Ed è proprio il Kōdōkan Jūdō il traditore dell’opera del suo creatore. Andrebbe esaminata criticamente l’opera di quella che ho chiamato la “cricca burocratica” e quella del figlio ed erede di Jigorō Kanō sensei, Risei Kanō, che nel dopoguerra accentuò l’aspetto mercantilistico della diffusione del Jūdō, tra cui l’ingresso di massicce abitudini agonistiche occidentali nella competizione. Occorre segnalare che ci fu opposizione alla sua opera, un movimento di cui faceva parte Minoru Mochizuki sensei.
Oggi la quasi totalità dei jūdōka ignora questi sviluppi che voleva il Fondatore: studio di altre Arti Marziali (autoctone e no), studio delle armi con speciale attenzione per il bastone e la spada, studio degli Atemi, compilazione di esercizi didattici estratti da questo materiale secondo i principi del Jūdō, formazione di nuove forme integrate di competizione. Anche chi afferma di seguire rigorosamente, con pietà filiale, l’aspetto educativo e i dettami del Fondatore, ignora questo punto importante della sua opera.
Quali sono stati gli effetti del Kobudō Kenkyukai?
Primo punto
L’istituto voluto da Kanō sensei, primariamente, oltre ai suoi ruoli istituzionali, mise in contatto fra di loro diversi esponenti di alto livello di diverse Arti Marziali, sia Koryū che Gendai Budō consentendo di “conoscersi”.

Inoltre il contatto con l’opera di Kanō sensei convinse gli stessi maestri delle discipline classiche a trovare dei nuovi modi di praticare e diffondere le discipline stesse. Per esempio, questa visione fu messa in opera da un gruppo di maestri del Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū che lì a poco, oltre ad accettare di insegnare in modo aperto la disciplina ad ampie classi, matureranno l’idea di aprire l’insegnamento con nuovi centri riconosciuti, opereranno nelle scuole, approveranno la stesura di un libro destinato anche al pubblico e, dopo la guerra, accetteranno allievi occidentali. Un cammino simile lo percorrerà Shimizu Takaji con lo Shindō Musō Ryū, la scuola di Jō Jutsu, e Nakayama Hakudo con il Musō Shinden Ryū Iai. Il risultato sarà l’interessamento che numerosi allievi delle discipline della “prima ora”, il Jūdō, il Karate, l’Aikidō e il Kendō, proveranno per queste discipline antenate, intraprendendo una ricerca storica e un’attenta opera di istruzione che ha decisamente risollevato numerose scuole tradizionali.
Secondo punto
Il contatto creato attraverso l’istituto tra alcuni jūdōka e le altre discipline del Bujutsu e del Budō. Tre sono le persone da evidenziare: Kenji Tomiki (1900/1979), Yoshio Sugino (1904/1998), Minoru Mochizuki (1907/2003).

Qui occorre parlare di Morihei Ueshiba sensei: a differenza di altri maestri che si recarono personalmente nella sede del Kōdōkan per insegnare, il Maestro non si mosse dal suo Dōjō personale, accettando solo la visita di Kanō sensei e, in conseguenza, di accogliere un piccolissimo gruppo di suoi allievi. La sua visione dell’Arte Marziale differiva radicalmente da quella di Kanō sensei e, fondamentalmente, era soprattutto un “Jutsu” dove lui insegnava la sua disciplina richiedendo che l’allievo l’imparasse da sé, semplicemente osservando la sua tecnica e cercando di riprodurla. L’aspetto “Dō” verrà poi, in seguito alla guerra, e portato avanti più dal figlio Kisshomaru ed altri allievi che da lui stesso. Da notare che negli scritti attribuiti a Ō sensei si fa rifermento più al “Budō” che al solo “Dō”. L’aspetto mistico diffuso da Ueshiba sensei non era molto diverso dai contenuti esoterici di diverse scuole di Bujutsu, con la differenza che l’esperienza bellica lo aveva convinto a esprimere la ricerca di una unità armoniosa attraverso la pratica, ma rimaneva in lui la forte volontà di una efficacia effettiva.
