Quella Volta con Yokota Sensei


Stimolato da un articolo pubblicato di recente su Aikido Italia Network e da un commento che mi chiamava in causa, mi è venuta voglia di raccontare un aneddoto che più volte ho raccontato ai miei allievi e che penso possa essere divertente leggere per i frequentatori di questo blog

di UGO MONTEVECCHI

Quella sera all’Aikikai Milano c’era grande attesa. Il Maestro Fujimoto ci aveva precedentemente annunciato la visita, in realtà abbastanza a sorpresa, del M° Yokota, uno degli (allora) giovani shihan dell’Hombu Dojo. Prevedendo un afflusso di partecipanti notevole aveva specificato che ognuno di noi avrebbe potuto partecipare ad una sola delle due ore di lezione che l’invitato avrebbe tenuto quella unica sera in visita al nostro Dojo.

Io, per stare dalla parte del sicuro, mi presentai alla prima delle due, nella vaga speranza che se alla seconda ci fosse stata poca gente avrei potuto bissare, speranza che fu vana.

Come da regola ben prima dell’inizio eravamo tutti schierati in seiza in perfetto silenzio nell’attesa che il protagonista facesse il suo ingresso. Salì per primo il M° Fujimoto e subito dopo il M° Yokota.

L’atmosfera era elettrica, il M° Fujimoto esordì con il saluto di benvenuto e una breve presentazione dell’ospite, spiegandoci che era uno degli insegnanti dell’Hombu Dojo. Il suo tono era solenne ma con una vena di sottile e velenosa precisione specificò che per il momento era titolare di insegnamento al corso dei bambini. Comunque fosse, la sua figura irradiava energia, carisma e grinta in abbondanza e ricordo che la mia istintiva conclusione fu: “Secondo me questo i bambini non li allena, li mangia”!

Yokota Yoshiaki - Fujimoto Yoji - Hosokawa Hideki
Yokota sensei sul tatami dell’Aikikai Milano (1988), tra Fujimoto e Hosokawa sensei

Finita la parte dei convenevoli con la rituale auto-presentazione anche da parte dell’invitato, tradotta in diretta dal nostro Maestro, finalmente il saluto. Con la tensione a mille e nel silenzio più assoluto la lezione ebbe inizio.

C’è da specificare che all’epoca praticamente nessuno di noi era stato in Giappone e attorno all’Hombu Dojo e agli shihan che all’interno di esso insegnavano, gravitava un alone di mistero, e il fatto che con un preannuncio di soli pochi giorni si fosse materializzato davanti a noi questo personaggio, rendeva il momento veramente magico.

Caricato a molla dalla situazione e come era, ed è tutt’ora, mia abitudine sono partito spingendo l’acceleratore al massimo fin dal primo movimento di ginnastica, di taisabaki e di ukemi, cosa che in realtà per l’occasione credo fecero tutti. Al segnale tutti di nuovo in seiza.

Chiamata del primo uke… io! Le pulsazione non sono salite solo perché erano già al massimo e in ogni caso, essendo ai tempi spesso uke del M° Fujimoto, sapevo che prima o poi mi sarebbe toccato. “Bene, mi sono detto, meglio subito”.

Salutai il maestro che accennò alla risposta e poi fissandomi negli occhi mi fece segno di afferrargli il polso destro, io intuii in ai hanmi. Vada come deve andare, mi dissi, e con determinazione e fiducia nelle mie capacità partii deciso, così come è giusto fare quando si fa da uke, specie se lo si fa al Maestro. Mente vuota, presa sicura e corpo rilassato ma reattivo, l’unica condizione per poter reagire rapidamente e in modo corretto.

Yoshiaki Yokota sensei nel corso della sua lezione milanese (1988)

E’ stato come essere sollevato da un turbine di vento. Il mio corpo ha ruotato fulmineamente su se stesso, realizzando un kaiten, e si è al contempo rovesciato a testa sotto. Istintivamente, per sopravvivere, ho proteso il braccio sinistro e appoggiato la mano sul tatami, ma l’energia del ribaltamento fu tale che la mia gamba destra partì alta dietro di me realizzando una sorta di spaccata finendo in verticale. L’energia impressa da quell’ikkyo fu però tale che un istante dopo anche il piede sinistro si sollevò da terra e seguì la traiettoria del primo.

