L’Indipendente


I tatami delle arti marziali sono pieni di allievi-copia del loro maestro, ma per fortuna ci sono delle notevoli eccezioni. Ugo Montevecchi, allievo diretto di Yoji Fujimoto sensei e suo assistente negli anni ’90 presso l’Aikikai Milano, ha da tempo dispiegato le ali e scelto una sua via indipendente. Responsabile di uno dei dojo maggiormente attivi dell’Aikido italiano e direttore tecnico dell’Aikikai San Marino, Montevecchi porta nella sua pratica e nelle sue parole un’energia e una schiettezza non comuni nel mondo del Budo. Eccovi in anteprima un estratto da “L’Indipendente – Intervista a Ugo Montevecchi“, appena pubblicato da The Ran Network

di UGO MONTEVECCHI

Pur avendo già chiaro a 12 anni che nella vita avrei fatto l’insegnante di Educazione Fisica, in realtà la decisione di mettermi in gioco come maestro di Aikido l’ho presa molto tardi, solo una volta tornato nella mia città, quindi quando avevo ormai raggiunto l’età matura di 38 anni.

Prima di prendere quella decisione, benché investissi tanta energia nella pratica dell’Aikido (a Milano ero sempre uno di quelli che a fine mese avevano totalizzato più ore di allenamento), non lo consideravo come l’attività centrale della mia vita. Forse è proprio questo il motivo per cui non ho mai avuto fretta di sostenere gli esami; persino l’esame di shodan mi decisi a darlo per le insistenze di mia moglie e mia madre, e comunque solo dopo l’impulso decisivo ricevuto dal maestro Fujimoto.

Benché la mia esperienza da emigrante sia durata decisamente troppo, ben 13 anni, non ho neppure mai pensato di mollare la carriera scolastica per aprire un dojo nella mia città come attività alternativa. Ricordo che in una conversazione con il Maestro, avvenuta quando già ero suo assistente, lui disse: “prima o poi diventerai un professionista…”, ma io gli contestai questa definizione. Gli dissi che ero un professionista nell’Educazione Fisica, ma che nell’Aikido non lo sarei mai stato. Non volevo essere economicamente dipendente dall’Aikido, perché desideravo poterlo praticare liberamente.

Esposi la mia idea che se mai avessi avuto un dojo mi sarebbero bastati pochi allievi con cui poter fare Aikido con lo spirito di divertirmi. Il Maestro, che conosceva benissimo il mio carattere, la mia sincerità e le mie idee, mi rimproverò ricordandomi che l’Aikido deve essere per tutti. Io ribattei dicendo che l’Aikido era solo una delle cose che mi piaceva fare, al pari di viaggiare, andare in moto, sciare, fare snowboard, tuffi o altre attività, e che per continuare a praticarlo con impegno dovevo divertirmi, in pratica farlo come piaceva a me. Lui scosse la testa rassegnato e deluso dalla mia insistenza. Ma anche io ricordo che fui deluso dalla sua reazione. Secondo la mia aspettativa il fatto di non considerare l’Aikido fanaticamente come il centro della mia esistenza e di viverlo con più equilibrio avrebbe dovuto impressionarlo positivamente, ma così non fu.

Oggi, però, mi rendo conto che viste con i suoi occhi le mie affermazioni dovessero essere inaccettabili, e a riguardo di questo argomento dopo breve mi resi conto che aveva ragione. Nel ruolo di responsabile di un dojo le prospettive cambiano. Ci si sente addosso la responsabilità di chi si rivolge a noi ed è giusto rinunciare almeno in parte alle proprie egoistiche esigenze. A prescindere dalle oggettive possibilità di eccellere di alcuni dei nostri allievi, bisogna evitare condizioni estreme, non focalizzarsi sui pochi dotati ma dare il massimo per il progresso di tutti. (…)

[A proposito dell’aver successo come insegnante di Aikido] Bisogna vedere cosa si intende per successo, o meglio a mio avviso esistono varie forme di successo. Il successo non è valutabile solo osservando i dati obiettivi tipo quanti allievi hai, quanti dojo ti invitano o quale posizione politica hai raggiunto, anche perché questi parametri sono talvolta in contraddizione fra loro: ad esempio il conseguimento di un grande incarico, ma un dojo personale quasi deserto. Spesso la caratura dei personaggi è quasi unicamente determinata dal fatto di godere del consenso di un qualche maestro giapponese. Tipicamente chi si pone come obiettivo il conseguimento di una posizione di spicco, si dedica tantissimo all’attività politica, curando i rapporti sociali in modo da essere invitato da altri dojo. Per chi ha l’ambizione di essere definito un “grande maestro”, avendo successo su vasta scala, è fondamentale saper promuovere “il proprio prodotto”. Altra cosa strategica per chi ha questo obiettivo è tenersi molto vicino al proprio maestro contando sul fatto di essere credibile in virtù di tale vicinanza. In pratica chi cerca quel tipo di successo necessita dell’investitura dall’alto e in genere non si cura troppo del consenso che viene dal basso.

Aikidomus Rimini, il dojo di Ugo Montevecchi

La mia idea è, direi, opposta: penso che l’unica cosa che conta sia avere la stima e l’affetto dei propri allievi, cioè di quelli che ti conoscono davvero, e io so di averla. Di recente, vista la mia allergia alle commemorazioni e alle embukai, che mi ha portato in tanti anni a non organizzare mai niente del genere, di loro iniziativa i miei allievi hanno organizzato una festa per i miei 50 anni di Aikido. Per me è stata una forte emozione e una grande soddisfazione. Credo quindi di avere raggiunto un buon successo, anche se poi ovviamente non a tutti si può piacere. Capita a tutti i maestri che prima o poi qualche scontento si allontani dal dojo, è normale. L’importante è continuare a dedicarsi a chi resta, solo quelli contano!


L’Indipendente – Intervista a Ugo Montevecchi
I Dialoghi Aiki – #16
di Simone Chierchini, Ugo Montevecchi
€11.99

I tatami delle arti marziali sono pieni di allievi-copia del loro maestro, ma per fortuna ci sono delle notevoli eccezioni. Ugo Montevecchi, allievo diretto di Yoji Fujimoto sensei e suo assistente negli anni ’90 presso l’Aikikai Milano, ha da tempo dispiegato le ali e scelto una sua via indipendente.
Responsabile di uno dei dojo maggiormente attivi dell’Aikido italiano e direttore tecnico dell’Aikikai
San Marino, Montevecchi porta nella sua pratica e nelle sue parole un’energia e una schiettezza non comuni nel mondo del Budo.
Autore del manuale Ukemi e propugnatore di un Aikido fisico, terreno e razionale, basa la propria didattica su quella impostazione scientifica che gli proviene dalla sua formazione professionale di insegnante di educazione fisica.
In questo libro-intervista Montevecchi mette a nudo il suo cuore e credo aikidoistici, e lo fa senza guardare in faccia a nessuno, convinto che la sua opera nel corso degli anni testimoni della bontà delle sue argomentazioni.

Pubblicità