Nei discepoli di Kanō sensei si formò una specie di diarchia: da una parte c’era la struttura organizzativa e educativa del Jūdō e un’efficacia oggettiva attraverso un insegnamento strutturato e rigoroso, dall’altra la capacità marziale ad altissimo livello di Ueshiba sensei e una pratica che si sviluppava in modo progressivamente personale. Di conseguenza, quando gli allievi migliori andarono ad aprire dei corsi di Aikidō nei loro Dōjō, la loro principale attenzione fu quella di riuscire a inquadrare la tecnica di Morihei Ueshiba sensei in una struttura educativa e progressiva come era quella ideata da Jigorō Kanō.
Tomiki sensei effettuò due iniziative inverse, nel pieno spirito dell’istituto Kobudō Kenkyukai: realizzò un tipo di combattimento – randori – per l’Aikidō e, viceversa, offrirà delle versioni delle tecniche di Aikidō per la difesa personale promossa dal Kōdōkan, il Kōdōkan Goshin Jutsu che è l’unico Kata non elaborato da Kanō sensei e accettato nel canone ufficiale del Jūdō. Il Tomiki Aikidō rappresenta una realizzazione nel tema del Kenkyukai, unendo Jūdō, Aikidō e dei concetti del Kendō.
Yoshio Sugino, pur avendo praticato Jūdō, Kendō, Koryū Jū Jutsu e Aikidō, trovō nel Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū la sua realizzazione. Proprio l’incontro con l’antica scuola d’armi lo portò ad una riflessione che gli fece abbandonare il Jūdō (il Kendō era stato in parte un’esperienza scolastica e in parte del materiale studiato all’interno del Kōdōkan): la mancanza nel Jūdō di una parte “superiore”, i Kuden, che superasse il generale meccanicismo della disciplina. I “Kuden” sono insegnamenti riservati, per lo più orali, che promuovono un “qualcosa in più”, e Sugino sensei invece li trovava sia nelle discipline tradizionali, sia nella particolare struttura dell’Aikidō di Ueshiba sensei. Dell’insegnamento di Kanō, Sugino sensei colse diversi spunti didattici strutturali, più la volontà di diffondere la sua scuola nel mondo andando lui stesso in viaggio ad insegnarla.
Minoru Mochizuki sensei è un discorso a parte [2]. Egli incarnava in pieno l’idea del motivo fondante e degli scopi del Kobudō Kenkyukai. Era stato proprio scelto da Kanō sensei per farne parte e lo faceva probabilmente con più entusiasmo di tutti. Vi era arrivato non solo con una formazione nel Jūdō, ma anche forte di numerosi anni di Kendō e la particolare esperienza nell’altrettanto particolare scuola di Aiki Jū Jutsu che era il Gyokushin Ryū. Aveva una mente particolarmente aperta, una capacità fotocinematica (vedere & riprodurre al momento) eccezionale e una passione innata per le Arti Marziali oltre che una naturale propensione per l’insegnamento.
Tra tutte queste persone lui prese in sé l’eredità dell’istituto stesso, proponendolo nel suo Dōjō personale, il Dōjō Yōseikan a Shizuoka, continuandone la missione. Il primo periodo del Dōjō Yōseikan ha visto questo centro lavorare come il Kobudō Kenkyukai, offrendo però corsi fissi in base alle conoscenze marziali di Minoru Mochizuki sensei (Aikidō, Jūdō, Tenshin Shōden Katori Shintō Ryū, Shindō Musō Ryū, Kendō) fino al periodo 1965/1969, quando le morti di Kyūzō Mifune sensei prima e Morihei Ueshiba sensei dopo, provocarono il distacco del maestro Mochizuki dal Kōdōkan e dall’Aikikai. Nel frattempo Minoru sensei aveva instradato il figlio Hiroo sullo studio degli Atemi, in cui non riteneva di avere sufficiente conoscenza. Hiroo Mochizuki sensei così studiō Karate Shōtōkan e Wadō Ryū, Boxe inglese e Boxe francese, con ottimi risultati. In questo primo periodo Minoru Mochizuki sensei aveva affidato la realizzazione della conoscenza integrata attraverso l’esercizio del combattimento: il Randori.