Il risultato fu una sorta di ruota fatta con una mano che mi fece ritrovare nuovamente in piedi di fronte al Maestro che mi guardò con espressione sorpresa e un po’ seccata, come a dire: “ Ma cosa è successo?”. Anche io non avevo assolutamente capito cosa fosse successo, ma ero vivo, ero in piedi e tenevo ancora stretto nella presa il suo polso.

Dopo un attimo di imbarazzante pausa interrogativa, si riprese distanza e io ripetei l’attacco. Il Maestro, probabilmente spiazzato da quanto era accaduto, per non sbagliare ripeté il movimento mettendoci, se possibile, ancor più energia. Stesso copione, io che rifaccio la mia involontaria acrobazia e mi ritrovo nuovamente in piedi di fronte a lui esattamente come la prima volta.

Sapevo che sicuramente non era successo quello che si aspettava, ma del resto io avevo solo afferrato il suo polso e assorbito quel vortice di energia lasciando andare il mio corpo dove voleva andare. Questa volta il Maestro benché nuovamente sorpreso accennò un piccolo sorriso e bisbigliò qualcosa in giapponese, forse notando la mia espressione smarrita di chi è rammaricato, ma che non sa di cosa si deve scusare.

Per fortuna il terzo ikkyo fu più moderato ed ebbe l’esito che tutti sappiamo deve avere. Da quel momento in poi le cose andarono meglio. Io me ne restai con le antenne dritte e le luci tutte accese per l’adrenalina che la situazione mi produceva, ma per il resto dell’ora tutto filò liscio.

Gli feci da uke per quasi tutta la lezione. Proiezioni fulminee, tecniche potenti e immobilizzazioni che mi inchiodavano al tatami. Fu ovviamente per me una esperienza memorabile. Di quei momenti indimenticabili esistono anche alcune foto scattate da Annamaria Testori e Cristina Balbiano, io con capelli lunghi e ricci, baffi e pizzetto, praticamente irriconoscibile.

Yokota sensei applica atemi su Simone Chierchini (Milano, 1998)

La seconda ora fu il momento di gloria per Simone Chierchini che venne a sua volta centrifugato.

Che bei tempi! Che Aikido pieno di energia! Lo spirito marziale nessuno ce lo spiegava, lo vivevamo e lo assorbivamo direttamente dalla pratica. Ora che resta? Se ne ritrova traccia fra le tante chiacchere che si fanno sul tatami? Mah? Forse sono io che sono diventato vecchio e non percepisco più quelle potenti vibrazioni.

(Nota: Ricordo anche che quella ruota senza mani era la specialità di Alessandro Fantoni, per tutti Sandro, che di tanto in tanto, utilizzando la sua grande morbidezza, la eseguiva durante i momenti di allenamento informale fra amici, tanto per giocare. Per me fu diverso. Fu la prima volta e fu per sopravvivenza. Le mie specialità acrobatiche sul tatami erano altre, ma questa è un’altra storia…)

Copyright Ugo Montevecchi ©2020
Tutti i diritti sono riservati. Ogni riproduzione non espressamente autorizzata è severamente proibita

Le foto che illustrano questo articolo sono di Cristina Balbiano e Annamaria testori

Ryonne McAvoy: Il Maestro Yokota Yoshiaki: “Issatsu no Shunkan”
Simone Chierchini: L’Aikido di Yoshiaki Yokota


Aikido Italia Network è uno dei principali siti di Aikido e Budo in Italia e oltre. La ricerca e la creazione di contenuti per questo nostro tempio virtuale dell’Aiki richiede molto tempo e risorse. Se puoi, fai una donazione per supportare il lavoro di Aikido Italia Network. Ogni contributo, per quanto piccolo, sarà accettato con gratitudine.
Grazie!
Simone Chierchini – Fondatore di Aikido Italia Network

Aikido Italia Network is one of the main Aikido and Budo sites in Italy and beyond. Researching and creating content for this virtual Aiki temple of ours requires a lot of time and resources. If you can, make a donation to Aikido Italia Network. Any contribution, however small, will be gratefully accepted.
Thanks!
Simone Chierchini – Founder of Aikido Italia Network

Pubblicità