Il Randori è un esercizio sviluppato in modo completo da Jigorō Kanō sensei nel suo Jūdō, ma presente in vario modo nelle scuole tradizionali. Nel Dōjō Yōseikan si seguiva l’idea didattica di Kanō sensei, ma la si apriva in vari ventagli di modalità. Vi erano scenari aperti dove l’atleta doveva rispondere agli attacchi dell’avversario (o avversari), attacchi prestabiliti o liberi, armati o a mani nude; chi stava sotto usava la tecnica che riteneva più adatta alla circostanza tra quelle delle discipline che conosceva. Quasi tutti gli allievi, infatti, frequentavano più corsi. L’efficacia istantanea della tecnica scelta doveva essere dimostrata attraverso la messa fuori combattimento “controllata” dell’avversario, altrimenti si subiva la tecnica d’attacco, o la controtecnica dell’attaccante. La contesa era aperta fino alla “resa” di uno dei due. L’esercizio procedeva gradualmente verso un contesto completamente libero e competitivo.
Nel secondo periodo, dal 1969 in poi, si manifestarono due impostazioni diverse, date soprattutto dal fatto che i maestri Mochizuki, padre e figlio, erano attivi in posti separati: il primo nel suo Dōjō in Giappone, il secondo in Europa e pieno di impegni.
Minoru Mochizuki sensei continuò a tenere corsi separati per disciplina, ma incrementò l’aspetto Randori. La didattica fu sempre quella di Kanō sensei, l’Aikidō la struttura su cui vennero innestate le altre tecniche delle altre discipline, con il Jūdō come misura e sistema di combattimento. Questo è l’Aikidō Yōseikan. In un secondo tempo la ricerca e il ruolo di collante venne assunto dal Gyokushin Ryū [3].
In parallelo Hiroo Mochizuki sensei formò una disciplina “completa” che chiamò Yōseikan Budō. Qui il collante principale è formato dalla attività di Atemi Waza, in cui si innestano le tecniche e le tattiche di Aikidō e Jūdō. Questo come spiegazione sommaria, un maggior approfondimento sarà effettuato in un prossimo articolo.

In più occasioni Minoru Mochizuki sensei affermò di aver ricevuto un compito, affidatogli dal Fondatore Jigorō Kanō, di continuare la ricerca del Kobudō Kenkyukai. Pur avendo minor mezzi e forza politica rispetto a Kanō sensei, la scuola Yōseikan ne ha ricevuto l’eredità e portato avanti la volontà del Fondatore realizzando una didattica coerente, un sistema di esercizi e un laboratorio di sperimentazione che è il Randori.
Copyright Adriano Amari ©2020
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Note
[1] – Dal Kōdōkan Jūdō al Kobudō Kenkyukai I: Evoluzioni nel Pensiero di Jigorō Kanō Sensei
– Dal Kōdōkan Jūdō al Kobudō Kenkyukai II: Kanō Sensei e la Sensazione dell’Incompletezza del Jūdō
– Kobudō Kenkyukai III: Per la Completezza del Jūdō (e Oltre)
[2] Minoru Mochizuki – Il Maestro del XX Secolo
[3] Sull’Aikidō Yōseikan: Aikido Yoseikan – La Scuola Che Non Ha Conosciuto il Doshu
Sul Gyoakushin Ryu: Il Gyokushin Ryū e Minoru Mochizuki sensei